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Giovanni Schiaparelli, oltre i canali di Marte

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Giovanni Virginio Schiaparelli

Pagina di diario di Giovanni Schiaparelli
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Giovanni Virginio Schiaparelli
e una pagina del suo diario
di osservazioni (1890)

Giovanni Virginio Schiaparelli è considerato uno dei più grandi astronomi milanesi.

Tuttavia non fu né milanese né precisamente un astronomo: nacque il 14 marzo 1835 a Savigliano, nel cuneese, e si addottorò in ingegneria idraulica e architettura civile presso il Politecnico di Torino. L’astronomia, per quanto ne sappiamo, fu una passione che l’accompagnò fin dall’età di sette anni, quando osservò un’eclissi totale.

Nel 1859, presso l’Osservatorio di Pulkovo (San Pietroburgo), dove si trovava per seguire corsi di perfezionamento su indicazione del Ministero Piemontese della Pubblica Istruzione, lo raggiunse la nomina a secondo astronomo presso l’Osservatorio Astronomico di Brera e dal 1862 al 1900 assunse la carica di direttore della specola milanese.

«Memoria poca, genio nessuno, molta pazienza e infinita curiosità di saper tutto. Questo è press’a poco il mio ritratto intellettuale.» Così scrisse Schiaparelli in una lettera.

La vastità della sua opera in effetti testimonia una curiosità sconfinata: dall’astronomia alle lingue orientali passando attraverso le teorie evoluzionistiche di Darwin, Schiaparelli seppe declinare il proprio ingegno nell’approfondimento di ogni campo del sapere.

Le assidue osservazioni sui sistemi stellari doppi fecero invece appello alla «molta pazienza»: a partire dal 1875, Schiaparelli iniziò una dettagliata e metodica osservazione delle stelle doppie che lo occupò sino alla fine del suo incarico. In 25 anni misurò posizione e separazione angolare di 11.775 stelle doppie.

Tuttavia la frase di Schiaparelli pecca di eccessiva modestia; grazie al suo genio riuscì a ricavare dalle osservazioni la corretta teoria sull’origine delle stelle cadenti: frammenti di comete che attraversano l’atmosfera terrestre. Le sue pubblicazioni in materia gli valsero prestigiosi premi come la medaglia d’oro della Società Italiana delle Scienze, il premio Lalande dell’Academie des Sciences di Parigi e la medaglia d’ora della Royal Astronomical Society di Londra.

tributo di google a Giovanni Virginio Schiaparelli
14 marzo 2009, l'omaggio
di Google a Schiaparelli

l Il suo nome è però indissolubilmente legato alle mappe del pianeta Marte: osservando il pianeta durante le opposizioni che si verificarono tra il 1876 e il 1890, sfruttando le potenzialità del telescopio Merz da 21 cm (poi sostituito dal 49 cm) e una metodologia fino ad allora utilizzata solo nelle carte terrestri, Schiaparelli redasse le mappe di Marte più precise e dettagliate mai realizzate fino ad allora.

Come molti astronomi del suo tempo, Schiaparelli non solo notò che la superficie di Marte era composta da macchie scure (che venivano chiamate mari) e macchie chiare (chiamate continenti) ma anche che

«tutta la vasta estensione dei continenti è solcata per ogni verso di una rete di numerose linee o strisce sottili di color oscuro[...]. Queste linee o strisce sono i famosi canali di Marte.»

In nessuna pubblicazione scientifica Schiaparelli si sbilanciò circa l’origine dei canali.

Solo più tardi, in una articolo divulgativo apparso nel 1895 su Natura e Arte, concederà «alla fantasia un più libero volo» e si abbandonerà a congetture riguardanti il sistema socio-politico di esseri intelligenti in grado di costruire canali che permettessero il defluire dei ghiacci polari e un’adeguata ridistribuzione idrica sul pianeta.

Alla fine dell’Ottocento la veridicità di tali canali venne messa in discussione da strumenti più potenti che risolsero in una serie di punti ciò che prima veniva visto come una linea scura.

Nel 1907 in una lettera a Vincenzo Cerulli, Schiaparelli si dirà convinto del fatto che fosse la scarsa risoluzione dello strumento a creare quelle illusioni ottiche che l’occhio umano interpretava come canali.

Dedito ormai solo allo studio della storia dell’astronomia e della lingua ebraica e babilonese, Schiaparelli morì il 4 luglio 1910.

Ciò che di lui celebriamo è la continua e incessante sfida alla conoscenza che queste sue parole splendidamente descrivono:

Dobbiamo anche confidare un poco in ciò che Galileo chiamava la cortesia della Natura, in grazia della quale talvolta da parte inaspettata sorge un raggio di luce ad illuminare argomenti prima creduti inaccessibili alle nostre speculazioni [...]. Speriamo dunque. E studiamo
(G.V. Schiaparelli, Il pianeta Marte, 1893).


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