“Se pensiamo che noi non siamo altro che un insieme di atomi
tenuti insieme in modo particolare, allora in linea di principio dovrebbe
essere possibile teletrasportarci da un posto all’altro. Nella pratica è
estremamente improbabile, ma dire che non potrà mai avvenire è pericoloso: non
esistono leggi fondamentali della fisica che lo impediscono.”
A parlare è Ronald
Hanson, fisico dell’Università di Delft, in Olanda, che insieme ad alcuni
colleghi è riuscito a teletrasportare lo stato di un sistema quantistico per
una distanza di 3 metri. (Se vi sembrano pochi, metteteli a confronto con le
dimensioni di un atomo...)
Il risultato di Hanson e colleghi, pubblicato in un articolo
su Science, è di quelli importanti. Non è la prima volta in assoluto che
si effettua il teletrasporto di stati quantistici: nel 2009, un esperimento
analogo venne compiuto da un gruppo di ricerca dell’Università del Maryland,
negli Stati Uniti. In quell’occasione il teletrasporto “funzionò” una volta per
ogni 100 milioni di tentativi. Il gruppo olandese, invece, ci è riuscito con un
successo del 100%.
Per capire che cosa hanno fatto Hanson e colleghi, facciamo
un passo indietro. Innanzitutto va detto che non siamo in grado di
teletrasportare la materia. Quello che si può teletrasportare è l’informazione
contenuta nella materia, ovvero gli stati quantistici. Questo è possibile
grazie a un fenomeno alquanto bizzarro, che prende il nome di entanglement (letteralmente,
“aggrovigliamento”).
Come funziona l’entanglement? Supponete di avere un paio di
scarpe: c’è una scarpa destra e una scarpa sinistra. Fin qui tutto bene. Con
tutte le luci spente, ne mettete una in soggiorno e una in camera da letto.
Andate in soggiorno, accendete la luce, e osservate la scarpa destra. Avete
immediatamente un’informazione sulla scarpa in camera da letto: sarà la
sinistra.
Le vostre scarpe sono entangled nel senso che la
“destrorsità” dell’una si traduce immediatamente nella “sinistrorsità”
dell’altra. Nel mondo quantistico le cose sono analoghe, anche se più
complicate. Se prendete una delle vostre scarpe, infatti, questa sarà destra o
sinistra: tertium non datur. Ma se fosse una scarpa “quantistica”
sarebbe sia destra sia sinistra, fintanto che con un’osservazione
non si dirima univocamente la questione. Si dice che gli stati delle particelle
quantistiche sono sovrapposti.
Ora, prendiamo due particelle quantistiche e rendiamole entangled,
proprio come le scarpe. Per esempio, facciamo in modo – non importa come – che
se misuriamo come sinistrorso lo spin
di una particella, l’altro dovrà risultare destrorso. Secondo il formalismo
della meccanica quantistica, entrambe le particelle saranno descritte da
un’unica funzione d’onda. È questa proprietà a causare l’entanglement: infatti,
se separiamo le particelle per distanze anche notevoli e misuriamo lo spin
dell’una, conosciamo istantaneamente lo spin dell’altra: l’informazione si è
“teletrasportata”.
Questo, a grandi linee, è il teletrasporto dello stato
quantistico. Ed è quello che hanno fatto Hanson e colleghi.
Il loro sistema
quantistico entangled era costituito da una coppia di atomi di azoto,
ciascuno con un’aggiunta di due elettroni. Ognuno di questi sistemi si trovava
in un cristallo di diamante immerso nell’elio liquido, per mantenere la massima
stabilità. Regolando lo spin di uno dei due atomi, l’altro cambiava di
conseguenza.
Gli atomi così preparati potevano comunicare quattro stati
differenti, ognuno dei quali può essere considerato come un qubit (l’analogo quantistico di
un bit). Si capisce quindi che il lavoro del gruppo olandese è un passo avanti
verso il computer
quantistico.
Anzi, di più. “Questo risultato è il primo passo per una
futura internet quantistica”, annuncia Hanson. La principale applicazione del
teletrasporto quantistico sta infatti nella possibilità di mettere in
comunicazione futuri computer quantistici con una velocità senza pari
nell’informatica tradizionale, grazie al fenomeno dell’entanglement.
Ma non è solo una questione di velocità. Il teletrasporto
quantistico può essere usato anche per rendere più sicure le comunicazioni.
Spiega Hanson: “Usando l’entanglement come canale di comunicazione, le
informazioni vengono teletrasportate in modo che nessuno possa intercettarle
nel loro percorso”. Il motivo è chiaro: le informazioni teletrasportate
quantisticamente non seguono nessun “percorso” nel senso tradizionale del
termine.
Il successo dell’esperimento ha spinto i ricercatori
olandesi a osare di più. In linea di principio, l’entanglement può essere
sfruttato a qualsiasi distanza. Dunque, perché non provare il teletrasporto su
divari maggiori? Detto, fatto: all’Università di Delft hanno già pianificato un
esperimento analogo per luglio, in cui si tenterà il teletrasporto quantistico
su una distanza di ben 1300 metri.
“Credo che funzionerà”, si sbilancia Hanson. “Ma è una sfida
enorme, a livello tecnico. C’è un motivo se nessuno l’ha ancora fatto.” Finora,
almeno.