Sono stati i problemi di carattere economico, oltre che politico, che hanno indotto negli anni Ottanta all’abbandono del nucleare, sia pure in uno scenario politico, economico e ambientale assai diverso, ma anche in assenza di prospettive di sviluppo delle energie rinnovabili [1].
Sono di nuovo questi problemi che hanno rallentato la rinascita del nucleare, raffreddando molti entusiasmi iniziali e determinando la sospensione di molti progetti, ritardando quelli già avviati.
E sono proprio questi problemi che - secondo molti esperti - condurranno a un secondo, questa volta definitivo, accantonamento del nucleare [2]: un rapporto pubblicato negli Stati Uniti nel giugno del 2008, riesaminando l’intera vicenda del revival del nucleare conclude – riecheggiando le considerazioni di Smil - che è improbabile che l’energia nucleare possa svolgere un ruolo preminente nello sforzo globale per contenere il cambiamento climatico [3].
Cominciamo con la storia di due impianti nucleari la cui realizzazione è stata avviata sull’onda della rinascita del nucleare.
Olkiluoto, Finlandia
Nel 2002 la Finlandia decide di costruire una nuova centrale per la produzione di 1600 MW. Il luogo prescelto è Olkiluoto, un’isola nel Mar Baltico. L’appalto è assegnato alla multinazionale francese Areva, che intende usare l’impianto di nuovissima generazione come una sorta di manifesto pubblicitario del revival nucleare. I lavori, a causa di difficoltà e imprevisti nella progettazione, cominciano tre anni dopo, nel 2005. La costruzione avrebbe dovuto essere conclusa in quattro anni, nel 2009, a un costo di 3 miliardi di euro. Nell’ottobre del 2009 la data di ultimazione è collocata alla fine del 2012. Nell’estate del 2010 nessuno azzarda più previsioni. Nel frattempo, la stima dei costi dell’impianto è salita a 6 miliardi di euro, il doppio di quanto inizialmente previsto. Le perdite di Areva per essersi contrattualmente assunta la copertura di costi aggiuntivi ammontavano nel 2008 ad oltre un miliardo di euro[4].
Darlington, Ontario, Canada
Lo Stato canadese dell’Ontario, che già soddisfa il 50% del suo fabbisogno di elettricità con impianti di energia nucleare, ha approvato un piano per sostituire entro il 2014 tutti gli impianti a carbone, nell’ambito della propria politica di contenimento del cambiamento climatico. In attuazione di questo piano, nel marzo del 2008 ha indetto una gara d’appalto per assegnare la realizzazione di due impianti nucleari di nuova generazione vicino alla città di Darlington, in sostituzione dei vecchi impianti attualmente in funzione.Tra le offerte pervenute solo Atomic Energy of Canada si è dichiarata disponibile ad assumersi il rischio di aumenti imprevisti dei costi, come richiesto nelle condizioni di partecipazione, indicando però un costo per la realizzazione dei due impianti di 26 miliardi di dollari, quasi quattro volte l’importo stimato dallo Stato (costi lievemente inferiori sono stati indicati da altri partecipanti alla gara, tra cui Westinghouse e Areva, ma entrambi si sono rifiutati di assumere integralmente il rischio di futuri aumenti dei costi). In sostanza, ciascun KW prodotto dai nuovi impianti avrebbe un costo di 10.800 dollari, rispetto a 2900 dollari per KW della stima iniziale e a 3600 dollari per KW che erano stati indicati nel 2008 come il limite massimo oltre il quale l’investimento non sarebbe stato economico [5]. Nel luglio del 2009 la realizzazione degli impianti di Darlington è stata sospesa [6]. In entrambi i casi, per la gioia di tutti quelli che sono convinti che la storia si ripeta, i conti non tornano.
Qualcosa però è cambiato rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta: mentre allora le stime proposte dai gruppi industriali e finanziari sostenitori dell’espansione dell’energia nucleare erano state prese per buone senza eccessive verifiche, questa volta molti istituti di ricerca pubblici e privati, esperti incaricati da società di consulenza finanziarie e tecnici designati da potenziali acquirenti dei nuovi reattori hanno verificato la capacità di sviluppo del nucleare e l’effettiva convenienza degli investimenti nel settore.
Il Rapporto del MIT
Nel 2003 il rapporto del MIT conclude che l’energia nucleare avrà un ruolo importante, unitamente ad altri (tra cui le energie rinnovabili), per soddisfare in futuro i bisogni di energia senza aggravare il cambiamento climatico: il rapporto è spesso citato da sostenitori del nucleare, omettendo però di considerare che esso avverte che le previsioni sono ragionevoli purché siano soddisfatte due condizioni [7].
In primo luogo l’introduzione di una carbon tax o di un altro sistema che internalizzi i costi sociali e ambientali dei combustibili fossili o dia ad essi un prezzo (come per esempio l’introduzione di diritti di emissione), non potendo altrimenti divenire l’energia nucleare economicamente competitiva (pur essendo nettamente preferibile dal punto di vista ambientale) [8]. In secondo luogo, una progressiva riduzione dei costi unitari dell’energia prodotta (c.d. costi livellati) necessari per finanziare, costruire e mantenere una centrale nucleare, ritenuti eccessivi [9].
In realtà, mentre la prima delle condizioni ipotizzate dal Rapporto MIT è in corso di realizzazione in vari paesi (tra cui l’Unione europea), per ciò che concerne la seconda condizione, i costi non solo non si riducono, ma sono progressivamente aumentati (come del resto confermano gli esempi dai quali abbiamo preso le mosse).
Ben presto quindi le stime del Rapporto MIT si sono rivelate non solo ottimistiche, ma irreali sicché in un aggiornamento del 2009 il Rapporto offre indicazioni ben diverse: pur affermando che “rispetto al 2003, ci sono molti più motivi per far ricorso all’energia nucleare ed è necessario un maggior sforzo per consentire a questa opzione di svolgere un ruolo per affrontare la sfida del cambiamento climatico”, osserva che il costo per la sola costruzione della centrale è passato da 1750 euro\KW a oltre 3000 euro\KW [10]. Questo dovrebbe portare i costi effettivi, tenendo cioè conto della remunerazione degli investimenti, a superare i 3700 euro\KW (4000 $\KW) [11] e addirittura, secondo previsioni formulate nel 2007 di uno dei maggiori produttori di elettricità per mezzo di energia nucleare negli Stati Uniti ad un costo vicino ai 7000 euro\KW (8000 $\KW) [12].
Questi
costi si ripercuotono naturalmente sui costi dell’elettricità per
il consumatore finale.
Le
previsioni formulate nei primi anni del decennio indicavano costi
assai bassi, non superiori a 5\6 cent. di dollaro per KW\ora. Ma
questi dati si riferivano per lo più all’elettricità prodotta da
impianti da lungo tempo esistenti, ove tutti i costi di costruzione e
degli investimenti erano già stati assorbiti.
Le valutazioni sono mutate nel corso degli anni, con valori costantemente in ascesa. Uno studio del 2009 che ha avuto vasta notorietà (è il c.d. Rapporto Cooper) ha raccolto e analizzato dodici valutazioni formulate da esperti indipendenti ed ha concluso che l’elettricità prodotta con il nucleare costerà non meno di 12 cent.$ per KW\ora[13]; una valutazione analoga è effettuata dalla società di consulenza Moody che colloca il costo a 14 cent. $ KW\ora. Altri ritengono che si potrebbero raggiungere anche 20 cent. $ per KW\ora [14].
Perché i dati divergono?
La differenza tra i dati forniti dai gruppi industriali, finanziari e politici interessati allo sviluppo del nucleare e i dati effettivi dipende in genere da due ragioni.
Prima di tutto, i produttori calcolano i costi di costruzione dell’impianto sulla base della c.d. “overnight capital costs”, cioè come se l’impianto fosse costruito istantaneamente, in una sola notte e quindi escludendo tutti i costi finanziari dell’investimento e i rischi di ritardi e imprevisti. L’ipotesi costituisce una ragionevole semplificazione in caso di progetti che vengono realizzati in breve tempo, ma diventa irrealistica per progetti di grande complessità, la cui costruzione richiede molti anni di attività. Se si considerano i tempi necessari per la costruzione (tra l’altro, circa doppi di quelli inizialmente stimati, come l’esperienza insegna) i risultati cambiano radicalmente [15].
Poi, i dati diffusi tengono generalmente conto dei soli costi di gestione dell’impianto, senza tenere conto degli investimenti effettuati e quindi dei costi finanziari del capitale. In un’intervista pubblicata su Newsweek Patrick Moore (il fondatore di Greenpeace ora favorevole al nucleare) così risponde all’osservazione secondo cui molti studi concludono che il nucleare non è competitivo se non con forti sussidi pubblici: “Non è vero. Il costo della produzione di elettricità degli impianti attualmente in funzione negli Stati Uniti è – senza tener conto dei costi del capitale e degli investimenti - di 1,68 cent per KW/ora: molto basso, paragonabile all’elettricità prodotta con impianti a carbone e 1/3 di quella prodotta con il gas naturale. L’elettricità prodotta con impianti eolici costa 5 volte di più e dieci volte di più quella prodotta con impianti solari” [16].
È così, ma appunto solo perché non si tiene conto del costo degli investimenti per la realizzazione degli impianti: è come se Moore dicesse che ha comprato una casa facendo un ottimo affare, senza tenere conto del mutuo da pagare (tra l’altro, applicando questo stesso criterio, l’energia eolica e l’energia solare dovrebbero essere considerate gratuite).
In effetti, compensati gli investimenti effettuati (e quindi, per proseguire nell’esempio, pagato il mutuo), le affermazioni di Moore sono corrette. Se si considerano gli impianti nucleari esistenti, nei quali gli ingenti costi sopportati per la loro realizzazione sono stati già remunerati, l’energia prodotta costa assai poco e offre anche, se la gestione e la manutenzione sono effettuate con oculatezza (pur rispettando elevati livelli di sicurezza), elevati profitti. Non è però così per nuovi impianti: se si tiene conto dei costi complessivi necessari per la loro realizzazione (anche senza tenere conto di tutti i rischi derivanti dai ritardi, dalla fluttuazione degli interessi nel corso di un lungo periodo di tempo, calcolato generalmente in venti anni) l’energia nucleare risulta più costosa non solo del gas naturale [17], ma anche di varie fonti di energia rinnovabile.
In uno studio comparativo aggiornato nel febbraio del 2009 Lazard, una delle più accreditate società di consulenza finanziaria statunitensi, ha concluso che i costi relativi al nucleare per KW\ora erano più alti di qualsiasi altro metodo di produzione di elettricità: non solo del gas, ma anche delle energie rinnovabili (tra cui principalmente l’energia eolica) [18]. Solo l’energia solare è attualmente più cara [19]. Ma per questa, ancor più che le altre energie rinnovabili, è prevedibile un consistente abbattimento dei costi nel corso dei prossimi decenni, mentre i costi del nucleare restano, e prevedibilmente resteranno, in costante ascesa.
Lo studio di Lazard è stato preceduto, con risultati simili, da una comparazione tra le diverse modalità di produzione dell’elettricità effettuata da EnergyEnvironmental Economics, una società indipendente di consulenza su incarico della California Energy Commission, utilizzando un diverso criterio (il c.d. busbar cost), cioè valutando il costo di produzione dell’elettricità prodotta dall’impianto, senza considerare i costi di trasmissione all’utente finale [20].
Il costo dell’elettricità prodotta con energia nucleare costa 15.3 cent/KWora a fronte di 8.9 cent per KW\ora dell’energia eolica, e 8.5 cent per KW\ora del biogas. Addirittura, secondo questo studio il nucleare risulta scarsamente competitivo anche con il carbone pulito (quindi utilizzato applicando tecnologie che riducono le emissioni di CO2 - processi di gassificazione o prelievo e stoccaggio preventivo della CO2) sempreché esso divenga utilizzabile su vasta scala, il cui costo dovrebbe variare tra 10.5 e 17.3 cent\KWora.
In sostanza, la realizzazione delle centrali nucleari impone costi che nessun imprenditore è in grado di affrontare, con il rischio di offrire, allorché le centrali nucleari saranno realizzate, elettricità a costi superiori a quelli di altre energie. Il nucleare può essere avviato solo se della maggior parte dei suoi costi si fa carico lo stato, finanziandoli attraverso prelievi fiscali [21] e attraverso un aumento delle bollette a carico del consumatore [22](o anche, come è stato provocatoriamente osservato, imponendo non una carbon tax, ma paradossalmente una sorta di green tax per mantenere i prezzi delle energie rinnovabili al livello di quelli imposti dal nucleare).
È sulla base di questi conti che il già citato Rapporto Cooper conclude che “La tanto acclamata rinascita del nucleare è basata non sui fatti, ma su finzioni” [23].
Una fonte di energia incompatibile con il mercato
In realtà, è condivisibile la conclusione di Clò, secondo cui lo sviluppo del nucleare è incompatibile con il mercato e, specificatamente, con un assetto liberalizzato del mercato dell’energia, quale si è affermato negli ultimi anni in tutti i paesi post-industrializzati è [24]: questo spiega perché la rinascita del nucleare si è concentrata prevalentemente nei paesi emergenti, ove prevale una impostazione dirigista dell’economia e ove lo stato mantiene il ruolo di finanziatore prima e regolatore delle tariffe poi.
Possiamo aggiungere che, per queste stesse ragioni, lo sviluppo del nucleare è reso più difficile in sistemi democratici, dove le decisioni debbono giungere alla fine di un processo di partecipazione e verifica delle varie posizioni, gestito in modo trasparente e imparziale.
Sono queste le ragioni per le quali nella maggior parte dei paesi interessati coinvolti dal revival nucleare si è avviata una accurata riflessione che, partendo dall’entità dei costi e degli investimenti necessari, è giunta a mettere in dubbio la stessa ragionevolezza della rinascita nucleare. Perfino il paese europeo portabandiera della scelta nucleare, la Francia, è percorso da dubbi e perplessità (provocate anche dal disastro di Olkiluoto in Finlandia, dalle difficoltà della realizzazione dell’unica centrale attualmente in costruzione sul territorio francese a Flamanville) [25].
Nessuna riflessione sembra essersi avviata in Italia. Secondo dati ufficiali resi pubblici nel 2008, le prime quattro centrali da realizzare a partire dal 2013 dovrebbero avere un costo di 3\3,5 miliardi di euro ciascuna. Tuttavia, se si tiene conto delle verifiche nel frattempo intervenute, dell’incremento dei costi nel corso di questi anni, degli inevitabili ritardi rispetto ai tempi di costruzione previsti, e, da ultimo, di quanto sta accadendo a Olkiluoto in Finlandia e nella costruzione della centrale “gemella” a Flamanville, in Normandia, è ragionevole ipotizzare che i costi saranno, se i progetti verranno effettivamente realizzati, non inferiori a 9\10 miliardi di euro [26].
Conclusioni
Che bilancio trarre dalle considerazioni precedenti? Se si deve scegliere tra sviluppo del nucleare e l’attuale modo di produzione dell’elettricità, basato principalmente sul carbone e sul gas naturale, è agevole concludere che il nucleare, per quanto elevati siano i costi (ma non dimentichiamo che i costi degli altri combustibili fossili sono in realtà ben superiori anche se invisibili perché scaricati sulla collettività) deve essere comunque sviluppato in modo da attenuare l’impatto climatico e da fronteggiare il progressivo esaurimento dei combustibili fossili.
Ma la scelta è oggi un’altra.L’obiettivo è quello di comporre una “tavolozza energetica” utilizzabile nei prossimi quattro o cinque decenni valutando tutti i metodi di produzione dell’energia tecnologicamente disponibili in modo da scegliere e dosare opportunamente quelli che permettono di soddisfare il fabbisogno di elettricità globale, ma anche dei singoli stati che compongono la comunità internazionale, senza aggravare il cambiamento climatico e senza incrementare la dipendenza geopolitica, operando nello stesso tempo nel modo più sicuro, efficiente e economico possibile.
In questa tavolozza energetica il nucleare non può trovare spazio perché è più economico rispetto ad altre fonti di produzione di energia, specificatamente rispetto alle energie rinnovabili, cui possiamo aggiungere il carbone pulito. Abbiamo visto che questa affermazione, che pure ha sorretto il rilancio del nucleare, non è corretta e non è sostenibile.
Questo non vuol però dire che l’energia nucleare non possa trovare alcuno spazio: la sua utilizzabilità dipende dalle previsioni di sviluppo e di utilizzabilità delle energie rinnovabili.
Se si ritiene che queste ultime, nonostante il forte sviluppo tecnologico che le caratterizza, non possano essere in grado, di qui a quindici o venti anni, di coprire anche la quota di produzione di elettricità che si intende attribuire al nucleare, è chiaro che quest’ultimo, per quanto costoso, non può essere abbandonato, se si vuole soddisfare il prevedibile fabbisogno energetico globale o nazionale senza un incremento di emissioni che producono il cambiamento climatico.
In effetti, da quando è sempre più chiara la reale dimensione dei costi e degli investimenti che l’energia nucleare richiede, si è diffusa l’argomentazione secondo cui le fonti di energia rinnovabile non sarebbero in grado di sopperire, nei prossimi decenni e in attesa di un adeguato sviluppo delle tecnologie necessarie, ai crescenti bisogni di elettricità a livello mondiale o dei singoli stati. Molti ritengono che esse possono soddisfare solo una quota limitata del fabbisogno energetico nei prossimi decenni anche perché le tecnologie necessarie per un loro ulteriore sviluppo richiedono ancora molto tempo per divenire commercialmente ed economicamente sostenibili [27]. A ciò deve aggiungersi che una massiccia conversione della produzione di energia verso le fonti rinnovabili (eolico e solare principalmente) non potrebbe essere attuata con tempi rapidi perché essa richiede consistenti modifiche nel modo di vivere e una ristrutturazione spaziale e territoriale con profondi effetti sociali [28].
L’energia nucleare sarebbe così lo strumento necessario per consentire il passaggio da un mondo il cui sviluppo è basato sui combustibili fossili ad un mondo, che si delinea all’orizzonte ma non è ancora attuale, il cui sviluppo energetico è basato su fonti rinnovabili.
Non tutti sono però d’accordo. Secondo Hermann Scheer, presidente del Forum internazionale per le energie rinnovabili è già oggi possibile soddisfare la domanda globale di elettricità utilizzando solo fonti rinnovabili di energia, facendo a meno dei combustibili fossili e dell’energia nucleare [29]. Della stessa opinione è, in Germania, il Direttore dell’organismo governativo federale preposto allo sviluppo delle energie rinnovabili secondo il quale il paese potrà funzionare coprendo la totalità del suo fabbisogno elettrico con energie rinnovabili già nel 2050, se vi sarà la volontà.
Note
- 1. Per la verità, uno slancio verso lo
sviluppo di energie rinnovabili si è verificato nel 1973 in
occasione della prima crisi petrolifera, ben presto arenatosi
allorché i prezzi dei combustibili fossili sono nuovamente
diminuiti.
- 2. David Biello, Will the Nuclear
Power Renaissance Ever Reach Critical Mass?, in Scientific American
21 maggio 2009, p.40.
- 3. JOE ROMM, The Self-Limiting Future of
Nuclear Power, Center for American Progress Action Fund, giugno 2008,
pag.3.
- 4. È stato stimato che le perdite
subite in Finlandia hanno già bruciato i guadagni di Areva nella
realizzazione dei prossimi dieci impianti: si veda ANNE-SYLVAINE
CHASSANY, Areva to Settle Finnish Project Loss With Client TVO,
16\10\2008 consultabile in
www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601090&sid=aNHcrUQUJmu0
- 5. Sulla vicenda di Darlington si veda
CRAIG A. SEVERANCE, Boiling The Frog: Nuclear Optimism Hides True
Costs Till It's Too Late in Energy Economy Online, 24 luglio 2009
consultabile in http://energyeconomyonline.com/Boiling_the_Frog.html
- 6. Un riassunto delle condizioni della
gara e del suo svolgimento è in
http://news.ontario.ca/mei/en/2009/06/nuclear-procurement-project-update....
- 7. The future of nuclear power. An
interdisciplinary MIT study, MIT, Cambridge 2003, con sultabile in
http://web.mit.edu/nuclearpower/
- 8. Nello stesso senso si veda Splitting
the cost. Nuclear energy is unlikely to work without a carbon tax in
The Economist 12\11\2009, consultabile in
www.economist.com/research/articlesBySubject/displaystory.cfm?subjectid=....
Non bisogna dimenticare che il prezzo dell’elettricità prodotta
con i combustibili tradizionali è fittizio, in quanto non include
tutti i costi che vengono esternalizzati e ricadono sulla
collettività a livello globale o nazionale. Con riferimento al
petrolio, ma discorso analogo può farsi per il carbone, l’economista
inglese Nicholas Stern, autore di un importante studio sugli effetti
economici degli interventi per contenere il cambiamento climatico, ha
osservato che esso costituisce “il più grande disastro provocato
dall’economia di mercato”. Uno studio dell’Unione europea ha
dimostrato che se si dovesse tenere conto delle esternalità
provocate sull’ambiente e sulla salute umana dall’estrazione, dal
trasporto e dall’uso di combustibili fossili per la sola produzione
di elettricità, attualmente scaricati sulle collettività, senza
prendere in considerazione tutti i costi connessi con i danni
provocati dal cambiamento climatico,e senza tener conto dei costi
provocati dagli incidenti nelle operazioni di estrazione, dalle
guerre e dai conflitti per il controllo di queste fonti di energia il
costo dell’energia elettrica sarebbe almeno doppio in caso di uso
di carbone e petrolio, e maggiore del 30% in caso di uso di gas
naturale: si veda COMMISSIONE DELL’UNIONE EUROPEA, ExternE –
Externalities of Energy, Bruxelles 2001. La ricerca e i dati hanno
continuato ad essere aggiornati nell’ambito del progetto ExternE,
consultabile in http://www.externe.info/.
- 9. Il c.d. “costi livellati
dell’energia” (generalmente denominati Levelised Energy costs -
LEC o levelized cost of energy generation - LCOE) sono usati per
comparare i costi dell’energia prodotta da diversi impianti;
includono la remunerazione degli investimenti effettuati, tenendo
conto della presumibile durata dell’impianto, a partire dalla
progettazione, i costi di costruzione, la gestione e la manutenzione
dell’impianto e il costo del combustibile. Generalmente non
includono i costi di smontaggio e bonifica al termine della vita
dell’impianto.
- 10. Rapporto MIT, Update for the 2003
Report, 2009.
- 11. Il dato è offerto da Bloomberg con
riferimento alla decisione di American Electric Power di non
investire in nuove centrali nucleari ed è riferito in vari mezzi di
stampa. SI veda: AEP not interested in nuclear plants in Tulsa World,
29 agosto 2007, in
www.tulsaworld.com/business/article.aspx?articleID=070829_5
- 12. Così ROMM, cit., pag.4.
- 13. Cfr. MARK COOPER, The Economics Of
Nuclear Reactors: Renaissance Or Relapse?, Institute for energy and
the environment, Vermont law school, giugno 2009, consultabile in
www.vermontlaw.edu/Cooper%20Report%20on%20Nuclear%20Economics%20FINAL%5B.
- 14. Vedi DAVID BIELLO, cit., che riporta
altri studi compiuti da Wall Street e analisti indipendenti.
- 15. Le stime già raddoppiano solo
considerando i costi finanziari dell’investimento, e tenendo per
ogni altro verso ferma l’ipotesi “overnight”, quindi non
considerando tutti gli imprevisti e le variazioni di prezzi che
inevitabilmente si verificano nel corso della costruzione. In
proposito, si veda: How much?: For some utilities, the capital costs
of a new nuclear power plant are prohibitive, in Nuclear Engineering
International, 20\11\2007 in
www.neimagazine.com/story.asp?storyCode=2047917. YANGBO DU - JOHN E.
PARSONS, Update on the Cost of Nuclear Power, Centre for Energy and
Environmental Policy Research, maggio 2009 consultabile in
http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1470903 passano in
rassegna le centrali in corso di realizzazione in Giappone, Corea,
Finlandia, Francia per verificare gli incrementi dei costi. Gli
autori, sostituendo all’ipotesi “overnight” una previsione di
realizzazione della centrale nello spazio di tempo di cinque anni, e,
senza inserire alcun imprevisto, tenendo conto solo di una
remunerazione dei capitali investiti del 11,5%, concludono che il
costo aumenta del 75%.
- 16. Si veda FAREED ZACHARIA, A Renegade
Against Greenpeace: Why he says they’re wrong to view nuclear
energy as ‘evil’ in Newsweek, 12\4\2008, in
www.newsweek.com/id/131753/output/print.
- 17. Si veda su questo tema HANS-HOLGER
ROGNER -LUCILLE LANGLOIS, The Economic Future of Nuclear Power in
Competitive Markets, International Atomic Agency 2002 consultabile in
www.aaee.unsw.edu.au/1stcall/papers/Rogner.PDF
- 18. Anche questo studio ha usato i costi
livellati dell’energia: cfr. LAZARD, Levelized Cost of Energy
Analysis - Version 3.0, febbraio 2009. La versione 2.0 è del giugno
2008. Per ciò che riguarda l’impossibilità di formulare
previsioni sui costi dell’energia nucleare, è stato osservato
nell’agosto del 2008 dall’autorevole Nuclear Engineering
International: “è chiaro che è completamente impossibile offrire
oggi stime definitive sui costi dei nuovi impianti per la produzione
di energia nucleare”: si veda “Escalating Costs of New Build:
What Does it Mean?” del 22\8\2008 citato da SEVERANCE, Business
Risk, cit., pag.12.
- 19. Anche il Rapporto Cooper conclude
che l’energia solare (il fotovoltaico) non è competitiva con il
nucleare: cit., pag.43. Ma molti prevedono che essa diventerà
competitiva nel giro di pochi anni, se vi saranno sufficienti
investimenti nella ricerca e sviluppo: si veda ARJUN MAKHIJANI, Les
coûts de l’énergie nucléaire : de plus en plus élevés in IEER
| Énergie et Sécurité No. 40 in
www.ieer.org/ensec/no-40/no40frnc/costs.html. Dello stesso Autore si
veda Carbon-Free and Nuclear-Free, Progetto congunto del Nuclear
Policy Research Institute e dell’Institute for Energy and
Environmental Research, IEER Press and RDR Books, 2007. Tuttavia, un
rapporto che ha avuto diffusione anche in Italia e che ha affermato
che i costi dell’energia solare sarebbero divenuti negli ultimi
anni pari a quelli dell’energia nucleare è risultato non
attendibile: mi riferisco a JOHN O.BLACKBURN – S.CUNNINGHAM, Solar
and Nuclear Costs. The Historic Crossover, NC WARN, 2010, in
www.ncwarn.org sul quale vedi DAREN BAKST E CARLO STAGNARO, Costi a
confronto: fra energia nucleare ed energia solare, non c’è storia
in IBL Briefing Paper 4 settembre 2010 in
www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=9612.
- 20. Sono quindi presi in considerazione
tutti i costi degli investimenti, del combustibile e le spese di
gestione e manutenzione dell’impianto. Vedi lo studio in
www.ethree.com/public_projects/cpuc.html
- 21. Si veda ARGONNE NATIONAL LABORATORY,
The Economic Future of Nuclear Power: A Study Conducted at the
University of Chicago 9-2, 2004.
- 22. Invece, secondo lo studio
Ambrosetti, il nucleare porterebbe al sistema economico italiano un
risparmio da 4,5 a 11 miliardi di euro l ’anno e in 10 anni i costi
di produzione dell’energia – attualmente, tra i più cari in
Europa - si ridurranno fino a 69 miliardi di euro con vantaggi per
l’utente finale (anche se la riduzione è ipotizzata solo a medio
termine tenuto conto degli elevati costi fissi iniziali). Tuttavia,
lo studio non affronta il problema dei costi delle centrali da
realizzare né delle modalità con le quali questi costi dovrebbero
essere coperti, sicché non è possibile comprendere se la riduzione
del carico finale per il consumatore sarà annullato da un aumento
del carico fiscale.
- 23. MARK COOPER, cit., pag.66
- 24. Vedi ALBERTO CLO’, cit. pag.47
segg.; vedi anche le critiche alle modalità con le quali la
liberalizzazione è stata gestita nell’Unione Europea in VALERIA
TERMINI, cit.
25. Si veda Team France in Disarray in
The Economist, 4\10 dicembre 2010, p.73
- 26. Per una critica sui costi del
nucleare in Italia si veda ANGELO BARACCA, L’Italia torna al
nucleare? I costi, i rischi, le bugie, Jaca Book 2008.
- 27. Così BOSSELMAN, cit., pag.18 e
segg. Secondo le previsioni della IEA, nel 2030 la quota della
produzione globale da attribuirsi alle energie rinnovabili dovrebbe
salire al 23,3%, con un raddoppio dell’energia prodotta da fonti
idroelettriche e dell’energia eolica.
- 28. Si vedano DAVID MACKAY, Sustainable
Energy in www.withouthothair.com/ e SMIL, cit.
- 29. HERMANN SCHEER, Autonomia
energetica. Ecologia, tecnologia e sociologia delle risorse
rinnovabili, Edizioni Ambiente, Milano 2006.