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Comunicazione e partecipazione contro i rischi della rete

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Quasi tutte le 800 famiglie di malati rari che hanno partecipato all’indagine sui comportamenti online dell’UNIAMO-FIMR hanno in casa un computer collegato a internet. Poco meno dell’85 per cento dei familiari (per lo più mamme) che hanno compilato il questionario, ancora disponibile sul sito Orphanet, va in rete almeno una volta al giorno, e solo l’1,5 per cento non lo fa mai. «La maggioranza ancora non usa le app per tablet e telefonini, ma, data la recente introduzione di queste tecnologie, il fatto che queste siano familiari a più di quattro genitori su dieci non è certamente poco» ha riferito Nicola Spinelli, vicepresidente della Federazione di associazioni per le malattie rare.

Uno strumento potente, di cui non si può più fare a meno

Alla fine del convegno che ha tenuto incollato per un giorno intero alle poltroncine bianche del nuovo auditorium dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma un fitto pubblico attento e partecipe, su alcuni punti si sono trovati d’accordo tutti, dai medici ai genetisti, dai rappresentanti delle associazioni agli esperti di comunicazione: Internet è uno strumento potente, che ormai pervade profondamente le nostre vite e da cui non si può più prescindere, anche nel rapporto medico paziente.

Questa sconfinata fonte di informazioni a disposizione di tutti nasconde dei pericoli, ma la diffusione dei messaggi per questa via si può governare solo fino a un certo punto. E’ finito infatti il tempo in cui la comunicazione, anche attraverso questo mezzo, era unilaterale. Oggi, si sa, ogni messaggio ricircola attraverso i social network, viene commentato e contestualizzato in maniera imprevedibile dagli utenti e facilmente sfugge dalle mani di chi l’ha inizialmente inviato. «Bisogna perdere l’ansia di controllo» ha invitato tutti, un po’ provocatoriamente, Alberto Fontana, esperto di comunicazione e docente di Storytelling e narrazione d'impresa all'Università di Pavia. «Le istituzioni e le associazioni che vogliono sopperire alla profonda necessità dei pazienti di “saperne di più” non hanno quindi altra scelta che entrare in questo mondo virtuale in maniera attiva, diventando aggregatori, moderatori, interlocutori. Ciò richiede un grande dispendio di risorse umane, oltre che economiche. Se non si è in grado di intervenire così, meglio non esserci».

Orientarsi nei contenuti

Bisogna però anche aumentare la facilità di accesso a contenuti validati dal punto di vista scientifico cosicché abbiano la meglio su quelli inattendibili, distorti o francamente fraudolenti, da cui andrebbero in qualche modo messi in guardia i pazienti. «Anche per questo resta fondamentale il rapporto personale del medico con il malato e la famiglia» ha sottolineato più volte Bruno Dallapiccola, direttore scientifico del Bambino Gesù, e con lui molti dei presenti. «Fin dal momento della diagnosi il medico dovrebbe indirizzare i genitori ai siti dove possono trovare tutte le notizie che desiderano sulla malattia e i contatti con le associazioni cui far riferimento per trovare altro tipo di supporto».

Primi fra tutti, nell’ambito delle malattie rare, i siti di Telethon e Orphanet: Lucia Monaco, direttore scientifico di Telethon, e Bruno Dallapiccola, in qualità di coordinatore per l’Italia di Orphanet, ne hanno spiegato nei dettagli la storia e la struttura, gettando luce sulle possibilità che la rete offre a organizzazioni come le loro, ai ricercatori e ai medici, oltre che ai pazienti.

«I medici rappresentano per esempio più della metà dei circa 13.000 visitatori che ogni giorno entrano nel sito internazionale di Orphanet» ha dichiarato Dallapiccola, «una realtà nata in Francia 15 anni fa, ma che ben presto si è estesa a tutta Europa, al Canada e in via di espansione a molti altri Paesi, dalla Cina all’Australia, dal Brasile alla Russia, con cui stiamo cominciando a prendere contatti». Tre quarti degli utenti Orphanet cercano informazioni sulle quasi 3000 malattie incluse nelle schede, prodotte con un attento e rigoroso processo di redazione e verifica, ma molti si avvalgono anche degli altri servizi.

«Il sito Telethon, in più, oltre che per le schede sulle malattie, è utilizzato moltissimo anche come  strumento di contatto tra ricercatori, fondazione e revisori incaricati della peer review» ha aggiunto Lucia Monaco. «Inoltre fornisce un filo diretto con i pazienti gestito da genetisti, che tra luglio 2011 e giugno 2012, ha risposto a 697 richieste. Rispetto al passato i quesiti riguardano sempre meno le caratteristiche della malattia, che l’utente ha imparato a trovare da solo, anche grazie allo sforzo nostro, di Orphanet e di altre istituzioni, ma sempre più sono domande relative allo stato della ricerca e ai centri cui rivolgersi».

La rete abbatte i confini

«Grazie all’opportunità di effettuare ricerche online per parole chiave e arrivare più facilmente ai centri specializzati negli ultimi anni i tempi per arrivare alla diagnosi di una malattia rara si sono accorciati molto» ha spiegato Francesca Pasinelli,direttore generale della Fondazione Telethon, «e di questo va dato merito alla rete. Inoltre se abbiamo potuto curare bambini provenienti dal Pakistan come dal Sud America, è solo grazie al web».

Soprattutto attraverso i social network, oltre che fonte di informazione, la rete è ormai soprattutto luogo di incontro: può servire a rompere l’isolamento dei malati rari e delle loro famiglie e a fare rete.

Il forum delle famiglie segnate dalla malattia di Huntington sul sito AICHROMA è un esempio di condivisione e confronto su una patologia che segna profondamente la vita delle persone. «Per questo nel forum è fondamentale il ruolo del moderatore» ha precisato Paola Zinzi.

Denis Costello, Web Communications Senior Manager di EURORDIS, l’organizzazione europea per le malattie rare, ha portato l’esperienza di RareConnect, un social network internazionale, fornito addirittura di un servizio di traduzione, in cui pazienti e famiglie di tutto il mondo possono confrontarsi in prima persona sulle loro specifiche condizioni, sentendosi così meno soli davanti a patologie tanto rare.

Libertà è partecipazione

Perché nel convegno, la seconda parola ricorrente, oltre a “comunicazione”, è stata “partecipazione”. Lontano ormai il tempo di una medicina paternalistica, i pazienti e le loro famiglie sono parte sempre più attiva. «Non è raro che siano proprio loro, attraverso ricerche attive in rete, a proporre al medico possibili spunti di approfondimento» ha detto Alberto Tozzi, pediatra dell’Ospedale Bambin Gesù che ha moderato parte della giornata.

«In alcuni casi intervengono in prima persona anche nella compilazione dei registri, inserendo direttamente i dati, per esempio riguardo alla capacità di deambulazione, alle difficoltà respiratorie o all’accesso ai farmaci» ha spiegato Anna Ambrosini, della Fondazione Telethon, che si occupa del Registro delle malattie neuromuscolari. «Non a caso lo abbiamo chiamato RAM-NET, dove RAM sta per Registro Associazioni Malattie neuromuscolari, ma richiama alla memoria del computer, insieme al concetto di network e rete espresso dal termine NET».

La nuova alleanza favorita da internet tra pazienti, rappresentati dalle associazioni, clinici e ricercatori, emerge anche dall’esempio di CCM Italia, descritto da Francesco Saverio Retta, dell’Università di Torino. Si tratta di una community per le malformazioni cavernose cerebrale che mette in rete pazienti, clinici e ricercatori per migliorare conoscenza, gestione e ricerca sulla malattia.

Largo alla fantasia

«Per aumentare il senso di appartenenza abbiamo pensato anche a una sorta di “cerimonia di investitura”, in costumi medioevali, che ha avuto moltissimo successo» ha raccontato Retta. Anche la fantasia aiuta.

Daniela Lauro, di Famiglie SMA, ha riferito come una canzone scritta per un bambino malato, grazie al benefico contagio virale della rete, ha inaspettatamente, quasi per caso, scalato le classifiche ed è così servita a sensibilizzare il pubblico e raccogliere fondi sulla atrofia muscolare spinale.

La rete può diffondere qualunque contenuto, buono o cattivo che sia, alla velocità della luce. Come farsi sentire? Un po’ di trucchi del mestiere sono stati proposti da Valerio Palumbo, della Fondazione Telethon, che ha spiegato come occorra ottimizzare i propri messaggi indicizzandoli al meglio perché risultino tra i primi risultati di Google, offrire contenuti multimediali ricchi e accattivanti per chi vive sui social network caricandoli su Youtube e poi sfruttare l’effetto a catena di Facebook e Twitter.

«La capacità di diffondere al meglio i contenuti, tuttavia, non va di pari passo con la loro qualità» ha commentato Tozzi. Occorre quindi aiutare a sfuggire da pericolosi ciarlatani i soggetti più deboli, come può essere una famiglia psicologicamente fragile davanti a una diagnosi devastante.

«La proposta che lancio prima di lasciarci» ha concluso Dallapiccola, «è quella di mettere  a punto una sorta di Manifesto che faccia da guida per la navigazione ai pazienti». Un navigatore, insomma, di cui si sente sicuramente il bisogno. Roberta Villa

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