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Premiamo la ricerca di qualità

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In attesa della conferenza: "La valutazione dei progetti di ricerca scientifica in Sardegna. Esperienze a confronto per il miglioramento del modello regionale di valutazione", che si terrà a Pula (CA) il 22 Marzo, abbiamo incontrato Francesco Pigliaru, ProRettore Delegato per la ricerca scientifica ed i rapporti istituzionali e per l’innovazione all'Università degli Studi di Cagliari.

Sono passati 5 anni dalla promulgazione della Legge Regionale 7, qual è il suo giudizio di questa iniziativa della Regione Sardegna?
Sono molto “legato” alla Legge 7 perché è stata ideata e promulgata da una Giunta Regionale in cui ero assessore. Grazie a questa legge la Regione Sardegna è riuscita a finanziare progetti di ricerca di base. La bontà dell’iniziativa, partita nel 2007, viene evidenziata dal fatto che a 5 anni di distanza ma soprattutto dopo numerosi cambiamenti politici in seno alla Regione, questa legge continua a essere un punto di riferimento, anzi sono allo studio aggiornamenti per migliorarla e potenziarla. E’ importante che in un momento così delicato sia per la nostra Regione che per il Paese tutto, dove sono in corso cambiamenti radicali ci sia continuità amministrativa in ciò che ha dimostrato di funzionare bene. Il primo vantaggio portato da questa legge è quello di poter attingere a delle risorse adeguate ma soprattutto certe. Questi fondi, ricavati dal 1% dell’IRPEF, non sono distribuiti a pioggia ma bensì attraverso un processo razionale che si basa su standard internazionali, eliminando, così, tutti quei meccanismi opachi e discrezionali. Finalmente i ricercatori conoscono le regole d’accesso ai finanziamenti, cosa che non avveniva prima, quando erano del tutto incomprensibili i criteri adottati dai decisori politici. Particolare attenzione nel corso degli anni è stata data anche al futuro dei giovani ricercatori, dedicando a loro borse e finanziamenti ad hoc. Dopo 5 anni è arrivato, però, il momento di verificare se questa legge ha generato un miglioramento della ricerca scientifica nell’isola. Una valutazione ex post del sistema di valutazione è necessaria per capire se i finanziamenti che la Regione ha profuso hanno innescato un circolo virtuoso. Bisognerà farlo con intelligenza e con criterio, dato che i frutti di un buon lavoro non necessariamente si vedono subito e la ricerca, soprattutto quella di base, per mostrare i propri risultati ha bisogno di tempo.

Come si potrebbe migliorare il sistema di valutazione della Regione Sardegna?
Cinque anni fa, la Consulta Regionale per la ricerca di comune accordo con le Università e i principali enti di ricerca dell’isola ha deciso di utilizzare come metodo di valutazione un modello semplice e trasparente come quello dei progetti PRIN. Un sistema costituito da un collegio di garanti che sottopone a dei revisori le proposte di finanziamento. In linea di massima questo meccanismo funziona ma i dettagli sono importanti e migliorare è il nostro obiettivo. Innanzitutto il numero di garanti è basso, c’è la necessità di portarli da 6 a 14, in maniera tale che possano essere coperti tutte le aree di ricerca interessate dai bandi. Sia i garanti che i referee devono essere figure di prestigio e autorevoli nella campo della ricerca. La scelta dei revisori rappresenta uno dei punti fondamentali nel processo di valutazione, evitare il conflitto d’interessi è alla base di buon funzionamento del sistema. Non c’è bisogno di dare esclusivamente l’incarico a esperti stranieri, anche in Italia ci sono molte eccellenze, ma purtroppo non esiste una banca dati che certifichi la qualità di questi esperti. Ecco, come sistema Paese ci dobbiamo dotare di un catalogo che attesti la qualità e la competenza dei nostri scienziati. Per evitare, poi scelte individuali e corporative è necessario introdurre nel sistema di valutazione della Regione Sardegna anche una study session. Una scelta collegiale e dibattuta migliorerà di sicuro tutto il processo. Abbiamo proposto, inoltre, che nei prossimi anni venga verificato e controllato l’operato sia dei garanti che dei revisori.

Non crede che sia necessario anche un cambiamento all’interno del sistema universitario per poter premiare chi riesce a ottenere finanziamenti?
Certamente sì, le due Università dell’isola si stanno muovendo in questa direzione. È stato introdotto un processo virtuoso che ha come obiettivo la valorizzazione di quei ricercatori che producono di più. E’ inutile riuscire ad attirare risorse, se poi a quel dato gruppo di ricerca non viene riconosciuto nessun merito. Ogni euro che arriva all’Università deve essere distribuito in base al raggiungimento di determinati obiettivi. Devono essere premiati quei Dipartimenti, dove i ricercatori riescono a ottenere fondi europei come quelli previsti nel Settimo Programma Quadro. Nell’ultimo bando della Regione Sardegna, per esempio, sono previste premialità per i giovani ricercatori, così come previsto nei finanziamenti FIRB. Nei prossimi anni, sarà introdotto un ulteriore paramento di valutazione: i progetti presentati dagli stessi gruppi che nel corso degli anni hanno beneficiato delle Legge 7, saranno valutati tenendo anche in considerazione lo svolgimento e la realizzazione proprio delle ricerche passate. Bisogna dire basta al sovvenzionamento dei ricercatori non attivi, ma oltre alla “sola” produzione bisogna controllare sempre la qualità della ricerca.

Cosa pensa dell’operato dell’ANVUR?
Il lavoro dell’ANVUR è un tentativo eroico di dare al mondo della ricerca italiano un percorso omogeneo. E’ un lavoro lento, ma secondo me c’è bisogno di più coraggio. Se si decide di fare delle valutazioni bisogna essere netti e coraggiosi. Bisogna cercare di certificare meglio le aree non bibliometriche. Va bene, valutare in base all’impact factor delle riviste scientifiche ma noto troppo spesso eterogeneità di giudizio.


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