fbpx Frozen Planet | Page 3 | Scienza in rete

Frozen Planet

Primary tabs

Read time: 2 mins

Forzen Planet è una serie-documentario dellaBBC per la Natural History Unit, in collaborazione con la Open University, andata in onda le ultime settimane e che si appresta a chiudere dopo un annunciato successo: sono i continenti Artico e Antartico ad essere raccontati per immagini dal regista David Attenborough  – celebre  naturalista e documentarista inglese – rivelando il ‘frozen world’ come mai era stato osservato prima sul piccolo schermo. E come probabilmente non verrà mai più osservato, stando all’allarme che la stessa serie lancia in merito all’innaturale scioglimento dei ghiacci nei Poli. Mark Brandonsenior lecturer presso l’Environmental. consulente accademico per la serie, ha dichiarato: “Dopo aver condotto ricerche scientifiche per molti anni nelle regioni polari ed aver partecipato ai lavori del team di Frozen Planet, penso di conoscere molto bene quanto unico sia il paesaggio ghiacciato. Abbiamo cercato di mostrare in che modo l’aumento delle temperature possa influire non solo sulle specie animali che ci vivono, ma anche sulla vita del resto del Pianeta”. Quattro anni di produzione per catturare l’ambiente apparentemente ostile, ma innegabilmente  affascinante e fragile. Una puntata del documentario seriale è stata però rifiutata in prima battuta dagli Stati Uniti. Si tratta dell’ultimo episodio, il settimo. Una chiusura che punterebbe il dito contro il contributo dell’uomo all’aumento della temperatura globale. Negli ultimi giorni, questo rifiuto ‘eccellente’ è diventato un caso – riportato in particolare dal Daily Mail- considerando che negli USA è ancora forte una componente di scetticismo circa la teoria dei cambiamenti climatici associati al riscaldamento globale. La comunicazione ufficiale che è possibile leggere sul sito del programma annuncia che “David Attenborough nell’ultima puntata rivela come gli scienziati misurano i cambiamenti nelle regioni polari, e cosa questo significa per le specie animali e per l’intero pianeta”. La stampa americana risponde piccata che la decisione di separare “Thin Ice” – l’ultimo episodio – dal taglio generale che è stato dato a Frozen Planet segue semplici logiche commerciali, insieme ad altre ipotesi di natura televisiva.

 Mentre la natura ghiacciata sprofonda davvero – come denunciato da uno studio recente di Christopher Kinnard sulla rivista Nature. Giorni intensi a Durban, ci vorrebbe una pausa: consigliabile un bel documentario della BBC.

 

 

[video:http://www.youtube.com/watch?v=1Fshnu_SwAg]

Autori: 
Sezioni: 
Canali: 
Documentario

prossimo articolo

Terre rare: l’oro di Pechino che tutti vogliono

miniera californiana di Mountain Pass

Il trattato USA-Ucraina appena sancito rivela quanto urgente sia la necessità di dotarsi di minerali critici, fra cui le 17 terre rare, per la transizione digitale ed elettrica. In realtà tutti sono all'inseguimento della Cina, che produce il 70% di questi metalli e l'85% degli impianti di raffinazione e purificazione. Questo spiega una serie di ordini esecutivi di Trump e le nuove politiche di Giappone, Australia ed Europa, e forse anche la guerra in Ucraina. Non più tanto le fonti fossili quanto le terre rare sono diventate materia di sicurezza nazionale. Ovunque si riaprono miniere, anche in Italia. Ma essendo difficili da estrarre e purificare si punta anche al riciclo e alla ricerca per mettere a punto le tecnologie di recupero più economiche e sostenibili. Ma come ha fatto la Cina ad acquisire una tale supremazia? E che cosa stanno facendo gli altri?

Nell'immagine la storica miniera californiana di Mountain Pass, TMY350/WIKIMEDIA COMMONS (CC BY-SA 4.0)

C’era una volta, negli anni Novanta del secolo scorso, un mondo con due potenze in sostanziale equilibrio nella produzione di terre rare: Stati Uniti (33%) e Cina (38%), seguiti da Australia (12%), India a e Malesia per il 5% ciascuna e le briciole ad altri paesi. Ora non è più così.