Ettore Majorana (Catania, 1906 – scomparso tra Palermo e Napoli, 1938) nasce nella città etnea il 5 agosto 1906 in una famiglia, come usa dire, illustre. Il nonno, Salvatore Majorana Catalabiano, è un avvocato che ha partecipato all’insurrezione contro i Borboni, è stato eletto in parlamento ed è stato per due volte Ministro dell’Agricoltura.
Salvatore ha sposato Rosa Campisi, con cui ha messo al mondo sette figli: Giuseppe, Angelo, Quirino, Dante, Fabio Massimo, Elvira ed Emilia. Il primo, Giuseppe, il secondo, Angelo, e il quarto, Dante, diventano tutti rettore dell’Università di Catania. Il terzo, Quirino, è un fisico che salirà in cattedra a Bologna, sostituendo Augusto Righi. Il quinto figlio maschio, Fabio Massimo, si laurea in Ingegneria, diventa capo divisione e poi ispettore generale del Ministero delle Comunicazioni, prima di ritornare a Catania.
Ettore mostra fin da ragazzo una spiccata intelligenza e anche una grande dimestichezza con i numeri. Tra gli otto e i nove anni Ettore, come molti della famiglia Majorana, si trasferisce a Roma dove è interno presso l’Istituto Massimo diretto dai gesuiti. Lì completa le elementari e frequenta il ginnasio, che supera in quattro anni saltando il quinto. Passare poi al Liceo Statale Torquato Tasso dove, nell’estate 1923, consegue la maturità classica, con buoni voti.
Si iscrive a ingegneria, ma ben presto, su spinta di Emilio Segré, passa a fisica, dimostrando subito di avere un passo da teorico superiore agli altri. All’Istituto di Fisica incontra Enrico Fermi, con cui si laurea nel 1929, discutendo una tesi sulla meccanica dei nuclei radioattivi. Già prima di laurearsi aveva dimostrato la sua straordinaria bravura, tipica del fisico teorico, elaborando dapprima il modello statistico dell’atomo già ottenuto da Enrico Fermi (oggi noto come modello di Thomas-Fermi) e poi estendendolo agli ioni.
Enrico Fermi e tutti i ragazzi di via Panisperna riconoscono in Majorana un genio. E le sue intuizioni sono spesso straordinarie.
Studia dapprima i problemi di spettroscopia atomica e il meccanismo di scambio degli elettroni tipico del legame chimico. Sulla base di queste conoscenze ipotizza che le forze che tengono unite le particelle nel nucleo atomico sia forze di scambio.
Si racconta che quando, a fine 1931, Frédéric Joliot e Irène Curie bombardarono il nucleo con particelle alfa e ottennero righe spettrali che non sapevano interpretare, Majorana commentò: «Guarda che sciocchi, hanno scoperto il protone neutro e non se ne sono accorti …».
Quando poi il neutrone viene scoperto e riconosciuto, nel 1932, Majorana elabora una sua teoria delle forze di scambio delle sole coordinate spaziali, ma si rifiuta di pubblicare i risultati. Il mese dopo Werner Heisenberg pubblica un lavoro sulle «forze di scambio» che coinvolgono sia le coordinate spaziali che lo spin. Majorana rifiuta ancora una volta di pubblicare qualcosa in merito. Il lavoro è ancora incompleto, dice.
Pubblica invece, nel 1932, un lavoro in cui propone un metodo generale per elaborare equazioni quanto-relativistiche, come quelle formulata da Paul Dirac per l’elettrone, per ogni valore di spin. Fino ad allora si pensava che fosse possibile scrivere equazioni quanto-relativistiche solo per particelle con spin uguale a 0 o a ½.
In quel medesimo anno, su stimolo di Fermi e con una borsa del Consiglio nazionale delle Ricerche, si reca a Lipsia, dove conosce Heisenberg, e a Copenaghen, dove incontra Bohr. Heisenberg, in particolare, lo convince a pubblicare il suo modello sulle forze di scambio nucleare, che diventeranno note come «forze di scambio di Majorana», distinte dalla «forze di scambio di Heisenberg».
Tornato dalla Germania, di cui ha apprezzato l’organizzazione sia nel lavoro della comunità scientifica sia della società, non ritorna a frequentare, se non sporadicamente, l’Istituto di via Panisperna. Dapprima si cura una gastrite, poi, probabilmente, ha un periodo di depressione. Tuttavia continua a studiare fisica. E nel 1937 pubblica un lavoro secondo cui i fermioni neutri corrispondono alla propria antiparticella. Ipotizza in particolare che i neutrini siano particelle di questo tipo. Oggi questi neutrini sono conosciuti come neutrini di Majorana.
Il suo ultimo lavoro, realizzato nel 1937 e pubblicato postumo, riguarda "Il valore delle leggi statistiche nella fisica e nelle scienze sociali" e testimonia un’estensione degli interessi scientifici. Quell’anno partecipa a un concorso per la cattedra di fisica teorica all’università di Napoli. La vittoria al concorso gli viene riconosciuta “per chiara fama”. Dalla commissione esaminatrice fa parte anche Fermi.
A Napoli resta un solo anno, perché nel marzo 1938 scompare misteriosamente. Le ultime tracce lo vogliono sul postale che da Palermo raggiunge Napoli.
Della scomparsa di Majorana si sono occupati, in maniera diversa in molti, dal fisico Edoardo Amaldi allo scrittore Leonardo Sciascia, ma il mistero rimane. Come ha asserito Enrico Fermi, Ettore Majorana aveva tutte le capacità per far perdere le proprie tracce se avesse voluto. Sia stata una scomparsa volontaria, un suicidio o un incidente, di certo c’è che non abbiamo avuto la possibilità di sperimentare fino in fondo le possibilità di quel genio largamente inespresso.
Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio ma non vanno molto lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni, come Galileo e Newton. Ebbene, Ettore era uno di quelli (Enrico Fermi)