Gli astronomi indicano con il termine ULX (Ultraluminous X-ray source) quelle sorgenti di radiazione X la cui luminosità è a metà strada tra quella delle tipiche sorgenti stellari e quella molto più intensa emessa dai nuclei delle galassie attive. L'origine della luminosità delle ULX è ancora un mistero, ma uno studio presentato nei giorni scorsi al Meeting dell'American Astronomical Society tenutosi a Washington sembra suggerire uno scenario più che plausibile.
Un team di astronomi coordinati da Jimmy Irwin (University of Alabama) ha studiato accuratamente gli spettri di un ammasso globulare di NGC 1399, una galassia ellittica posta a 65 milioni di anni luce dalla Terra. Le osservazioni con il telescopio orbitante Chandra, infatti, avevano indicato che in quel vecchio ammasso globulare è ospitata una sorgente di radiazione X insolitamente luminosa.
Dagli spettri, raccolti con i telescopi Magellan dell'osservatorio cileno di Las Campanas, Irwin ha potuto appurare che l'emissione è dovuta a gas molto ricchi di ossigeno e azoto, ma senza la minima traccia di idrogeno. Una strana composizione, spiegabile solamente con la presenza di una nana bianca ridotta in frantumi e risucchiata da un buco nero. Stando alle condizioni fisiche dedotte dagli spettri, si tratterebbe di un buco nero di 1000 masse solari, cioè uno degli elusivi buchi neri di massa intermedia tanto ricercati dagli astronomi.
La nana bianca ha avuto la cattiva idea di transitare troppo vicino al buco nero e quello, dopo aver letteralmente ridotto in frantumi la stella, sta ora risucchiando ciò che ne resta.
Fonti: NASA; University of Alabama