Ugo Cerletti (Conegliano, 1877-Roma, 1963), psichiatra, ha legato il suo nome all’invenzione e all’uso dell’elettroshock. Nato a Conegliano, all’inizio della “strada del vino” dal padre, Giovanni Battista, venuto da Chiavenna per dirigere la scuola enologa, Ugo si sposta a Roma dove inizia a studiare medicina per poi laurearsi nel 1901 a Torino, studiando con il neuropatologo Giovanni Mingazzini e con lo psichiatra Ezio Sciamanna. In questo periodo si reca anche a Parigi, studiando con Pierre Marie ed Ernest Dupré, poi a Monaco e infine a Heidelberg, in Germania, presso la clinica psichiatrica universitaria diretta dai neuropatologi Franz Nissl e Emil Kraepelin. Resta in contatto con la Germania anche dopo la laurea, quando diventa assistente all’università di Roma.
I suoi interessi sono ormai rivolti alla degenerazione delle strutture cerebrali e, quindi, gli studi istopatologici. Riesce, per esempio, a dimostrare la correlazione tra la sifilide e l’infiammazione della corteccia. Notevoli sono anche le ricerche sull’arteriosclerosi e soprattutto sulla sindrome di Alzheimer e sul gozzo-cretinismo, tipico delle valli da cui proviene la sua famiglia.
Partecipa alla Prima guerra mondiale come capitano di sanità negli alpini – è lui a introdurre la mimetica bianca per le truppe di sciatori – e subito dopo diventa direttore dell'Istituto Neurobiologico Verga di Milano. Nel 1924 è professore a Bari e poi nel 1928 a Genova. Qui Cerletti sperimenta per la prima volta, su un cane, l'elettrostimolazione per provocare attacchi convulsivi: il prototipo dell’elettroshock.
Tornato a Roma nel 1935 – come direttore della clinica universitaria delle malattie nervose e mentali – con la collaborazione di Lucio Bini usò la stessa tecnica sull'uomo, sulla scia di altri metodi di shock farmacologico sperimentati in Europa nei primi anni Trenta. Il primo trattamento, che Cerletti battezza per l’appunto elettroshock, avviene nel 1938, tramite un apparecchio realizzato da Bini. Inizialmente destinato alla cura della schizofrenia, il trattamento è utilizzato da subito anche per le sindromi maniaco-depressive, per le quali divenne la terapia più comune. Dopo la Seconda guerra mondiale, l'elettroshock si diffonde in tutto il mondo, anche grazie al graduale perfezionamento della tecnica e l'adozione di farmaci da usare in combinazione.
Dal 1946, Ugo Cerletti è presidente della Società italiana di psichiatria. Nel 1947 ottiene dal CNR l'istituzione di un centro di studio per la fisiopatologia dell'elettroshock dove continua a studiare il funzionamento del metodo, convincendosi che esso procuri nel paziente la produzione di alcune sostanze dette "acroagonine", la cui reale esistenza non sarà mai dimostrata. Secondo Cerletti, queste sostanze sono rilasciate anche durante le crisi convulsive e hanno effetti terapeutici su pazienti affetti da schizofrenia. L’ipotesi, per la verità, è comune a molti altri ricercatori, che tentano di trattare le persone affette da schizofrenia con sangue prelevato da epilettici subito dopo l’attacco.
Negli anni Cinquanta, Cerletti riceve numerosi riconoscimenti accademici ed è candidato al premio Nobel. Negli anni successivi, tuttavia, il metodo dell’elettroshock è sottoposto a una serie sempre più fitte di critiche sia per motivi etici che terapeutici. I movimenti di antipsichiatria o, comunque, di revisione della psichiatria tradizionale ne fanno uno dei bersagli principali della loro critica.