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Tutte le leggi violate sul caso Stamina

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"Udite, o rustici attenti: io sono quel gran medico dottore enciclopedico chiamato Dulcamara, la cui virtù preclara e portenti infiniti son noti in tutto il mondo... e in altri siti. Benefattor degli uomini, riparator dei mali in pochi giorni io sgombero io spazzo gli spedali e la salute a vendere per tutto il mondo io vo. Compratela, compratela per poco io ve la do. E' questo l'odontalgico mirabile liquore ... ei move i paralitici, spedisce gli apopletici, gli asmatici i diabetici e cura il mal di fegato ...".
"L'elisir d'amore" di Donizetti viene rappresentato la prima volta a Milano il 12 maggio 1832 (libretto di Felice Romani edito da Giovanni Ricordi) ed è un successo (32 repliche).
Già allora Dulcamara - che non era neppure medico - prometteva tutto quello che promettono oggi quelli di Stamina, l'assonanza è impressionante: stessa pozione miracolosa, nessuno sa bene cosa sia, ma cura le stesse malattie di stamina e ... funziona (" più di un afflitto giovane di piangere cessò").
E allora il problema non è Vannoni, non è lui ad aver messo a rischio il nostro Servizio Sanitario, la responsabilità è di tutti quelli che hanno avuto a che fare con Stamina e che hanno violato, tutti dal primo all'ultimo, le leggi del nostro paese. In buona fede? Non lo so, forse per ignoranza o per mancanza di rigore nel loro lavoro, ma le hanno violate.
Ma andiamo con ordine: Vannoni (non è medico nemmeno lui ) un bel giorno dice di saper curare tante malattie con preparazioni che a detta sua contengono staminali mesenchimali che saprebbero trasformarsi in neuroni, di più non si sa, è un segreto. Per prescrivere e somministrare quella cura però servono dei medici e Vannoni li trova a Trieste e a San Marino. Il più convinto è Marino Andolina - che sarà poi anche vice-presidente della Stamina Foundation – che però nel prescrivere e somministrare agli ammalati un preparato non approvato dall’ Istituto Superiore di Sanità e dall’AIFA viola la legge e viola anche il codice deontologico: "sono vietate l'adozione e la diffusione di terapie e presidi diagnostici senza adeguata sperimentazione e documentazione clinico-scientifica, nonché di terapie segrete".
L'Ordine dei Medici a questo punto avrebbe il dovere di intervenire, l'avessero fatto la questione Stamina sarebbe finita lì. Quando Andolina è costretto a lasciare l’Ospedale di Trieste lui e Vannoni puntano su Brescia. Quell'Ospedale però non ha una struttura autorizzata a coltivare e manipolare le cellule per scopi terapeutici, e allora? Lo fanno lo stesso violando la legge. A chi glielo fa notare i medici di Brescia rispondono di essere autorizzati dall'Aifa ma non è vero. Non solo, nel maggio 2012 il Direttore dell’AIFALuca Pani - emette un’ordinanza di blocco (leggetela, è l’unico esempio di rispetto delle normative e di rigore in tutta questa faccenda). Nonostante questo i medici di Brescia, che nel frattempo avevano già fatto decine di trattamenti, vanno avanti come se nulla fosse. Forti anche dell’avvallo del Comitato Etico che - in contrasto con tutte le leggi in vigore oggi in Italia sulla sperimentazione clinica e perfino con quelle che regolano la stesura del consenso informato - approva quella “cura”.

Come se non bastasse, i medici che infondono questi preparati dicono di non sapere cosa infondono, e così violano sia le leggi dello Stato che quelle dell'etica. "E allora perché lo fate ?" - chiedo un giorno a uno di loro - "Ce lo impongono i giudici ". "I giudici ? Non spetta a loro stabilire cosa si può fare e cosa no per curare le malattie".
"Noi non prescriviamo nulla - dicono i giudici - noi disponiamo che si dia seguito alla prescrizione di un medico".

Benissimo. Ma quello che quel medico prescrive dovrebbe essere “prescrivibile”, o no? E chi meglio di un giudice per giudicare se questa circostanza sussista (per dirla come dicono loro)?
Dato che la “cura” Stamina non può essere prescritta da nessun medico, come possono i giudici imporre all' Ospedale di Brescia di farlo?
Loro si trincerano dietro la legge Turco, quella delle “cure compassionevoli" ma quella legge con Stamina non c'entra niente. Di fronte a una malattia grave che non ha altre possibilità di cura e solo in casi eccezionali, la legge autorizza l'impiego di farmaci o procedure non ancora registrate purché 1. siano disponibili dati scientifici su riviste internazionali che attestino la sicurezza 2. le preparazioni rispettino i requisiti di qualità imposti dalle autorità competenti 3. siano già conclusi gli studi di fase due e avviati quelli di fase tre. Stamina non soddisfa nessuno di questi requisiti, insomma la legge a cui fanno riferimento i giudici (e Vannoni) dice tutt'altro. Così si arriva alla Commissione del Ministero che a regola non servirebbe perché in Italia nessuno può fare terapia cellulare senza l'autorizzazione dell'Istituto Superiore di Sanità e dell'AIFA. Ma con gli ammalati da una parte che vogliono comunque una cura e i giudici dall'altra che ti chiedono di farlo, la decisione del ministro di sottoporre Stamina alle regole della scienza era l'unico modo per fare emergere quello che adesso è sotto gli occhi di tutti.
La Commissione dichiara Stamina inutile e pericolosa. A quel punto nessun medico dovrebbe più poter prescrivere, e senza ricetta non c'è giudice che possa imporre alcunché. Gli uni e gli altri però vanno avanti al di fuori delle regole e delle leggi. Nel frattempo Vannoni ricorre al TAR del Lazio che invalida le conclusioni della Commissione "in quanto provviste di sufficiente fumus non essendo garantita l'imparzialità di giudizio di quegli scienziati che si sono già espressi contro stamina".

Questa sentenza non viola nessuna legge ma è contro il senso comune. Perché? Mi spiego con un esempio che ho preso a prestito da un matematico vero, Franco Brezzi. Ammettiamo che al TAR del Lazio venga chiesto di dirimere una controversia contro il Ministero della Ricerca Scientifica e che la controversia riguardi il fatto che 5+3 faccia 8 oppure 2. E ammettiamo che il Ministero abbia già deciso che 5+3 fa 8 in base al parere di un Comitato di esperti costituito da professionisti che in passato avevano già espresso forti perplessità o addirittura accese critiche all’idea che 5+3 possa fare 2. E’ verosimile, per analogia con quanto è successo con l’ordinanza recente sul problema di Stamina, che il TAR ritenga ammissibile l’azione intentata contro il Ministero da chi pensa che 5+3 fa 2 in quanto “provvista di sufficiente fumus” non essendo garantita l’obbiettività e l’imparzialità del giudizio di quei scienziati che si sono espressi già a favore del fatto che 5 +3 non fa 2 ma 8. A questo punto la decisone del Ministro sarà sospesa e si dovrà individuare un altro gruppo di esperti eventualmente anche internazionali evitando però di scegliere fra coloro che nel corso della loro carriera abbiano sostenuto anche solo una volta che 5+3 fa 8.
Così ci sarà un'altra Commissione. Tempo e soldi buttati, e un rischio: che la gente cominci a pensare che nel "mirabile liquore" di Vannoni qualcosa di buono ci possa essere se servono tanti professori chiamati addirittura dall’estero e financo dagli Stati Uniti per dire che non è vero.

Versione integrale dell'articolo pubblicato su Il Corriere della Sera del 22 gennaio 2014

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