newsletter #107
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Il nuovo Report dell’Ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità “Healthy, prosperous lives for all: the European Health Equity Status Report” fa il punto sulle disuguaglianze di salute in Europa. In sintesi, il gap di salute fra ricchi e poveri si riduce meno dell’atteso. In termini di speranza di vita alla nascita, la differenza media è di 3,9 anni nelle donne (speranza di vita media 82 anni; intervallo: 78,1-86) e di 7,6 anni negli uomini (speranza di vita media 76,2 anni; intervallo: 3,4-15,5). L’Italia (e altri paesi come Grecia e Portogallo) ha i valori più alti di speranza di vita, segno che i fattori protettivi come dieta e coesione sociale riescono a contrastare i fattori di rischio e la presente stagnazione economica. Buona anche la performance dell’Italia nella sopravvivenza libera da malattie. Riconoscendo l’importanza di agire direttamente sui determinanti sociali della salute, l’OMS misura l’effetto di 8 politiche sulla riduzione delle differenze di salute fra classi sociali: (1) aumento di 1.000 dollari del PIL pro capite; (2) riduzione delle disuguaglianze di reddito; (3) riduzione del tasso di disoccupazione; (4) riduzione delle spese private per la salute; (5) aumento delle spese di protezione sociale; (6) aumento del finanziamento del sistema sanitario pubblico; (7) aumento della spesa pubblica in politiche del lavoro; (8) aumento della spesa pubblica nelle abitazioni e condizioni di vita. L’aumento del reddito pro capite è l’unico parametro a non avere effetto sulla disuguaglianze, mentre le politiche del lavoro e le condizioni di vita e abitative hanno l’effetto massimo.
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CRONACHE DELLA RICERCA
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Gli italiani si classificano terzi fra i vincitori degli starting grant dell’European Research Council, il bando più competitivo dell’Europa dedicato ai giovani ricercatori. Bene quindi per gli italiani (benché in discesa rispetto al bando 2018, dove si erano classificati secondi dietro la solita Germania). Male invece per l’Italia, che vede la maggior parte dei suoi ricercatori primeggiare in università e centri di ricerca all’estero. La capacità di attrarre grant resta quindi scarsa mentre è alta la propensione a esportare talenti.
[Scienza in rete; Sergio Cima]
Sempre inchiodata all’1,3% del PIL la spesa in ricerca e sviluppo in Italia, ben sotto la media europea e dei paesi OCSE. Nel suo nuovo rapporto, l’ISTAT riferisce una spesa complessiva di 23,8 miliardi spesi nel 2017. Il 55,5% proveniente dai privati, il 32,3% dal pubblico, l’11,7% dall’estero, lo 0,8% dalle università. Crescono soprattutto gli investimenti dall’estero, sia della Commissione europea sia delle aziende. A prezzi correnti la spesa quindi sale rispetto al 2016 del 2,7%, con un incremento sul PIL dello 0,01%. Per il 2018 e il 2019, l’ISTAT misura un altro lieve aumento (dati preliminari). La ricerca applicata si conferma il tipo di ricerca più finanziato (42,1%) seguito dallo sviluppo sperimentale (35,7%) e dalla ricerca di base (22,2%). “L’aumento della spesa si concentra interamente sullo sviluppo sperimentale (+2,3% rispetto al 2016) a scapito della ricerca pura e di quella applicata per le quali si rileva una diminuzione dell’1 e 1,2%” afferma l’ISTAT.
[ISTAT]
L’Europa ama più l’innovazione della ricerca. E’ quanto pare di capire dal nuovo titolo del commissario preposto tradizionalmente alla ricerca (commissario uscente Carlos Moedas), che ora si chiama “alla gioventù e all’innovazione”. Certo la nuova commissaria Mariya Gabriel si occuperà anche di ricerca, ma l’omissione ha un significato (come ha un significato l’aver chiamato “protezione dello stile di vita europeo” il commissario che dovrà occuparsi di migranti). La comunità scientifica mostra preoccupazione per questo slittamento dalla ricerca all’innovazione, peraltro coerente con la nuova impostazione mission-oriented del prossimo programma Horizon Europe.
[Scienza in rete; Silvia Bandelloni]
DAGLI ARCHIVI Intervistato da Tempo Medico nel 1959, il premio Nobel per la medicina Joshua Lederberg così rispondeva alla domanda della redazione “Come può essere pianificata la ricerca”? «(…) E’ significativo quanto si dice sia accaduto a una riunione che doveva distribuire grants di ricerca. Uno dei membri del comitato, un efficiente uomo d’affari, obbietta dinanzi a un audace progetto: "Ma mi pare che quest’uomo non sappia esattamente dove vuole arrivare". Ribatte il ricercatore: "Se lo sapessi, non mi prenderei la briga di occuparmene". A mio modo di vedere, il miglior sistema è di lasciare al ricercatore la massima libertà. Naturalmente, solo pochi lasceranno contributi fondamentali. Ma è questione di probabilità statistica: più individui, che volontariamente scelgono la ricerca come loro scopo della vita, sono messi in condizione di seguire il loro estro inventivo, più abbondanti saranno i risultati. (…)».
[Tempo Medico, n. 4 settembre 1959]
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PLANET INTELLIGENCE
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Il cambiamento climatico avanza, le COP si succedono con scarsi risultati, le emissioni di CO2 continuano a crescere, e le strategie sono confuse. Almeno questa è la sensazione leggendo due rapporti di taglio economico sulle strategie per domare il riscaldamento globale, che arrivano a conclusioni opposte. Il primo - "Better Business, better World" (2017) della Business and Sustainable Development Commission - è molto ottimistico sul fatto che il perseguimento dei Sustainable Development Goals (SDG) avrà un impatto positivo sull’occupazione e sull’economia. Il secondo - "Decoupling debunked. Why green growth is not enough" (2019) dell’European Environmental Bureau - prospetta un ruolo abbastanza marginale per la green economy, in particolare riguardo alla sua capacità d'influenzare seriamente il cambiamento climatico. La rubrica Planet Intelligence di Scienzainrete (Vineis, Cingolani, Carra) analizza i due report esponendo gli argomenti dei due fronti. [Scienza in rete; Paolo Vineis, Luca Carra, Roberto Cingolani]
Propende a non credere nella nostra capacità di fermare il riscaldamento globale a 1,5°C lo scrittore statunitense Jonathan Franzen, da sempre attento ai temi ambientali. In un intervento sul New Yorker lo scrittore sostiene che i dati sembrano dirci che è ormai troppo tardi per darsi obiettivi così ambiziosi. Il riscaldamento andrà avanti ancora per un po’. Ci saranno certamente conseguenze pesanti a cui dovremo adattarci. Forse conviene smettere di far finta di vivere in un mondo solidale, pronto ad abbracciare le draconiane politiche che servirebbero a stoppare da subito i gas serra, e trovare nuove strategie per rispondere alla sfida ambientale («a more balanced portfolio of hopes, some of them longer-term, most of them shorter»): alcune rivolte direttamente alla mitigazione del cambiamento climatico, altre rivolte a obiettivi di conservazione e riforestazione locale, di difesa dei diritti civili, di soluzioni parziali delle grandi immigrazioni in atto, di umanizzazione delle comunicazioni online… In fondo anche queste azioni servono al clima, ma sono più alla nostra portata psicologica, e non ci lasciano quella frustrazione che certamente proveremmo se puntassimo tutte le nostre fiches su una rapida de-carbonizzazione. Il saggio ha riscaldato il dibattito, se non il clima.
[New Yorker; Jonathan Franzen]
In un passaggio del suo articolo, Franzen cita una ricerca recente pubblicata su Nature. Lo studio mostra che, considerando solo le centrali esistenti che si alimentano con combustibili fossili, arriviamo a una stima di circa 658 gigatonnellate di CO2 da oggi al 2050. A queste si aggiungono le emissioni delle centrali progettate, autorizzate o in costruzione per altre 188 Gt di CO2. Il totale di 846 Gt rappresenta più dell'intero bilancio di carbonio che ci resta da emettere in atmosfera da oggi al 2050 per raggiungere l’obiettivo di 1,5°C (con una probabilità del 50-66%), oppure due terzi del bilancio di carbonio a disposizione se il riscaldamento medio deve essere limitato a meno di 2°C. Questo scenario, ovviamente, presuppone di continuare a far funzionare queste centrali (delle quali il 41% sono in Cina, il 9% negli Stati Uniti e il 7% in Europa) allo stesso ritmo nei prossimi trent’anni. Ma non considera tutte le innumerevoli altre fonti di gas serra presenti e future. Il messaggio dei ricercatori è che, per rispettare il target di Parigi, nessuna nuova centrale fossile deve essere commissionata, e che quelle esistenti dovrebbero essere chiuse prima di quanto previsto, o dotate di sistemi di cattura e sequestro del carbonio.
[Nature; Dan Tong et al.]
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DIRITTI, RICERCA E SALUTE
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La Fondazione Charcot e la Federazione internazionale per la sclerosi multipla firmano un accordo che lI impegna a coinvolgere maggiormente i pazienti nella ricerca sulla sclerosi multipla in modo da renderla più rispondente ai reali bisogni dei malati. Uno degli strumenti per ottenere questo risultato è l’uso sistematico dei cosiddetti Patient reported outcomes (PRO) capaci di misurare l’esperienza della malattia da parte del paziente. L’iniziativa “Patient Reported Outcomes MS” (PROMS), lanciata al Congresso Ectrims il 12 settembre scorso, si prefigge fra le altre cose di mettere a punto una serie di PRO standardizzati da utilizzare nella ricerca e nelle cure per soddisfare le esigenze di tutte le parti interessate. «Le persone con SM sono i principali esperti della loro malattia: sanno cosa significhi conviverci, misurano l'impatto che i trattamenti hanno sulla loro vita, hanno ben chiaro quali dovrebbero essere gli effetti principali dei farmaci o delle tecniche di riabilitazione sulla loro qualità di vita. Affinché la loro voce su questi temi assuma un peso nei processi scientifici e di politica sanitaria, e che possa essere condivisa da tutti gli attori nei diversi settori, deve essere scientificamente qualificata», dichiara la Fondazione italiana sclerosi multipla, a cui è stato assegnato il compito di guidare il progetto. [Science on the net]
Il Gruppo 2003 per la ricerca aderisce al Manifesto "Salviamo la ricerca biomedica italiana" lanciato dai ricercatori Luca Bonini e Marco Tamietto, titolari del progetto ERC Lightup, attaccato con minacce dagli animalisti per aver utilizzato macachi nella ricerca. Al Manifesto stanno aderendo moltissimi ricercatori - fra i quali Erik Kandel, Giacomo Rizzolatti, Silvio Garattini, Jacopo Meldolesi, Ernesto Carafoli, Silvia Priori, molti dei quali del Gruppo 2003 per la ricerca, che negli scorsi mesi è intervenuto in difesa dei due ricercatori minacciati. Invitiamo tutti a firmare dal sito di Research4Life. Nelle scorse settimane si è svolto un acceso dibattito dibattito fra pro e contro la sperimentazione. Alle argomentazioni di Enrico Bucci e Gilberto Corbellini risponde il filosofo Leonardo Caffo, cui segue la controreplica di Bucci e Corbellini. Negli scorsi mesi ha fatto discutere anche la protesta del Gruppo 2003 verso il decreto del 25 luglio che stabilisce le tariffe per il rilascio di autorizzazioni per la sperimentazione animale. Si tratta di “tasse” previste dalla legislazione, ma che esasperano il clima in cui si trovano a lavorare i ricercatori già gravati da un eccesso di burocrazia e da campagne aggressive e a volte criminali.
[Scienza in rete; Gruppo 2003]
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SCIENZA IN PARLAMENTO
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E se Libra minasse la stabilità finanziaria dell’Unione Europea? E’ questo lo scenario preso in considerazione dal Scientific Foresight Unit del Parlamento Europeo. Nelle intenzioni di Facebook, la criptovaluta Libra, il cui lancio è previsto nel 2020, consentirà transazioni elettroniche senza mediazioni bancarie. Tuttavia il sistema privilegerebbe la popolazione connessa e potrebbe esporre il sistema a possibili cyber-attacchi. «Come primo caso di blockchain banking, l'adozione e l'utilizzo di Libra dovrebbe essere attentamente monitorata da un punto di vista giuridico e istituzionale, in quanto potrebbe avere un grave impatto sull'integrità dei sistemi di governance finanziaria esistenti e compromettere l'ordinato funzionamento dei mercati finanziari», conclude il rapporto.
[European Parliamentary Research Service Blog]
Una nota del Parliamentary Office of Science and Technology (POST) britannico esamina il futuro degli imballaggi compostabili per alimenti. In studio da tempo, questi potrebbero ridurre notevolmente l'utilizzo di confezioni in plastica nella grande distribuzione. Ma la mancanza di un sistema di raccolta sistematica e di un'infrastruttura di compostaggio rendono ancora complicato l'utilizzo di questi imballaggi. La nota del POST descrive le diverse strategie politiche per consentire un maggiore utilizzo dei nuovi imballaggi.
[Research briefings UK Parliament]
Dopo la condanna della Corte di Giustizia dell’Unione Europea all’Italia per i ritardi nella lotta contro Xylella, è utile fare un ripasso sui dubbi e le bufale che ancora circolano sul batterio killer degli ulivi. L’esperto Enrico Bucci risponde alle domande più frequenti.
“È vero che i ricercatori stanno ancora discutendo se la Xylella fastidiosa sia correlata al disseccamento rapido degli ulivi?”. “Perché esperti e funzionari parlano di un'epidemia se ci sono solo poche piante infette?”. “Se solo in una piccola percentuale degli ulivi che mostrano sintomi si ritrova il batterio, come può essere questo il responsabile dell’epidemia di disseccamento rapido in Puglia?”. “È stato segnalato un albero infetto a nord di Bari senza che sia mai stato osservato il fenomeno del disseccamento. Come lo si spiega?”. “Un ulivo infetto è stato trovato libero dal batterio in test successivi. Come possiamo fidarci delle analisi di laboratorio?”. “Diversi approcci hanno dimostrato che esistono rimedi per il trattamento di alberi infetti. Perché si sostiene che non esiste ancora una cura per la malattia?”. “Perché altri fattori oltre alla Xylella, come le infezioni fungine o l'inquinamento ambientale, non vengono presi in seria considerazione?”. “È possibile che l'epidemia di Xylella sia inventata da coloro che vogliono cambiare il paesaggio tradizionale a favore di attività economiche più redditizie, o che il batterio sia stato introdotto di proposito per forzare la trasformazione del paesaggio?”.
[Scienza in rete; Enrico Bucci]
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PREMI
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Vincenzo Balzani si è aggiudicato il premio Primo Levi. Ne danno notizia il Gesellschaft Deutscher Chemiker (GDCh) e la Società Chimica Italiana (SCI). Balzani (Università di Bologna, Gruppo 2003) - si legge nella motivazione - riceve il premio per la sua profonda attenzione agli aspetti sociali della scienza e al comportamento etico degli scienziati, e il forte impegno nel promuovere la scienza per un mondo migliore, per ridurre la povertà e fermare le guerre. La cerimonia di premiazione si terrà presso l'Accademia dei Lincei di Roma il 6 dicembre 2019.
Liberato Manna ha ricevuto la Medaglia Luigi Sacconi in occasione del 47° Congresso nazionale della Divisione di Chimica Inorganica a Bari. Le motivazioni per il conferimento della medaglia Sacconi sono legate ai contributi di Manna (IIT, Gruppo 2003) alle nanoscienze, con particolare riferimento allo sviluppo di tecniche chimiche per la fabbricazione di nanomateriali inorganici e lo studio delle loro proprietà. Il suo ambito di ricerca è infatti la chimica dei nanocristalli colloidali e le loro applicazioni soprattutto in ambito optoelettronico.
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