fbpx A Milano eccellenza (a rischio) nelle Biomedical Humanities | Scienza in rete

A Milano eccellenza (a rischio) nelle Biomedical Humanities

Primary tabs

Read time: 4 mins

La scienza chiede riflessione. Gli avanzamenti vorticosi della ricerca interrogano continuamente lo schema di valori su cui si fonda la società. E’ un compito importante, che negli ultimi sette anni ha trovato un luogo privilegiato presso la Scuola Europea di Medicina Molecolare (SEMM): in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Milano e con l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO, in particolare con il Dipartimento di Oncologia Sperimentale guidato da Pier Giuseppe Pelicci, si è ormai stabilizzato sia un dottorato in Foundations of the life sciences and their ethical consequences, chiamato con l’acronimo FOLSATEC, sia un gruppo di ricerca in Biomedical Humanities. Entrambi sono diretti da Giovanni Boniolo, che, con le sue due lauree, una in fisica e una in filosofia, e con una formazione in biologia molecolare, è prova vivente della possibilità di un incontro fruttuoso tra quelle che furono definite “le due culture”.

Tutto nacque allorché Pier Paolo Di Fiore, oncologo molecolare con grande apertura culturale e allora direttore scientifico dell’Istituto Firc di Oncologia Molecolare (IFOM), chiese a Boniolo di realizzare un programma di che unisse le scienze umanistiche alla ricerca a Milano. Presto si affiancò Giuseppe Testa, scienziato con interessi di sociologia della scienza. Così l’avventura partì e i risultati sono adesso sotto l’occhio di tutti: una realtà apprezzata a livello internazionale sia per il modello didattico sia per i risultati di ricerca; un centro di studio e di ricerca che attrae studenti e ricercatori dall’estero invertendo il flusso che priva il Paese delle sue menti migliori.

Corsi all'avanguardia

Per la prima volta, dai tempi dell’infausta separazione fra cultura scientifica e cultura umanistica, perpetrata sotto l’egida di Gentile e Croce, le due parti si sono finalmente riunite. A Milano, al FOLSATEC, si studia e si pratica la ricerca umanistica in un ambiente scientifico di altissimo livello internazionale, con una riflessione filosofica centrata soprattutto sui fondamenti della ricerca biomedica e della pratica clinica, nonché delle loro implicazioni etiche e sociali.

Accanto a discipline umanistiche (epistemologia, fondamenti di etica e bioetica, filosofia generale della scienza, metodologia scientifica, logica e retorica, fondamenti di probabilità e statistica, bioetica, storia della medicina, filosofia delle scienze della vita, STS e scienze della vita, diritto correlato a questi temi), i dottorandi acquisiscono strumenti indispensabili in campo scientifico (biologia dell’evoluzione, genetica molecolare, biologia dello sviluppo e modelli animali, principi fondamentali dell’oncologia molecolare, genomica e proteomica, bioinformatica). E non  solo teoricamente: indipendentemente dalla loro provenienza (ci sono dottorandi con lauree in fisica, medicina, biotecnologia, biologia, filosofia, scienze cognitive), tutti hanno l’obbligo di frequentare i laboratori del centro di ricerca o l’ospedale per conoscere da vicino e veramente quella scienza o quella pratica medica su cui poi riflettono filosoficamente ed eticamente.

Attrattore di stranieri

Inoltre, forse per la prima volta in Italia, il dottorato e il gruppo di ricerca sono mete ambite per gli stranieri. Ormai in tutto il mondo si sa che a Milano si può venire a studiare la filosofia e l’etica della ricerca biomedica e della pratica clinica. In 7 anni, su 290 domande, 196 sono state fatte da stranieri e su un totale di 27 accettati, 13 provengono da Polonia, USA, Serbia, Germania, Canada, Sud Africa, Brasile, Lituania, Australia.

Tuttavia, forse il fatto che sorprende di più è che 11 sui 12 che hanno ricevuto il dottorato hanno ottenuto, usciti di qui, una collocazione accademica a livello internazionale (ad Harvard, Johannesburg, Tolosa, Berlino, Rostock, Ginevra, Hefey, Londra). In questi sette anni il gruppo di ricerca ha prodotto circa il 90 per cento di quanto pubblicato su riviste internazionali con referee da istituzioni italiane nei settori della riflessione fondazionale, etica e sociologica sulla ricerca biomedica e sulla pratica clinica. Se si va alla pagina web dedicata ai dottorandi, colpisce il numero di contributi accettati nelle più importanti riviste internazionali. «Contributi» sottolinea Boniolo, «realizzati con un continuo scambio di idee, badando all’alta qualità scientifica e con l’ottica che si lavori non astrattamente ma con lo scopo di migliorare la ricerca, nonché la pratica clinica, cercando così di portare benefici alla qualità di vita di pazienti reali, visto che il gruppo è inserito un ambiente di ricerca e cura oncologica».

Qui la lingua ufficiale è l’inglese e oltre a docenti dell’Università di Milano, insegnano personalità provenienti da tutto il mondo: anche questa una peculiarità piuttosto rara in Italia. Ma si leggono anche i classici: i dottorandi hanno seminari autogestisti di lettura su opere di Platone, Aristotele, Cartesio, Kant, Hume, Mill, Rawls, Mach,  Canguilhem, Poincaré, Duhem, Cassirer, Popper, Quine.

Insomma, una vera eccellenza che il mondo ci invidia e che è stata resa possibile proprio in Italia, a Milano. O almeno possibile finché vi sono fondi. «Infatti» come tristemente commenta Boniolo, «se non si riesce a trovare qualche supporto finanziario questo prezioso e unico modello di didattica e ricerca di altissima qualità corre il rischio di chiudere». Nell’atmosfera depressa di questi tempi duri, si abbassa un’altra saracinesca. Con la cultura non si mangia, si dice. Ma con l’impatto della scienza e della medicina sulla vita quotidiana bisogna fare i conti. Tutti i giorni.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Siamo troppi o troppo pochi? Dalla sovrappopolazione all'Age of Depopulation

persone che attraversano la strada

Rivoluzione verde e miglioramenti nella gestione delle risorse hanno indebolito i timori legati alla sovrappopolazione che si erano diffusi a partire dagli anni '60. Oggi, il problema è opposto e siamo forse entrati nell’“Age of Depopulation,” un nuovo contesto solleva domande sull’impatto ambientale: un numero minore di persone potrebbe ridurre le risorse disponibili per la conservazione della natura e la gestione degli ecosistemi.

Nel 1962, John Calhoun, un giovane biologo statunitense, pubblicò su Scientific American un articolo concernente un suo esperimento. Calhoun aveva constatato che i topi immessi all’interno di un ampio granaio si riproducevano rapidamente ma, giunti a un certo punto, la popolazione si stabilizzava: i topi più anziani morivano perché era loro precluso dai più giovani l’accesso al cibo, mentre la maggior parte dei nuovi nati erano eliminati.