Libero accesso alle pubblicazioni, diffusione dei dati della ricerca, trasparenza e condivisione sono alcuni dei concetti chiave che definiscono l’Open Science. Questa espressione racchiude al suo interno aspetti molto ampi che rimandano all’Open Research, all’Open Access e all’Open Data. La scienza auspica adesso di essere “aperta” anche ai semplici cittadini. Così oggi abbiamo anche la Citizen Science: la scienza realizzata in collaborazione tra esperti e non esperti.
L’Open Science nasce già nel 1600, quando il principio guida dei filosofi naturali è diventato quello del “comunicare tutto a tutti”. Le Accademie scientifiche iniziano a pubblicare vere e proprie riviste periodiche. È con la diffusione delle riviste scientifiche che prende avvio il moderno concetto di scienza aperta.
Prima di Galileo, Newton e Keplero
i filosofi naturali non aderivano al principio della massima trasparenza, ma
piuttosto a una concezione elitaria della conoscenza e della sua trasmissione.
Nel 1660 in Inghilterra prende vita la prima Accademia scientifica britannica:
la Royal Society. Si trattava di un’organizzazione privata, che ebbe dal re un
unico privilegio: la possibilità di utilizzare il servizio postale del re. Nel
1665 la Royal Society, aderendo al principio della scienza aperta, inizia a
pubblicare le Philosophical Transactions of the Royal Society.
Concepita da Henry Oldenburg le Philosophical Transactions sono la
prima rivista scientifica della storia. Nel 1666 anche in Francia si costituì
la Académie des sciences, una delle società scientifiche più famose del mondo,
anch'essa dotandosi di una rivista, il Journal des Savants.
Da allora le pubblicazioni scientifiche sono cresciute a ritmi sempre più
veloci.
Oggi, in una società iperconnessa come la nostra, dove Internet è lo strumento principale di condivisione, l’Open Science può essere ulteriormente estesa. La rete, infatti, agevola sia l’accesso alle pubblicazioni scientifiche (Open Access) sia la diffusione dei dati (Open Data). Apertura dei dati significa però “apertura intelligente”. Per essere “open” i dati devono rispondere essenzialmente a quattro caratteristiche fondamentali: essere accessibili, comprensibili, valutabili e riutilizzabili.
Quando, tuttavia, parliamo di Open Science, le risposte nella comunità scientifica non sono tutte uguali: se da una parte c’è chi pensa che la nascita di nuove forme di cooperazione può favorire la ricerca e che rendere i dati accessibili alla comunità scientifica sia una delle priorità per il sistema di ricerca globale, dall’altra parte si discute l’esigenza di mantenere una certa dose di “esclusività” nella scienza.
Importanti interrogativi vengono sollevati: scienza aperta significa (anche) democrazia della scienza? Il lavoro degli scienziati ha subito cambiamenti con l’ingresso di Internet nel mondo della ricerca? Il pubblico dei non esperti, competente o meno, fraintenderà i dati scientifici? E, infine, a chi è rivolta l’offerta degli Open Data?
Su quest’ultimo tema si possono
identificare due grandi dimensioni. La prima riguarda l’apertura di dati ai peer,
ovvero a tutti gli esperti del campo che quindi hanno accesso immediato a tutti
i dati e possono valutarne in tempo reale la qualità, replicare gli esperimenti
e sviluppare nuove ricerche. Anche se il meccanismo di valutazione peer
review ha suscitato dubbi sulla sua obiettività, questo sistema risulta
essere il più diffuso ed efficace.
La seconda dimensione riguarda invece l’apertura della scienza a tutti i
cittadini della knowledge-society (società della conoscenza), che
vedono riconosciuto il diritto di accedere alle conoscenze più avanzate. Questa
declinazione dell’Open Science converge con i temi della democrazia nella nuova
forma sociale.
In Italia la tendenza ad aumentare il grado di “apertura” della scienza è sempre maggiore. Nel 2015 è stata costituita l’Associazione Italiana per la Promozione della Scienza Aperta (AISA). È un’associazione senza fini di lucro che intende incoraggiare i valori dell’accesso aperto alla conoscenza attraverso: la pubblicazione di analisi empiriche sui principi della scienza aperta, l’organizzazione di eventi, seminari, attività formative all’interno di università e enti di ricerca e la creazione di una rete internazionale di collaborazione. Numerose iniziative sono poi state organizzate in tutto il territorio nazionale volte a informare e incoraggiare i valori dell’Open Science.
Il prossimo 10 marzo 2016 il Master MaCSIS dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, in collaborazione con AISA e il web journal Scienza in Rete, ha organizzato il convegno “Scienz@perta. Per una democrazia della conoscenza”, un’importante occasione per approfondire tutte queste tematiche.
Laura Gioè