fbpx La sterminata biblioteca degli e-inizi | Scienza in rete

La sterminata biblioteca degli e-inizi

Primary tabs

Read time: 4 mins

Maledizione, non riesco più a leggere un libro intero. In compenso leggo molti inizi. E dire che fino a poco tempo fa ero un lettore tosto, di quelli che vanno dritti dalla prima all’ultima pagina. Voglio dire, ho letto da capo a fondo la Recherche e L’uomo senza qualità. Non per vantarmi, ma solo per fare un esempio, per dire che non sono un lettore costituzionalmente deboluccio. Però da un po’ di tempo leggo solo degli inizi. Devo essere stato risucchiato nella logica deliziosa e perversa di Se una notte d’inverno un viaggiatore di Calvino. La colpa è dell’e-book e di Amazon. Questa la situazione: leggo soprattutto in inglese, narrativa, ma anche biografie e saggi, e a un certo punto ho cominciato a utilizzare il Kindle, il lettore per e-book di Amazon. Per essere precisi, visto che ho uno smartphone con uno schermo da oltre 4 pollici, utilizzo l’app (gratuita) che simula il Kindle e così leggo sul cellulare. Molto comodo.

Presto ho scoperto l’esistenza di un vero e proprio paradiso a portata di click, che sarebbe la sterminata libreria virtuale di Amazon; libreria che, udite udite, ti consente di scaricare gratuitamente, quindi per pura curiosità e in totale leggerezza d’animo, le prime trenta-quaranta pagine di qualunque libro tu desideri, prima di deciderne eventualmente l’acquisto. Così, dopo essermi guardato un po’ in giro, ho rapidamente individuato Tinkers di Paul Harding che avevo visto la settimana prima in una libreria di Boston e che già in aereo mi ero pentito di non aver preso. E ne ho scaricato l’inizio, che ho letto avidamente. Intrigante, mi sono detto; ma intanto avevo già scaricato l’inizio di Letters di Saul Bellow e anche l’inizio del saggio The Pirates of Somalia di Jay Bahadur.

Così ho lasciato Tinkers e sono passato, con un leggero senso di colpa, a leggere gli altri due. Belli, mi sono detto; ma intanto a quel punto si era insinuata in me la sottile sensazione che ormai questi tre libri non mi fossero più estranei. Sì, ne avevo già in qualche modo svelato il mistero che si cela dietro ogni libro prima di iniziarne la lettura. Quindi adesso, inevitabilmente, mi attraevano meno. Era un po’ come se li avessi già letti per intero, specie se paragonati ai nuovi inizi che, come dolci sirene, mi chiamavano a gran voce con tutta l’ammaliante estraneità dei piaceri ancora sconosciuti. La mia mente eccitata stava precipitando in un delirio da ius primae noctis letterario. Preso dalla foga, mentre cercavo la biografia di Steve Jobs scritta da Walter Isaacson, ho scoperto che l’uscita è prevista non prima di novembre, ma intanto ho notato, dello stesso autore, la biografia di Einstein e l’ho scaricata. Voglio dire, ho scaricato l’inizio. Bello, ma non so se ho voglia di leggere tutto il libro, perché intanto mi è stato segnalato Not for profit: why democracy needs the humanities di Martha Nussbaum. Dicono che apra la mente sulla società contemporanea, e allora ho scaricato l’inizio anche di questo libro. Lucido e convincente, anche se, avendo letto le prime pagine, ora ho la sensazione di aver già capito il messaggio fondamentale dell’autrice, per cui… Ma cosa diavolo mi sta succedendo?

Fremo, sono monomaniaco, penso solo ai prossimi inizi da leggere. Non starò inconsapevolmente anticipando la trasformazione in quello che potrebbe essere il lettore del futuro, quando forse si leggeranno solo gli inizi degli e-book, testi sempre più brevi e veloci? Terribile, a pensarci equivarrebbe alla scomparsa del libro. Ceci a tué ceci. E io che avevo creduto che il libro fosse per sempre. Comunque non credo che c’entri la gratuità in sé e per sé, anche se la leggera euforia del “tutto disponibile sullo scaffale virtuale” inevitabilmente si incontra col sogno archetipico delle mani nella marmellata. Il fatto è che leggere un libro intero (un libro intero!) comincia, forse inconsciamente, a sembrarmi una perdita di tempo, un comportamento ripetitivo, tipico di quando i libri erano di carta e ti ancoravano alla loro dura fisicità. Così che eri preparato a superare faticosamente anche quelle trenta, cinquanta, cento pagine che ti piacevano meno e che ci sono in ogni libro, quelle pagine che se fossi stato tu l’editor avresti chiesto all’autore di tagliare. Ne ho trovate, eccome, anche in opere tanto decantate come Freedom di Franzen. Mentre con la leggerezza dell’e-book e l’infinita biblioteca degli inizi di Amazon a disposizione, sei lesto a sbuffare, non perdoni niente e nessuno, ti guardi attorno con l’occhio famelico e presto scopri che tra le tue mani ansiose il Kindle si sta trasformando in un pericoloso telecomando della lettura…


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Siamo troppi o troppo pochi? Dalla sovrappopolazione all'Age of Depopulation

persone che attraversano la strada

Rivoluzione verde e miglioramenti nella gestione delle risorse hanno indebolito i timori legati alla sovrappopolazione che si erano diffusi a partire dagli anni '60. Oggi, il problema è opposto e siamo forse entrati nell’“Age of Depopulation,” un nuovo contesto solleva domande sull’impatto ambientale: un numero minore di persone potrebbe ridurre le risorse disponibili per la conservazione della natura e la gestione degli ecosistemi.

Nel 1962, John Calhoun, un giovane biologo statunitense, pubblicò su Scientific American un articolo concernente un suo esperimento. Calhoun aveva constatato che i topi immessi all’interno di un ampio granaio si riproducevano rapidamente ma, giunti a un certo punto, la popolazione si stabilizzava: i topi più anziani morivano perché era loro precluso dai più giovani l’accesso al cibo, mentre la maggior parte dei nuovi nati erano eliminati.