Quali sono le dinamiche della formazione dei gruppi di animali? Il modo più semplice per comprendere le regole che generano determinate configurazioni nei gruppi animali consiste nel creare un modello matematico che simuli il comportamento dei singoli animali, per vederne poi le conseguenze su larga scala.
La formazione dei gruppi di animali segue delle dinamiche particolari. Pensiamo ad esempio alle lunghe file di formiche, di elefanti o di pinguini, così come gli ammassi in continuo movimento degli storni o le strutture a forma di "V" delle oche. Tutte queste strutture sono l'effetto su larga scala di tante scelte fatte dai singoli individui sulla base di poche e semplici informazioni locali. Gli scienziati chiamano questo fenomeno auto-organizzazione, allo scopo di sottolineare l'assenza di un leader che comanda il gruppo. Ogni individuo agisce per sé, sulla base di una limitata percezione del gruppo e del proprio ruolo all'interno di esso.
A posteriori - e a loro totale insaputa - tutti gli individui traggono vantaggio dalla configurazione assunta dal gruppo. Lo sforzo inconsapevolmente congiunto delle formiche minimizza il percorso tra il nido e la fonte di cibo, oppure permette alle formiche di trasportare oggetti molto pesanti. Gli storni, muovendosi in gruppi di centinaia di individui, rendono la vita difficile ai predatori, che vengono letteralmente frastornati dall'imbarazzo della scelta. La cosa sorprendente è che il processo evolutivo non ha agito direttamente sul gruppo, piuttosto ha agito indirettamente, modificando le regole locali seguite dai singoli individui. Sono stati quindi selezionati positivamente quegli individui i cui comportamenti locali producevano un effetto globale vantaggioso.
Il modo più semplice per comprendere le regole che generano certe configurazioni animali collettive è creare un modello matematico che simuli il comportamento dei singoli animali, per vederne poi le conseguenze su larga scala. Più precisamente, viene istruito un computer a muovere dei pallini sullo schermo, ognuno dei quali rappresenta un individuo del gruppo. Ogni pallino viene mosso sulla base di regole predeterminate, che coinvolgono solamente la posizione di un piccolo numero di compagni. La letteratura biologica basa i modelli matematici principalmente su tre regole:
- Attrazione verso i compagni lontani, per non rimanere isolati.
- Allineamento con i compagni vicini, per uniformare la propria direzione di movimento.
- Repulsione verso i compagni troppo vicini, per evitare collisioni.
In aggiunta a queste, si introducono nei modelli altri comportamenti tipici della specie sotto osservazione, al fine di riprodurre differenti forme del gruppo. Spesso il modello tiene in considerazione il campo visivo dell'animale, cioè assume che i compagni posizionati dietro l'animale non vengano tenuti in considerazione, perché non visibili. Sebbene questa ipotesi sia perfettamente ragionevole, essa si basa sull'implicita assunzione che il campo visivo dell'animale e la zona di sensibilità in cui si applicano le regole coincidano. Recentemente però, è stato proposto un modello che supera questo limite, ed introduce un nuovo tipo di asimmetria nelle interazioni con i compagni. Fatto salvo il campo visivo di ogni animale, le regole hanno differenti zone di applicabilità: un animale potrebbe infatti avere particolare interesse a seguire il leader del gruppo davanti a lui (attrazione solo frontale) e non i compagni al suo fianco, sebbene questi ultimi siano perfettamente visibili. Allo stesso modo, è ragionevole aspettarsi che la repulsione agisca solo frontalmente se la direzione del moto non cambia, oppure in tutte le direzioni se la direzione del moto cambia frequentemente.
Tenendo separato il concetto di campo visivo con quello di zona di sensibilità alle interazioni, si ottengono nuovi modelli matematici in grado di riprodurre una grande varietà di forme, senza la necessità di introdurre altre regole ad hoc. Ad esempio, è stato scoperto che se l'attrazione e la repulsione sono dirette in ogni direzione, gli animali (virtuali) assumono una configurazione sferica come quella visibile negli storni (figura 1).
Figura 1 | Configurazione sferica
Se invece l'attrazione e la repulsione sono solo frontali, gli animali assumono una configurazione allungata come quella visibile nei pinguini o negli elefanti in marcia (figura 2).
Figura 2 | Configurazione allungata
Infine, se l'attrazione è diretta in ogni direzione e la repulsione è solo frontale, gli animali si dispongono in una configurazione a "V" come quella visibile nelle oche in volo (figura 3). Quest'ultimo risultato suggerisce che la configurazione a "V" non sia (solo) motivata dall'efficienza aerodinamica; l'attrazione omnidirezionale può infatti essere intesa come la volontà di non perdere il contatto con nessun membro del gruppo.
Figura 3 | Configurazione a "V"
Al contrario del campo visivo, che è per sua natura fisso, le zone di sensibilità alle interazioni possono cambiare. Ad esempio, la presenza di predatori o le cattive condizioni atmosferiche possono mutare le esigenze del gruppo. Di nuovo, il meccanismo di auto-organizzazione agisce a livello locale, modificando le regole di comportamento rispetto ai compagni più prossimi. Questo porta alla ri-organizzazione del gruppo a livello globale, e di conseguenza a una risposta più "intelligente" alle esigenze del gruppo inteso come un'unica entità.
La comprensione dei fenomeni auto-organizzanti diventa cruciale nel momento in cui li si vuole controllare, gestire o modificare. Se ad esempio si volesse costringere delle oche a volare in linea, sarebbe più facile dotarle di piccoli paraocchi (quindi agendo sulle regole locali) piuttosto che inventarsi qualche strano marchingegno per imporre la nuova configurazione in modo "dittatoriale"; per eliminare le formiche dalla vostra cucina, è totalmente inutile ucciderle tutte. Quello che si deve fare è passare un panno bagnato lungo la strada che percorrono, in modo da eliminare la traccia odorosa che loro seguono (la regola "locale"). Non torneranno più.
Questo insegnamento sarebbe utile anche ai politici, spesso chiamati a regolare o evitare alcuni comportamenti collettivi come i flussi migratori, le rivoluzioni, le manifestazioni di piazza, etc. Per quanto riguarda i flussi migratori, chiudere le frontiere è un modo per arginare il fenomeno "dall'alto", che non tiene conto delle regole locali che li hanno generati. La massa di persone viene vista come un'unica entità alla quale si può "parlare" direttamente. L'alternativa invece è agire a livello delle regole locali: cambiare il modo in cui le persone cercano lavoro, così da non far emergere il fenomeno. Ma questa è un'altra storia...
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