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Benvenuto, multiverso!

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La scoperta di modi B prodotti da onde gravitazionali primordiali nella radiazione cosmica di fondo, annunciata il mese scorso dal gruppo di ricerca di BICEP2, ha avuto l’effetto di infiammare la comunità internazionale dei cosmologi. Uno dei temi su cui si sta dibattendo di più, e più ferocemente, è legato all’idea che il nostro cosmo potrebbe essere in realtà solo uno dei tanti universi presenti in un sistema molto più grande che va sotto il nome di “multiverso”. L’idea che esistano universi paralleli dimora ormai stabilmente nel nostro immaginario culturale, anche perché ha ispirato notevoli racconti di fantascienza (pensiamo per esempio al celebre romanzo "The Gods themselves" di Isaac Asimov, che risale al lontano 1972).
Ma che cosa dice la cosmologia a riguardo? E in che modo la scoperta di BICEP2 può aiutarci a far luce sulla questione?

Multiverso e inflazione

L’idea di multiverso è nata negli anni ’50 a partire dalla cosiddetta “interpretazione a molti mondi” della meccanica quantistica, ma nel corso del tempo è diventata uno degli argomenti principe della cosmologia teorica. Come accade spesso per i temi che possono cambiare profondamente le nostre prospettive, la discussione si è trasformata in un dibattito scientifico molto acceso, oggi reso ancora più vivace dalla scoperta di BICEP2. La rivelazione dei modi B primordiali, infatti, rappresenta una prova schiacciante a favore dell’inflazione, e in particolare della cosiddetta “inflazione caotica”. Secondo questa teoria, la totalità dello spazio-tempo apparirebbe come una sorta di “schiuma” che ribolle per effetto dell’inflazione; ogni “bolla” di questa schiuma è isolata dal resto tramite l’inflazione, e può essere quindi considerata come un universo a sé stante. In questo contesto il termine “universo” va inteso come un tessuto spazio-temporale autonomo e regolato da un particolare insieme di leggi fisiche. “Penso che il multiverso sia una conseguenza naturale delle idee dell’inflazione”, racconta Franck Wilczek, fisico teorico del Massachussetts Institute of Technology. “Se il nostro universo è nato da un piccolo seme, anche altri universi potrebbero crescere da piccoli semi analoghi. Non sembra esserci nulla di unico nell’evento che chiamiamo Big Bang.”

Multiverso e vita

L’idea di un multiverso sembra quindi discendere in maniera naturale dalle teorie di inflazione. Questo significa che i dati di BICEP2 possono essere considerati come una prova indiretta che viviamo in un multiverso? Stando alle diverse reazioni di vari scienziati in tutto il mondo, siamo ben lontani dall’avere una risposta a questa domanda. La controversia è particolarmente accesa poiché l’idea di un multiverso, se risulta entusiasmante per alcuni scienziati, appare del tutto erronea per altri. Secondo Alan Guth, uno dei primi ideatori della teoria inflativa, “il multiverso offre una possibile spiegazione a molte delle cose che sappiamo del nostro universo, per esempio il fatto che esista la vita”. Che cosa intende Guth? Secondo il principio antropico forte, la fisica del nostro universo sarebbe inspiegabilmente calibrata in modo fine allo scopo di permettere la presenza di vita intelligente. Per esempio, se le costanti di natura che governano gravità ed elettromagnetismo avessero valori anche solo leggermente scostati da quelli che effettivamente possiamo misurare, non sarebbe stato possibile che si formassero gli atomi e le stelle, impedendo alla vita così come la conosciamo di svilupparsi. L’idea che esistano numerosi (al limite infiniti) universi con fisiche differenti risolve il problema in maniera davvero elegante: noi abitiamo in questo universo non perché esso sia in qualche modo speciale, ma semplicemente perché, tra i tanti universi presenti nel multiverso, è adatto a ospitarci. Alcuni però non ci stanno e rifiutano decisamente questo argomento, ritenendolo soltanto una soluzione di comodo. “Considero questo punto di vista una rinuncia a trovare una vera spiegazione scientifica”, sostiene per esempio Paul Steinhardt, una delle eminenze a livello mondiale nel campo dell’inflazione. Un’altra critica al concetto di multiverso tocca è di natura epistemologica: se non possiamo ottenere nessuna informazione su ciò che sta al di fuori del nostro universo, allora l’idea del multiverso non sarebbe nemmeno scientifica nel senso popperiano del termine, dal momento che non è falsificabile.

Multiverso e stringhe

Un’altra caratteristica del multiverso che contribuisce a polarizzare il dibattito scientifico è il suo stretto rapporto con le teorie di stringa. Queste rappresentano uno degli argomenti più spinosi della fisica contemporanea: o le ami o le odi. Tra gli scienziati ci sono i fan accaniti e gli scettici irriducibili. La posta in gioco è decisamente alta, visto che è una teoria della gravità quantistica che ambisce a essere una theory of everything, ovvero una teoria in grado di descrivere in maniera unitaria tutte le particelle elementari le loro interazioni fondamentali (gravità, elettromagnetismo e forze nucleari). Secondo le teorie di stringa, la materia (e secondo alcune interpretazioni anche lo spazio-tempo) non è che l’effetto della “vibrazione” di entità fisiche fondamentali chiamate “stringhe” o, più in generale, “p-brane”. Un aspetto interessante delle teorie di stringa è che, a differenza delle teorie oggi universalmente riconosciute, possono prevedere a priori quante dimensioni debba avere l’universo: tenendo conto della supersimmetria, queste dimensioni sarebbero 10 o 11; noi possiamo però percepirne solo quattro (3 spaziali + 1 temporale). Le teorie di stringa prevedono quindi che la struttura intima dell’universo si estenda rispetto a ciò che possiamo definire “universo”, fatto che si sposa bene con l’idea di un multiverso. La scoperta di BICEP2 non conferma né confuta alcuna di queste teorie, ma rafforza il legame tra stringhe e inflazione. “Molti dei diversi modelli di inflazione possono basarsi sulle teorie di stringa”, spiega Giancarlo Cella, fisico all’Università di Pisa. “Una teoria di stringa può essere un framework per produrre modelli di inflazione consistenti con le osservazioni di BICEP2.”

Multiverso sì, multiverso no

Dopo la scoperta di BICEP2, nella comunità scientifica si alternano quindi posizioni molto contrastanti riguardo l’idea di un multiverso. La voce di Andrei Linde, uno dei fautori della teoria dell’inflazione, raccoglie l’entusiasmo di una parte dei cosmologi: “Una volta che abbiamo la prova sperimentale che la costante cosmologica è reale, e la prova dell’inflazione, abbiamo di conseguenza qualcosa che credo fermamente sia una prova sperimentale a favore del multiverso”. Decisamente ironica la risposta di Peter Coles, cosmologo teorico in forze alla Sussex University: “Forse c’è una parte del multiverso in cui i risultati di BICEP2 offrono la prova di un multiverso, ma non credo che noi viviamo lì”. Per completare il quadro non mancano gli “agnostici”, cioè coloro che non si sentono di sposare nessuna delle due convinzioni: secondo Marc Kamionkowski, fisico alla Johns Hopkins University, “questa specifica misurazione non getta alcuna luce su questo problema”. La controversia sul tema del multiverso, insomma, non accenna a placarsi. Ma comunque la si voglia vedere, è interessante osservare che per la prima volta, grazie alla straordinaria scoperta di BICEP2, la comunità scientifica affronta questo tema non più in maniera speculativa o filosofica, ma basandosi su dati reali. A prescindere che esista o meno un multiverso, l’argomento è finalmente entrato nell’orizzonte della scienza quantitativa.


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