fbpx Il nucleare militare dell’Iran: dubbi e problemi | Scienza in rete

Il nucleare militare dell’Iran: dubbi e problemi

Primary tabs

Read time: 3 mins

Come previsto, il rapporto di Yukiya Amano, Direttore Generale dell’International Atomic Energy (IAEA) di Vienna, dell’8 Novembre scorso sui programmi nucleari militari dell’Iran (http://www.armscontrol.org/system/files/IAEA_Iran_8Nov2011.pdf) ha immediatamente innescato una discussione non scevra da polemiche anche aspre e prodotto alcune prime reazioni istituzionali.

Per diversi osservatori la conclusione del rapporto, in sostanza, è chiara e allarmante: esistono “serie preoccupazioni riguardo alle possibili dimensioni militari” del programma militare iraniano. E questo porta addirittura Edelman et al. ad auspicare un intervento militare americano “prima che sia troppo tardi” (http://www.foreignaffairs.com/articles/136655/eric-s-edelman-andrew-f-krepinevich-jr-and-evan-braden-montgomer/why-obama-should-take-out-irans-nuclear-program). In Israele (che, ricordiamo, possiede un arsenale nucleare non dichiarato) Benjamin Netanyahu, nonché Tzipi Livni e Shaul Mofaz (ambedue membri di Kadima), hanno subito auspicato che la comunità internazionale si mobiliti immediatamente affinché l’Iran abbandoni un programma nucleare che mette in pericolo la pace nel mondo, e nel Medio Oriente in particolare.

Dai dati riportati nel rapporto, molto schematicamente, l’Iran sarebbe impegnato in: a) produzione di tetrafluoruro di uranio (il cosiddetto “Sale Verde”), un precursore dell’Uranio altamente arricchito (HEU) utilizzabile per la costruzione di armi nucleari; b) sperimentazione di materiali altamente esplosivi (EBW, Exploding BridgeWires) atti ad essere utilizzati in una testata nucleare (materiali che Teheran ammette di avere allo studio, ma per utilizzarli in armi convenzionali); c) test degli EBW per controllare l’affidabilità dei progetti di testate nucleari; d) sviluppo e modellizzazione al calcolatore di testate nucleari di caratteristiche tali da poter essere installate sui missili Shahab-3.

Secondo altri osservatori, che mettono in particolare evidenza il fatto che il report dell’IAEA sia costruito utilizzando anche immagini satellitari e dati di intelligence di altri Paesi occidentali, il documento non rivela affatto una “pistola fumante” ed è, forzatamente e strumentalmente, allarmante.

Comunque, nonostante l’invito della Cina a dimostrare “flessibilità e sincerità”, Ahmadinejad ha catalogato il rapporto dell’IAEA una sorta di macchinazione anti-Iran e riconfermato che l’Iran non intende modificare di “uno iota” il suo programma nucleare, il quale non ha assolutamente fini militare (“Non abbiamo bisogno della bomba atomica”). La Casa Bianca sembra non voler alimentare “battaglie di parole” e mantiene una atteggiamento saggiamente molto prudente e “curiosamente moderato” (http://www.nytimes.com/2011/11/11/opinion/americas-real-iran-problem.html?_r=2&ref=global).

L’eventuale impegno dell’Iran in attività di ricerca finalizzate a sviluppare e costruire testate nucleari, riportato nel rapporto IAEA, costituirebbe – ovviamente - una violazione del Trattato di Non proliferazione (TNP), al quale l’Iran ha aderito già nel 1974 e certamente questo e tutti gli altri aspetti del problema dovranno essere esaminati dai 35 membri del Board of Governors dell’IAEA che si riunirà dal 17 al 18 Novembre prossimi.

Nota: Le idee e le opinioni riportate in questo articolo sono personali dell'autore e non rappresentano le posizioni delle Istituzioni.

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Ostacolare la scienza senza giovare agli animali: i divieti italiani alla sperimentazione

sagoma di macaco e cane

Divieto di usare gli animali per studi su xenotrapianti e sostanze d’abuso, divieto di allevare cani e primati per la sperimentazione. Sono norme aggiuntive rispetto a quanto previsto dalla Direttiva UE per la protezione degli animali usati a fini scientifici, inserite nella legge italiana ormai dieci anni fa. La recente proposta di abolizione di questi divieti, penalizzanti per la ricerca italiana, è stata ritirata dopo le proteste degli attivisti per i diritti degli animali, lasciando in sospeso un dibattito che tocca tanto l'avanzamento scientifico quanto i principi etici e che poco sembra avere a che fare con il benessere animale.

Da dieci anni, ormai, tre divieti pesano sul mondo della ricerca scientifica italiana. Divieti che non sembrano avere ragioni scientifiche, né etiche, e che la scorsa settimana avrebbero potuto essere definitivamente eliminati. Ma così non è stato: alla vigilia della votazione dell’emendamento, inserito del decreto Salva infrazioni, che ne avrebbe determinato l’abolizione, l’emendamento stesso è stato ritirato. La ragione?