fbpx Dalle facoltà ai dipartimenti | Scienza in rete

Dalle facoltà ai dipartimenti

Primary tabs

Read time: 3 mins

Il 29 luglio scade il termine concesso dalla legge Gelmini alle università per elaborare il nuovo Statuto. Alcune sedi, come Genova e Roma, avevano modificato lo statuto ancor prima dell'approvazione della legge; altre, come Bologna, hanno un progetto organico e un target preciso; altre, invece, procedono a piccoli passi, emendando, articolo per articolo, il vecchio statuto, senza un faro, ma alla luce di una lanterna, ma non per cercare l'Uomo, come Diogene, ma per trovare il modo per mantenere lo status quo e conservare piccoli poteri personali e rendite di posizione. Quanto all'Università di Cagliari, l'unica certezza è che non si trova nella situazione di Genova o Roma.
Una delle innovazioni della legge Gelmini è quella di aver tolto alle Facoltà, trasferendole ai Dipartimenti, alcune funzioni didattiche fondamentali, come il compito di fornire i docenti necessari alla copertura degli insegnamenti dei vari corsi di laurea, la gestione dei dottorati di ricerca e dei master, e infine il reclutamento di nuovi docenti e ricercatori.
L'attribuzione ai Dipartimenti, sede tradizionale della ricerca, di funzioni finalizzate all'attività didattica, pone la ricerca stessa a garanzia della qualità dell'insegnamento e del reclutamento, innescando così un processo virtuoso che tende a migliorare sia la ricerca che la didattica.
Svuotate così di potere decisionale, le facoltà dovrebbero diventare, secondo la legge, semplici scuole, strutture di raccordo tra dipartimenti e corsi di laurea con compiti puramente amministrativi e di coordinamento.
Ma, ci si chiede, può un vero rinnovamento avvenire per mano di quegli stessi che potrebbero subirne le conseguenze negative? Potranno i presidi di Facoltà, per esempio, resistere alla tentazione di far rivivere le Facoltà sotto mentite spoglie (le scuole, per esempio), prevedendo la presenza di loro rappresentanti nel Senato accademico e attribuendo loro funzioni che la legge riserva ai Dipartimenti, come il reclutamento di nuovi docenti? Questa soluzione non è prevista dalla legge ma tra gli accademici esistono fini giuristi che non avrebbero difficoltà ad ammantare di legalità soluzioni sostanzialmente illegali e suscettibili di ricorso. Fortunatamente i destini dell'università non sono solo nelle mani dei suoi organismi rappresentativi, ma dipendono anche dai criteri secondo i quali i docenti si aggregheranno nei dipartimenti, e dall'efficenza dell'Agenzia per la valutazione (Anvur). In base allo spirito della nuova legge i dipartimenti più forti saranno quelli nei quali confluiranno i docenti che appartengono alle stesse discipline e aree scientifiche, e che saranno capaci di produrre ricerca ad alto livello.
Le Università che si doteranno di statuti che non favoriranno questo processo virtuoso non avranno accesso alla premialità e saranno inevitabilmente costrette a darsi statuti adeguati se vorranno sopravvivere. Se questo è il traguardo da raggiungere, non sarebbe meglio cercare di raggiungerlo subito, cogliendo gli aspetti sostanziali della legge, invece di far passare una generazione?

Pubblicato su Unione Sarda


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Una voce dall’interno dei Pronto Soccorso: ecco perché i medici oggi se ne vogliono andare

Ingresso di un Pronto Soccorso con la scritta EMERGENCY in rosso

Sovraffollamento, carenze di organico, personale oppresso dal lavoro che scappa dalla medicina di emergenza. Intervista a Daniele Coen, medico di Pronto Soccorso per quarant’anni, che nel suo ultimo saggio Corsia d’emergenza racconta e aiuta a capire i problemi connessi alla gestione di queste cruciali strutture sanitarie, strette tra i tagli ai posti letto ospedalieri e le carenze della medicina territoriale. Eppure capaci di ottenere risultati impensabili anche solo pochi anni fa. E offre qualche proposta (e sogno) su come si può migliorare la situazione.
Crediti immagine: Paul Brennan/Pixabay

Se c’è una struttura sanitaria per eccellenza che il cittadino vede soprattutto dall’esterno, da tutti i punti di vista, questa è il Pronto Soccorso: con regole di accesso severe e a volte imperscrutabili; che si frequenta (o piuttosto si spera di non frequentare) solo in caso di emergenza, desiderando uscirne al più presto; per non parlare di quando si è costretti ad aspettare fuori i propri cari, anche per lunghe ore o giorni, scrutando l’interno attraverso gli oblò di porte automatiche (se gli oblò ci sono), tentando (spesso invano) di intercettare qualche figura di sanitario che passa f