Ultima chiamata per fermare il cambiamento climatico. Siamo ancora in tempo per arrestare il riscaldamento globale a un livello non diciamo sicuro, ma dalle conseguenze gestibili, quindi senza superare un riscaldamento globale di 1,5-2°C rispetto all’epoca preindustriale?
Secondo l’Intergovernmental panel on climate change (IPCC) la risposta è positiva, ma a patto di mettere in atto una svolta radicale, vale a dire l’abbandono rapido dell’uso delle fonti fossili, accompagnato da parecchie altre misure di mitigazione e adattamento.
L’IPCC ha stilato questa settimana la “sintesi delle sintesi”, raccogliendo in un unico documento i rapporti sulle basi fisiche del cambiamento climatico, sugli impatti e gli adattamenti, e sulla possibile mitigazione. Lo ha fatto in 36 pagine, che riassumono circa 9.000 pagine, frutto di una colossale revisione della letteratura mondiale sul clima analizzata da circa 700 autori. Il testo che ne è uscito è frutto della scienza, ma è anche concordato con gli esperti espressione dei diversi governi: solido scientificamente, quindi, ma anche condiviso politicamente a livello mondiale.
Visto che abbiamo già maturato un riscaldamento aggiuntivo globale di 1,1°C, i margini sono molto risicati e le azioni da intraprendere devono essere molto rapide. La fisica infatti ci dice che «se le emissioni annuali di CO2 tra il 2020 e il 2030 rimanessero allo stesso livello del 2019, le emissioni cumulative risultanti esaurirebbero quasi il bilancio residuo per fermarsi a 1,5°C, ed esaurirebbero più di un terzo del bilancio di carbonio residuo per fermarsi a 2°C (stime rispettivamente al 50% e al 67% di probabilità)». Nel frattempo ci siamo già giocati quattro anni, oggi infatti emettiamo più che nell’anno di riferimento 2019.
La svolta quindi è oggettivamente ardua, considerando anche il crescere delle tensioni internazionali e le resistenze politiche che si stanno palesando anche in alcuni paesi dell’Unione europea (Italia compresa), che frenano su una serie di traguardi essenziali della transizione energetica come il passaggio completo alle auto elettriche dal 2035. Per questo il messaggio dell’IPCC va preso molto sul serio: le tecnologie per la transizione (in primis le fonti di energia rinnovabile) ci sono già e sono economicamente competitive.
Le risorse da investire devono essere molto maggiori di quelle attuali, sia sul fronte della mitigazione e ancora di più su quello degli interventi di adattamento, ma si ripagherebbero con i rischi evitati (eventi estremi, morti, migrazioni di massa). Ogni ritardo si traduce in temperature globali più alte, con impatti progressivamente più pesanti e imprevedibili. Agire rapidamente innesca anche importanti benefici di salute e di equità nei confronti dei paesi più poveri e vulnerabili agli impatti climatici. D’altra parte una transizione rapida rende necessari anche cambiamenti “potenzialmente dirompenti sulle strutture economiche esistenti”, che tuttavia possono essere minimizzati da politiche fiscali, finanziarie e di protezione sociale. Scienza in rete tornerà su questo fondamentale documento dell’IPCC anche nelle prossime settimane, con articoli e incontri online. Nel frattempo ti consigliamo di leggerlo, ne vale la pena. Lo trovi cliccando qui.
(Il grafico, ripreso del report IPCC, illustra cosa è successo dal 1990 a oggi e i diversi scenari futuri riportando il tutto alla durata della vita umana).
Dantedì: Dante aveva immaginato un Universo curvo?
Il 25 marzo 2023 si celebra il Dantedì, giorno dedicato a Dante Alighieri.
Patrizia Caraveo, astronoma, ha recensito un libro dedicato alla cosmologia nella Divina Commedia: The Sun and the Other Stars of Dante Alighieri, di due importanti astronomi italiani, Sperello di Serego Alighieri, discendente diretto del Poeta, e Massimo Capaccioli, che si sono impegnati per rendere comprensibile la visione di Dante a un pubblico globale. La ricostruzione del contesto storico, accompagnato dalla spiegazione dei dettagli astronomici, fornisce innumerevoli motivi per tornare a rileggere la Commedia a settecento anni dalla sua composizione. Il capitolo sul calendario della Commedia segna il punto di partenza della parte astronomica del libro. I successivi riguardano la Luna, i pianeti (cioè Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno, seguendo la visione tolemaica), le Stelle, la Via Lattea (con un'interessante deviazione sulle Nubi di Magellano, che Dante certamente non vide, anche se avrebbe potuto sentire parlare di mappe celesti arabe che li raffiguravano). Gli ultimi capitoli trattano argomenti più speculativi come la possibilità che Dante abbia potuto immaginare un Universo curvo, illimitato ma finito.
A questo proposito riproponiamo anche un articolo dedicato all’Universo di Dante da Marco Bersanelli, astronomo e astrofisico, che passa in rassegna alcune delle terzine in cui Dante dimostra una sorprendente attenzione alla descrizione dei fenomeni naturali, precisa anche dal punto di vista della spiegazione fisica, in particolare alle molteplici manifestazioni associate alla luce. Proprio la luce, per il suo valore simbolico e al tempo stesso per la varietà e la bellezza delle sue manifestazioni fisiche, finisce per giocare un ruolo centrale nella scenografia della Commedia. Ma è nella sua visione cosmologica, secondo Bersanelli, che Dante tocca il vertice di quell’aspetto della sua genialità che potremmo chiamare “pre-scientifico”: dall’immagine del cosmo dantesco e dell’Empireo si può ipotizzare in Dante l’intuizione di uno spazio curvo non euclideo, con il ricorso, per descrivere la relazione spaziale tra Terra ed Empireo, alla visione di quella che nel linguaggio della geometria moderna definiamo una “ipersfera”.
Un esempio di crisi idrica dall’Età del bronzo. Il 22 marzo si è celebrata la giornata mondiale dell’acqua. L’ONU ha lanciato l’allarme: l'acqua è sempre più a rischio nel mondo a causa dell'eccessivo sviluppo e del consumo “vampirico”. La siccità è un tema che riguarda il nostro Paese da molto vicino: secondo l’Ispra gli effetti della desertificazione sono già evidenti su oltre un quarto del territorio italiano. Un esempio di come un sistema reso fragile dallo sfruttamento eccessivo del suolo e delle risorse naturali può collassare a causa di una prolungata siccità viene dal lontano passato. Natalia Milazzo ha intervistato Andrea Zerboni, docente di Geografia Fisica e Geomorfologia all’Università degli studi di Milano, sugli studi che mettono in correlazione una crisi climatica di aridità con la scomparsa della civiltà terramaricola in Pianura Padana, dove erano in uso già 3200 anni fa pratiche di sovrasfruttamento del territorio legate all’agricoltura intensiva e al disboscamento massiccio. Una lezione importante per l’uomo di oggi, sulla necessità di gestire le risorse naturali in modo sostenibile.
I cinghiali sconfinano anche nelle città italiane. Che fare? La presenza di cinghiali negli ambienti abitati dall’uomo cresce velocemente, e non solo in Italia, creando problemi e pericoli: incidenti stradali (le stime per gli ultimi anni parlano di alcune migliaia di collisioni all’anno), cassonetti rovesciati, giardini distrutti; inoltre i cinghiali possono caricare le persone se si sentono minacciati e se vengono loro precluse vie di fuga, oppure involontariamente fare male insistendo nella richiesta di cibo. Laura Scillitani ha intervistato Andrea Monaco, del Dipartimento per il monitoraggio e la tutela dell’ambiente e per la conservazione della biodiversità dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), che spiega come il fenomeno sia in aumento: «Nel 2011 erano due le città italiane in cui era segnalata la presenza dei cinghiali nell'ambiente urbano, Genova e Trieste. Ci ritroviamo nel 2021 con oltre 100 città italiane interessate dalla presenza della specie tra le case». Le modalità di caccia e la pratica dura a morire di dare cibo ai cinghiali peggiora la situazione, alterando profondamente la popolazione rispetto alle caratteristiche che avrebbe naturalmente.
L’importanza della chimica verde, oggi più che mai. La “green chemistry” è una branca della chimica che si dedica a inventare, progettare e usare prodotti chimici e processi per ridurre o eliminare l'uso e la produzione di sostanze pericolose. La chimica verde o sostenibile mira a raggiungere la massima efficienza con il minimo spreco ambientale ed economico, evitando le sostanze pericolose e ponendosi in un'ottica di economia circolare; ha campi di applicazione molteplici, dalla creazione di bioplastiche con prodotti di scarto (per esempio alimentari) alla produzione di energia rinnovabile ed ecosostenibile (compreso l'idrogeno). Nata vent’anni fa, è una disciplina oggi più che mai attuale e risponde ai problemi più acuti della nostra epoca: ce ne parla Marco Taddia, che ha insegnato Chimica all'Università di Bologna ed è uno studioso di storia della Chimica. Taddia ha letto per noi Research Between Science, Society And Politics. The History and Scientific Development of Green Chemistry, di Johan Alfredo Linthorst (Academische Uitgeverij Eburon - Eburon Academic Publishers, Utrecht, 2023) e ci spiega i 12 principi etici della chimica verde.
Studi sull’attività cerebrale dei polpi: nuovo metodo non invasivo. Poter indagare l’attività cerebrale di un animale senza che questo debba essere immobilizzato rappresenta un vantaggio tanto per il benessere dell’animale quanto per la qualità del dato che si raccoglie, perché permette di studiare ciò che avviene nel cervello in condizioni naturali. Di recente un altro studio si è aggiunto a questo filone e ne abbiamo parlato su Research4life. Il lavoro, apparso su Current Biology, si è concentrato sui polpi e presenta una nuova metodologia per registrarne l’attività cerebrale, correlandola direttamente al comportamento osservato dell’animale. Questo sistema permette per la prima volta di studiarne l’attività cerebrale: finora non era stato possibile, perché i polpi si strappano gli oggetti estranei attaccati al corpo e non potevano dunque essere connessi ad apparecchiature dotate di cavi. Abbiamo intervistato Anna Di Cosmo, zoologa e neuroetologa dell’Università di Napoli Federico II, tra gli autori dello studio.
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SLA, nuovo bando AriSLA per progetti di ricerca. È aperto fino al 4 maggio il nuovo bando per il finanziamento di progetti di ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica (SLA) promosso dalla Fondazione Italiana di ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (AriSLA).
La SLA è una malattia neurodegenerativa grave dell’età adulta, difficile da diagnosticare e progressivamente invalidante, dovuta alla compromissione dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali, che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori. Attraverso il nuovo Bando, AriSLA selezionerà le proposte più innovative e di alta qualità scientifica presentate da ricercatori italiani, nelle aree di ricerca di base, preclinica e clinica osservazionale. I ricercatori potranno presentare le proposte attraverso la piattaforma online di Fondazione AriSLA.
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