Hanno relazione le terribili inondazioni che continuano a flagellare il Pakistan (1.600 morti, venti milioni di sfollati), gli incendi in Russia e il cambiamento climatico? Il dibattito è aperto nella comunità scientifica. A ritenere che i due disastri climatici di queste settimane non siano da ascrivere alla normale variabilità climatica ma al riscaldamento globale del pianeta è fra gli altri Peter Stott, capo climatologo del Met Office britannico, vale a dire la più importante autorità meteorologica al mondo.
C'è un primo punto: “Il fatto che in India e anche in Cina le piogge nel periodo dei monsoni siano diventate più intense è del tutto coerente con le nostre nozioni di fisica dell'atmosfera, in cui masse d'aria più calde trattengono più umidità” spiega Stott. “In altre parole il riscaldamento globale sta aumentando in alcune regioni la probabilità di precipitazioni torrenziali”.
Da notare che, a dispetto di chi continua a negare il riscaldamento globale (con gustosi esempi anche sulla stampa nazionale in questi mesi), le temperature medie dei primi cinque mesi del 2010 hanno fatto balzare quest'anno in testa alla classifica degli anni più caldi a partire dal 1880.
Ciò che è successo questa estate può essere considerato un'evenienza climatica piuttosto rara: “Normalmente” spiega Stott, “il flusso nell'alta troposfera sopra India, Himalaya e Pakistan è dominato dall'anticiclone monsonico, che fa da barriera alla penetrazione verso Sud delle condizioni meteo delle medie latitudini. Quest'anno invece sistemi meteo particolarmente attivi si sono diffusi verso il Pakistan, e combinandosi con i monsoni, hanno generato piogge da record. Il caldo intenso e gli incendi di foreste e coltivazioni in Russia così come le piogge torrenziali in Cina sono sempre conseguenze di questa anomala configurazione”.
Anche secondo Kevin Trenberth, responsabile delle analisi climatiche presso il National Center for Atmospheric Research (USA) “ci sono buone ragioni per sospettare una relazione fra inondazioni pakistane e ondate di calore in Russia”. Ecco perché: "Le due cose sono collegate su una scala molto grande, attraverso ciò che chiamiamo un'inversione della circolazione monsonica" spiega. "L'attività straordinaria dei monsoni viene alimentata dalla temperature decisamente più elevate rispetto alla media di questo secolo che si sono verificate nell'Oceano Indiano, e che hanno generato violenti nubifragi sopra il Pakistan. A ogni due gradi (Farenheit) di aumento della temperatura del mare corrisponde un aumento dell'8 per cento dell'umidità dell'aria. L'aria calda e umida sale verso l'alto per poi scendere a Nord, come è avvenuto appunto in Russia”.
Perché proprio la Russia? Molti modelli meteorologici suggeriscono un legame fra le medie latitudini dell'emifero settentrionale e i cicli del monsone estivo indiano. L'eccezionale ondata di calore che ha investito la Russia potrebbe essere dovuta anche al fatto che l'Artico, quest'anno particolarmente povero di ghiaccio (e quindi di albedo) ha concorso al riscaldamento della regione, insieme alla coltre di fuliggine prodotta dagli incendi dell'area a Nord di Mosca.
Ciò che è avvenuto questa estate è certamente un'evenienza rara, si diceva, ma non troppo; tanto da far supporre ai ricercatori che questi e altri disordini climatici possano diventare la norma verso metà secolo. Altri fenomeni meteorologici estremi invece potrebbero diminuire di frequenza grazie al cambiamento climatico. E' urgente - conclude Stott – saper distinguere fra gli uni e gli altri per imparare a rispondere alle sfide del cambiamento climatico in corso.
Leggi: Peter Stott, "Climate change: how to play our hand?", The Guardian, 9.8.2010
Leggi: Il blog dei climatologi italiani (Climalteranti) che si diverte a raccogliere le bufale sul clima