Un altro pezzo del progetto AGER per la ricerca
scientifica in campo agroalimentare, promosso da 13 Fondazioni che hanno messo
a disposizione complessivamente quasi 30 milioni di euro, presenta i suoi
frutti.
Si tratta di SERRES, un progetto tutto
italiano nell'ambito della viticoltura, che ha avuto come obiettivo la
selezione di nuovi portainnesti della vite, cioè sostanzialmente nuove viti che
forniranno apparati radicali, resistenti ai cosiddetti stress abiotici, cioè
stress idrico, salino e da calcare, mediante lo sviluppo e la validazione di
marcatori fisiologici e molecolari. “Un lavoro lunghissimo che ha visto un
finanziamento di 3,2 milioni di euro e la collaborazione di molti ricercatori
provenienti da varie realtà italiane, tra cui l'Università di Milano, capofila,
e che ha portato oltre che all'individuazione dei marcatori, anche
all'iscrizione di quattro portainnesti nel registro nazionale delle varietà di
vite. Un progetto che oggi 3 dicembre presenterà i risultati di tre anni
di ricerca durante un convegno conclusivo che si terrà a Mogliano Veneto.” A
parlare è Luca Espen, professore associato di chimica agraria presso
l'Università di Milano, uno dei ricercatori coinvolti in SERRES.
Perché è importante cercare nuovi portainnesti
“Dobbiamo partire dal presupposto – spiega Espen – che le piante che coltiviamo oggi, vite compresa, non sono le stesse di cent'anni fa. Come non sono le stesse le condizioni climatiche e ambientali del territorio dove la vite viene coltivata. I portainnesti di cui disponiamo oggi invece sono i medesimi di cinquant'anni fa, e difficilmente si adattano alle condizioni in cui la vite viene coltivata oggigiorno.” Anche la vite infatti può essere soggetta a stress, che sia idrico, dovuto cioè alla mancanza di piogge, salino per la troppa vicinanza al mare, o perché coltivata in suoli calcarei, condizione che porta alla carenza di ferro. “Quello che abbiamo cercato di fare è trovare il modo di selezionare nuovi portainnesti che fossero resistenti agli stress in modo da evitare il più possibile compromissioni da parte di agenti esterni”.
Innesti in viticoltura, si comincia nel 1800
L'idea di selezionare nuovi portinnesti non è certo nuova, ma pianta le proprie radici – è proprio il caso di dirlo – due secoli fa. Nel 1800 infatti in Europa comincia a diffondersi un problema: Vitis vinifera, la specie coltivata, manifesta la sensibilità alla Fillossera, insetto che porta alla morte della pianta. Grazie al lavoro pionieristico di alcuni ricercatori francesi nel frattempo si scopre che alcune specie di vite presenti nel continente americano sono invece resistenti a questo patogeno. Da qui l’idea di innestare le due specie per ottenere una pianta di vite nuova, la cui parte inferiore deriva dalla vite americana resistente alla Fillosfera, e quella superiore dalla vite europea” spiega Espen.
Il background di partenza e i nuovi risultati
Un lavoro come questo, individuare cioè dei marcatori in grado di selezionare nuovi portainnesti resistenti allo stress, richiede tempi ben più lunghi dei tre anni di durata del progetto. “Importantissimo è stato quindi il background di partenza, cioè l'avere disponibili quattro portainnesti candidati – M1, M2, M3 e M4 – precedentemente selezionati dal gruppo coordinato da Attilio Scienza, che è peraltro il responsabile di SERRES. Quello che abbiamo fatto in questi anni è stato partire da questi quattro, in particolare da M1 e M4 per studiare e individuare i possibili marcatori da utilizzare per selezionare nuovi portainnesti, che rappresenta il prodotto finale principale dei tre anni delle nostre ricerche. Inoltre, le ricerche condotte nell’ambito di questo progetto hanno permesso di validare nel dettaglio i portainnesti della serie M”
Il progetto Genoma della vite
La vite è un organismo tutt'altro che semplice. Una pianta di vite ha infatti circa 27 mila geni, quasi quanto l'uomo. “Il lavoro che abbiamo fatto in questi anni è stato permesso – spiega Espen – del progetto di sequenziamento del genoma della vite, un lavoro davvero articolato completato nel 2007 e apparso su Nature.” Avere a disposizione un patrimonio così cospicuo è stato molto importante per questa ricerca, in particolare per riuscire a individuare i marcatori, perché ha permesso ai ricercatori di confrontare migliaia di geni, un numero molto elevato che permette un’analisi dettagliata dell’organismo. “La quantità, di geni ma anche di genotipi, oltre alla serie M, su cui abbiamo potuto lavorare, è stato certamente uno dei maggiori punti di forza del progetto” prosegue Espen. Il progetto ha infatti analizzato una collezione di oltre cento genotipi, derivata da semenzali in cui decine di migliaia di semi prodotti da incroci sono stati utilizzati per ottenere di conseguenza collezioni di putativi portainnesti molto ampie.
Una conoscenza condivisa
Un risultato, quello di SERRES, con radici ben salde e soprattutto
disponibile per i produttori, ma anche per gli studiosi di vite e vino di tutto
il mondo. “L'obiettivo di AGER, e quindi di SERRES non è fare profitto, ma
fare ricerca – precisa Espen – ragione per cui anche in
un settore economicamente non secondario nell'economia del made in Italy,
tutte le scoperte, i risultati, vengono condivisi, attraverso le pubblicazioni,
con i colleghi stranieri”.
L'esigenza di studiare
la possibilità di selezionare nuovi portainnesti in grado di resistere allo
stress provocato anche dai cambiamenti climatici, è infatti condivisa dai
viticoltori francesi, americani e australiani. “Ogni paese ha i suoi
problemi specifici, in Francia per esempio i nematodi sono un problema, ma
l'esigenza di rinnovamento è comune e i risultati sono e devono essere fruibili
e utilizzabili da tutti.”