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Comunicatori della scienza a convegno

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A partire da questa ottava edizione il Convegno Nazionale sulla Comunicazione della Scienza promosso dalla SISSA di Trieste si trasferisce da Forlì a Napoli e trova nella Fondazione Idis-Città della Scienza un nuovo compagno di viaggio. Si tratta del principale appuntamento italiano dedicato a quel complesso intreccio di ricerche, proposte teoriche, esperienze e attività che vengono definite, appunto, comunicazione della scienza; un appuntamento cresciuto negli anni e che è intenzione delle istituzioni organizzatrici far radicare e crescere ulteriormente in futuro. D'altronde, questo fenomeno di crescita non riguarda solo il Conevgno. A dispetto della cronica penuria di risorse destinate a questo settore e della scarsa attenzione politica e istituzionale, il successo delle attività di comunicazione scientifica da un lato; della riflessione sulla comunicazione scientifica dall'altro, sembrano delineare un quadro di tendenza - anche per il nostro paese - che solo difficilmente potrà vedere una inversione in futuro.

Ciò ha a che vedere, sicuramente, con l'entusiasmo che molti ricercatori e scienziati investono non solo nel loro lavoro ma anche nella sua diffusione al pubblico e che ha portato alla moltiplicazione soprattutto di eventi (laddove rimane tutto irrisolto il problema dei costi di gestione delle strutture permanenti che avrebbero bisogno di ben altra attenzione); ma anche con un cambiamento radicale nell'attitudine del mondo della ricerca, in senso lato, a misurarsi con un soggetto - i cittadini - che effettivamente, fino a qualche anno fa, rimanevano del tutto esclusi dalle dinamiche interne della produzione di conoscenza scientifica. La consapevolezza che nel ventunesimo secolo la cittadinanza semplicemente non è, se non è anche cittadinanza "scientifica", cioè capacità minima di connettere l'esperienza quotidiana alle grandi questioni poste dalla scienza e dalla tecnologia, è sempre più diffusa; e anche se vi è un grande dibattito, con posizioni spesso inconciliabili, sulle modalità e gli strumenti di trasmissione della conoscenza scientifica (da cui, anche, la ricchezza di abstract proposti per lo stesso Convegno di Napoli!) tutti sembrano condividere il dato che il rapporto tra scienza, società e cittadini - per citare il documento di Philippe Busquin che ha posto le basi di gran parte delle politiche comunitarie in questo campo - costituisce la cifra essenziale per affrontare questioni all'ordine del giorno come il riscaldamento globale, le nuove frontiere della vita e della morte, la salute e le biotecnologie, e così via. Ma il Convegno di quest'anno, qualora ve ne fosse ancora la necessità, dimostra anche un altro dato di grande importanza. E cioè che sta crescendo, anche in Italia, a dispetto della carenza di percorsi formativi riconosciuti e della difficoltà a farsi accettare nella comunità scientifica, intesa in senso stretto, una nuova leva di professionisti per i quali la comunicazione scientifica non costituisce un'attività tra le altre (la ricerca, la didattica, la gestione, ecc.) ma "l'attività" professionale vera e propria. Si tratta di una novità relativamente recente (ancora venti anni fa, quando chi scrive ha iniziato a svolgere questa professione, si era davvero in pochissimi) ma di grande rilievo proprio perché garantisce maggiore attenzione, qualità, accuratezza nella realizzazione di prodotti e contesti che possono avere grande importanza nella vita reale delle persone; pensiamo, per fare solo un esempio, al cruciale tema che aprirà il Convegno e cioè la pandemia e le reazioni al contagio in assenza di una comunicazione "gestita" con maggiore attenzione e professionalità.

Crediamo, ma saranno poi i partecipanti a confermarlo, che il programma del Convegno restituisca - almeno in parte - questa ricchezza di idee e di pratiche; e attendiamo di ritrovare, nei tre giorni di lavoro, un dibattito che, ne siamo sicuri, è già maturo.


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La produzione di formaggio è tradizionalmente legata all’allevamento bovino, ma l’uso di batteri geneticamente modificati per produrre caglio ha ridotto in modo significativo la necessità di sacrificare vitelli. Le mucche, però, devono comunque essere ingravidate per la produzione di latte, con conseguente nascita dei vitelli: come si può ovviare? Una risposta è il latte "sintetico" (non propriamente coltivato), che, al di là dei vantaggi etici, ha anche un minor costo ambientale.

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