fbpx Posticipata la riapertura di LHC | Scienza in rete

Posticipata la riapertura di LHC

Primary tabs

Read time: 5 mins

È senza dubbio l’esperimento scientifico più famoso al mondo. Con i suoi 27 km di tunnel sotterraneo a cavallo del confine franco-svizzero, il Large Hadron Collider è la macchina più grande e complessa mai costruita dall’uomo, che ha fatto parlare di sé l’intero pianeta quando, nel luglio del 2012, il CERN di Ginevra ha annunciato la scoperta del bosone di Higgs, l’ultimo pezzo mancante del Modello Standard delle particelle elementari.
Qualche mese prima del Nobel – dovuto e inevitabile – a Peter Higgs e François Englert, nel febbraio 2013 LHC è stato spento: si concludeva così il Run 1, ovvero il primo capitolo dell’attività di LHC.
Meritato riposo? Niente affatto: il «long shutdown» è servito per la manutenzione e soprattutto per il potenziamento dell’enorme macchina targata CERN.

Ci sarà da aspettare ancora un po'. Il CERN aveva annunciato che, dopo due anni di lavoro, LHC sarebbe stato in questi giorni di nuovo ai blocchi di partenza per ricominciare la sua attività scientifica. Ma proprio quando la cosa sembrava ormai imminente, il sito del CERN ha comunicato che un malfunzionamento ritarderà la riapertura del colosso elvetico.
Il problema è di quelli da poco: un “banale” cortocircuito a un magnete. Risolverlo sarà semplice, ma purtroppo non breve. I magneti conduttori di LHC, infatti, per funzionare correttamente sono tenuti a una temperatura bassissima, appena 1,9 gradi sopra lo zero assoluto: questo li rende, con ogni probabilità, gli oggetti più freddi dell’universo. Per sistemare l’intoppo occorre riportare il magnete a temperatura ambiente, eliminare il cortocircuito e poi raffreddarlo nuovamente. L’operazione, nel suo complesso, richiederà un tempo abbastanza lungo: non ben definito, per ora, ma dell’ordine di alcune settimane. Ci sarà quindi da attendere ancora, ma il CERN assicura che l’inconveniente non avrà alcun impatto nell’attività futura di LHC. «Rispetto allo schema generale delle cose, un ritardo di qualche settimana nella ricerca volta a comprendere il nostro universo è più breve di un battito di ciglia», commenta Rolf Heuer, direttore generale del CERN.
Dopo questa lunga attesa, il Run 2 di LHC – che durerà all’incirca tre anni – sarà caratterizzato da grosse novità. La prima, e più importante, è senza dubbio l’energia delle collisioni.
Non si tratta certo del primo “upgrade” del Large Hadron Collider, da questo punto di vista. Anzi, la storia di LHC ha proceduto per step successivi in un continuo crescendo. Nel novembre del 2009 si sono prodotti i primi fasci a 1,18 TeV (teraelettronvolt); nel marzo 2010 i primi fasci a 3,5 TeV. Facendo collidere due fasci di questa energia, si sono ottenute le prime collisioni a 7 TeV. Nell’aprile del 2012 si sono raggiunti addirittura gli 8 TeV.
A partire da maggio o giugno, le collisioni di LHC raggiungeranno il valore di ben 13 TeV: il massimo mai raggiunto nella storia. Vediamo insieme quale nuova fisica potrà indagare il “nuovo” LHC.

A tu per tu con l’Higgs

La domanda sorge spontanea: se sono bastati 6,5 TeV per scovare il famigerato bosone di Higgs, che cosa si potrà trovare con collisioni di energia doppia?
La risposta è che non si sa, ed è proprio per questo che c’è l’intenzione di realizzare quelle collisioni. Ci sono delle previsioni, dei modelli teorici più o meno promettenti, e con LHC si vuole vedere se sono corretti oppure no.
Il capitolo Higgs, del resto, non è ancora chiuso. Certo, la scoperta è stata fatta e confermata, ma con 13 TeV si potrà fare una conoscenza più approfondita di questa particella. Per esempio, i fisici sono interessati ad avere misure più precise della sua massa e del suo tasso di decadimento in altre particelle più leggere. Lo scopo è duplice: cercare eventuali anomalie rispetto alle previsioni del Modello Standard, che potrebbero indicarci nuove linee di ricerca da seguire, ma anche usare quei dati per fare previsioni su cose che ancora non conosciamo bene. Per esempio, è possibile che la particella di Higgs non sia una particella elementare?

In cerca di SUSY

Naturalmente c’è tanta fisica da fare e da scoprire anche oltre quella di Higgs. L’attesa più concitata riguarda senz’altro la supersimmetria, una particolare estensione teorica del Modello Standard secondo cui tutte le particelle elementari avrebbero dei corrispettivi “alter ego”, che però finora non sono stati osservati. La supersimmetria è interessante per diversi motivi: risolve in maniera naturale alcuni problemi nella Teoria di Grande Unificazione, fornisce dei candidati per la materia oscura (i neutralini) ed è una conditio sine qua non per la teoria delle stringhe, uno dei più grandi castelli teorici mai costruiti dall’uomo, tutto ancora da verificare.
Molti avevano previsto che osservare gli “alter ego” previsti dalla supersimmetria sarebbe stato un compito alla portata del Run 1 di LHC, ma il grande acceleratore del CERN non ha scorto nessun indizio che potesse confermare questa teoria. Forse non esiste nessuna supersimmetria (e questo rappresenterebbe un colpo durissimo, se non fatale, per le teorie di stringa); oppure la supersimmetria è lì, ma a energie che LHC potrà raggiungere soltanto in questa versione “potenziata”.
Molti fisici sostengono che, se non la si osserverà a 13 TeV, bisognerà cominciare a rinunciare alla supersimmetria. In un caso o nell’altro, sarà una notizia bomba.

Dimensioni extra, particelle esotiche e plasmi di quark-gluoni

Ci sono tante altre cose che LHC potrà studiare con 13 TeV. Per esempio, un’altro prerequisito indispensabile per la teoria delle stringhe sono le dimensioni spaziali extra. Un metodo per provare la loro presenza è studiando la gravità su piccolissima scala: se le dimensioni extra sono reali, l’attrazione gravitazionale tra le particelle dovrebbe essere più debole rispetto a quella predetta dalla classica legge di Newton per distanze inferiori al milionesimo di millimetro. Con un po’ di fortuna, LHC potrà compiere queste misure e confermare – o smentire – l’idea delle dimensioni extra. Questa è probabilmente la potenziale scoperta più sensazionale che LHC sarà in grado di fare durante il Run 2.
Il Large Hadron Collider cercherà anche particelle esotiche – cioè non previste dal Modello Standard – non supersimmetriche. C’è davvero molta frenesia in questo senso. Non solo per i cosmologi, che sperano di trovare dei candidati alla materia oscura: la scoperta di particelle esotiche rappresenterebbe il primo vero indizio su una teoria oltre il Modello Standard. Cosa di cui, oggi come oggi, il mondo della fisica teorica comincia ad avere un estremo bisogno.
Per finire, un ritorno alle origini: LHC potrà ricreare una situazione davvero molto simile a quella  presente nell’universo appena un miliardesimo di secondo dopo il Big Bang. Stiamo parlando di una sorta di “minestrone” fatto di quark – i costituenti dei nuclei atomici, per intenderci – e gluoni, particelle che tengono insieme i quark tra loro. Secondo gli scienziati, questo “minestrone” riempiva l’intero cosmo dell’epoca. Ricrearlo e analizzarlo con LHC significa sbirciare nell’universo primordiale e nei suoi segreti. 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La scienza della risata: un dialogo tra neuroscienze ed etologia

l'etologa elisabetta palagi e il neuroscienziato fausto caruana

Intervistiamo il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi sul loro recente saggio dedicato alla risata, per capire come un comportamento così quotidiano da essere dato per scontato sia arrivato dalle indagini puramente filosofiche che lo hanno accompagnato per secoli a quelle biologiche.

Di recente abbiamo pubblicato la recensione di Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024): un saggio che esplora un comportamento quotidiano, ma che ben di rado la letteratura scientifica ha indagato dal punto di vista evolutivo.