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Dilma abbatte il Codigo Florestal. Solo in parte.

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Dilma Rousseff, presidente del Brasile, ha sciolto il dubbio sul destino del Código Florestal - meglio conosciuto come Forest Code - la discussa legge che prevede, tra gli altri articoli, un'amnistia per chi ha tagliato illegalmente la foresta amazzonica prima del luglio 2008.

Deforestazione AmazzoniaIn occasione di Rio+20, con i riflettori dell’intero pianeta puntati sul governo di Brasilia e sull’esito della manifestazione, le decisioni della Presidente si rivelano quanto mai strategiche e delicate. Per questo la Rousseff ha preso posizione, ponendo il veto su alcuni elementi particolarmente controversi del Forest Code, ma senza ritrarre la mano ai rappresentanti degli interessi agricoli, i cosiddetti ruralistas. Il 28 Maggio, infatti, Dilma Rousseff ha posto il veto contro una dozzina di sezioni che erano state approvate nel mese precedente dalla Camera dei Deputati del Congresso Nazionale del Brasile. Il veto non è stato totale, come richiesto dai sostenitori del movimento ambientalista, ma sono stati rimossi alcuni dei suoi punti più controversi, inclusa la possibilità di amnistia per gli atti di deforestazione non legali. La Presidente ha inoltre promulgato un ordine esecutivo con 32 raccomandazioni di modifica, che ha lo scopo di colmare i punti della legge eliminati dal suo veto, difendendo le sue posizioni e quelle dei suoi ministri come un realistico compromesso tra gli interessi dell’ambiente e degli agricoltori.

L’atteggiamento di Rousseff vuole apparire rassicurante e teme gli attacchi che provengono da chi l’accusa di invalidare anni di successo nella salvaguardia dell’ambiente. La Presidente ha così commentato i suoi provvedimenti: “Nessuna nuova legge deve indebolire la protezione dell’ambiente. Continueremo a crescere in modo sostenibile, con la conservazione e il recupero delle aree danneggiate impropriamente. Per questo la vegetazione cancellata in aree protette dovrà essere restaurata. Ma questo sarà fatto con giustizia”. Come a dire ‘un colpo al cerchio, un colpo alla botte’, utilizzando un detto di saggezza popolare.

Rimane l’obbligo per i proprietari terrieri di mantenere una porzione della proprietà come foresta, in una percentuale compresa tra il 20% nelle zone costiere e l’80% nell’Amazzonia, ma garantendo al contempo una serie di eccezioni a favore dei piccoli proprietari, che potrebbero invalidare il provvedimento. Un altro tasto dolente è quello che riguarda la porzione di foresta garantita come fascia di rispetto lungo le rive dei fiumi: il Código Florestal abbasserebbe il limite di distanza richiesto per qualsiasi intervento di deforestazione dal 30-500 metri a 5-100 metri, aumentando fortemente il rischio di dissesto idrogeologico delle zone interessate. Inoltre, i proprietari terrieri hanno la possibilità di ottemperare ai loro vincoli di riforestazione piantando alberi di eucalipto e la palma da olio, provvedimento che potrebbe mettere a rischio la salvaguardia della biodiversità delle aree interessate. L’eucalipto non è una specie autoctona ed è considerata invasiva, inoltre è particolarmente incline alla propagazione degli incendi. Stesso discorso vale per la palma da olio, che non è tipica di queste regioni e rientra espressivamente in un progetto di recupero delle aree deforestate per la coltivazione a fini alimentari ed energetici.

Ma altri problemi minacciano l’equa riuscita del Código Florestal. Infatti il Congresso ha tempo fino a Settembre per capovolgere il verdetto della Presidente e il suo potere di veto sarà in scadenza il prossimo Luglio, a meno che questo non venga rinnovato nuovamente dal Congresso. La forza dei ruralistas all’interno del Governo Brasiliano verrà quindi messa alla prova e i due fronti opposti si stanno preparando alla prossima battaglia. Luiz Martinelli, ecologo dell’Università di San Paolo che ha contribuito alla stesura di un piano per la riforma del Codigo Florestal, afferma: “Era stata proposta una moratoria di due anni per poter studiare a fondo il tema. Ora siamo nel mezzo di questa confusione e difficilmente ne verremo a capo in breve tempo.” Un altro ecologo, Dan Nepstad dell’Istituto di Ricerca Ambientale dell’Amazzonia, sostiene che il nodo della questione è se il Codice porrà regole e limiti chiari ai proprietari terrieri e le forze dell’ordine o se solleverà dubbi e ambiguità che potrebbero risultare in scappatoie.

Appare chiaro che, nonostante il dibattito prosegua da tempo e le ultime decisioni di Dilma Rousseff, la situazione non si risolverà nel giro di breve tempo. In questo scenario, è da tenere in considerazione che il Brasile attualmente possiede le caratteristiche migliori per porsi come nazione guida per il Pianeta verso lo Sviluppo Sostenibile, date le sue potenzialità e la sua forza dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Per questo motivo si pone come arena privilegiata per il dibattito di Rio+20, dato che la conferenza ha proprio il difficile compito di discutere su come poter garantire il benessere economico e sociale delle popolazioni del pianeta e al contempo la conservazione delle risorse naturali. Le buone premesse ci sono, ma non tutte sono rosee. Attualmente il paese si trova a un punto cruciale, in cui può decidere se dirigersi verso una crescita sostenibile o se ripetere gli errori del capitalismo selvaggio che ne distruggeranno l’ambiente. La costruzione della centrale idroelettrica di Belo Monte, la catena di omicidi degli ambientalisti in Parà e la minaccia della deforestazione per la produzione di biocombustibili, sono solo alcuni dei temi scottanti di cui il governo brasiliano deve rispondere. Brasilia e la sua Presidente devono porre, quindi, molta attenzione alle dinamiche interne di questo paese, favorendo i movimenti locali e i loro progetti di sviluppo sostenibile, finanziando e studiando un’opportuna e ragionata pianificazione delle proprie risorse naturali che vada contro gli interessi delle multinazionali e dei ruralistas, usando i finanziamenti ottenuti dalla compagnie energetiche e minerarie per la creazione di un fondo di sviluppo davvero green.

Il Código Florestal è una delle sfide in cui Dilma Rousseff non può permettersi di fallire. Il Brasile ha tutte le carte in regola per essere d’esempio dello Sviluppo Sostenibile per le altre nazioni e in occasione di Rio+20 ha l’obbligo morale di perseguirlo.
Un Rio+30 non siamo sicuri di potercelo permettere. 


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