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Ricerca: finanziare le persone, non i progetti

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Oggi gli scienziati valgono anche e soprattutto per quanti soldi sanno attirare. Avere un buon finanziamento per la propria ricerca vuol dire far carriera, avere più persone che lavorano con te e più attrezzature e reagenti e soprattutto la possibilità di essere accolti nei migliori istituti di ricerca e nelle migliori Università. E come si fa ad avere un buon finanziamento? Serve come minimo un buon progetto. C’è il caso che siano cinquanta pagine o anche di più così il tempo degli scienziati se ne va quasi tutto per scriverli questi progetti di ricerca. E quando poi si riesce ad averli davvero questi soldi, il tempo per la scienza si riduce ancora perché bisogna amministrare il "grant", che è in certi casi un lavoro a tempo pieno. Solo che dai progetti scritti fatti per avere un finanziamento - che per noi può venire dalla Comunità Europea e qualche volta persino dal National Institute of Health degli Stati Uniti - non viene quasi mai una buona ricerca, di solito sono progetti poco originali, scritti soprattutto per compiacere chi è chiamato a giudicarli. Di questo passo, però, di ricerca vera se ne farà sempre meno. Si deve correre ai ripari e lo si deve fare presto.

In un editoriale recente Alan Leshner, executive officer dell’associazione americana per l’avanzamento della scienza e publisher di Science, dice che in un periodo in cui i fondi per la ricerca sono sempre di meno non bisogna più chiedere ai ricercatori di scrivere progetti estremamente dettagliati ma si deve scegliere chi finanziare sulla base di proposte molto più semplici. Ma come? John Ioannidis che è professore di medicina a Stanford qualche idea ce l'ha. Ha provato a scriverle e Nature ne ha fatto un "comment". Immaginiamo che le agenzie distribuiscano soldi senza chiedere ai ricercatori progetti dettagliatissimi e complicati da scrivere come succede oggi. Primo problema: finanziamo tutti o solo qualcuno? In Italia per non scontentare nessuno si è sempre scelto di dare pochi soldi a tutti. E' certamente sbagliato, ma se vent'anni fa anche con pochi soldi qualcosa si combinava, oggi non più. I costi della ricerca sono tali che senza un finanziamento adeguato non si fa nulla. Meglio allora dare tanti soldi a qualcuno, se è davvero bravo quei soldi saranno spesi bene, certamente. Ma quel "qualcuno" come lo si sceglie? La cosa più semplice è vedere cosa ciascun ricercatore ha già dimostrato di saper fare e della considerazione di cui gode nell’ambiente internazionale. Un po' lo si fa già: prima di decidere se finanziare o no un certo progetto si tiene conto della carriera di chi lo ha presentato e della qualità delle sue pubblicazioni. Un sistema così favorisce chi è all'apice della carriera ma penalizza i giovani. Qui ci viene di nuovo in aiuto Alan Leshner. Lui dice che si dovrebbe mettere un limite ai soldi che si danno agli scienziati migliori - che di solito hanno già una certa età - se no loro si prendono tutti i soldi e per gli altri non resta niente. Se invece si facesse quello che suggerisce Leshner ci sarebbero più risorse a disposizione dei giovani e di chi non ha ancora avuto tempo per affermarsi ma ci vuole provare. Pero' poi dobbiamo evitare che i giovani dedichino la maggior parte del loro tempo a scrivere progetti invece che a fare ricerca. Come? Si potrebbe chiedergli un riassunto di quello che intendono fare, con abbastanza dettagli per poter dare un giudizio (a chi è davvero bravo basta una pagina). Qualche agenzia questo ha già cominciato a farlo. Forse è venuto il momento che lo facciano tutti, non solo, ma che i progetti che si richiedono debbano essere semplici, estremamente mirati e soprattutto brevi. Insomma poco tempo per preparare progetti e rapporti, così che ci sia più tempo a disposizione per farla davvero, la ricerca. E’ il caso di cambiare tutto dice Leshner, tanto più in un momento di grandi difficoltà economiche da cui si può uscire solo con più ricerca.

Il "comment" di Nature d'altra parte ha il merito di aver sollevato un problema fondamentale per il futuro della ricerca scientifica (che è poi il futuro di tutti noi, ancora di più di noi Spagna e Grecia). La cosa più bella di quel commento è il titolo: "Finanziare le persone non i progetti". E' verissimo, prendiamone atto, il modo lo troveremo, cominciamo a parlarne. E ne dovrebbero parlare secondo Leshner soprattutto quelli che fanno politica e la politica della scienza, e quelli delle Agenzie che finanziano la ricerca e noi abbiamo meno ricercatori di tutti in Europa e quei pochi sono su di eta’, anche perche’ spendiamo in ricerca meno di tutti. I numeri sono noti, ripeterli e’ persino banale. Da noi non c’e’ nessuna attenzione per i giovani ricercatori e così i migliori vanno all’estero. Si sono fatte varie leggi per farli tornare, una peggio dell’altra. E’ sbagliato, lasciamoli là gli scienziati che hanno avuto successo all’estero, per fortuna ci sono loro a vicariare le carenze delle nostre scuole di medicina. Sono loro che ospitano nei loro laboratori  tanti che dopo aver fatto l’Università in Italia, per emergere o anche solo per trovare un lavoro devono andare via. Invece dovremmo fare di tutto per rendere competitivi i nostri laboratori, allora tanti bravi scienziati verranno da noi dall’Europa dell’Est, dall’India, dalla Cina. Ma per questo servono più soldi, la capacità di spenderli bene e ci si deve rendere conto che la ricerca ha tempi lunghi. E come si fa a essere sicuri che i soldi siano spesi bene? Basta darli direttamente ai ricercatori, a quelli bravi, a quelli che pubblicano bene. Che poi vanno lasciati liberi di impiegarli come vogliono, senza la burocrazia estenuante dei rapporti e rendiconti. L’Europa della ricerca è in ritardo sugli Stati Uniti, e anche su Cina e India. Così si è fatto il Consiglio Europeo per la Ricerca, con l’idea di mettere in competizione  e attirare i migliori cervelli d’Europa e del resto del mondo. Il Consiglio, nel 2013, può contare su 1.7 miliardi di euro ma nessuno dei paesi che contribuisce al programma avrà  alcuna garanzia di riprendersi i soldi. E’ facile prevedere che l’Italia, con pochi ricercatori e poche strutture davvero moderne dove farli lavorare, finirà per perdere anche questa opportunità.


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