Un’intelligenza artificiale capace di dedurre la massa e il volume del ventricolo sinistro del cuore analizzando l’immagine della retina e da lì stabilire se il paziente è a rischio di andare incontro a un infarto del miocardio. È l’ultima applicazione in ambito medico di un sistema di deep learning pubblicata la scorsa settimana su Nature Machine Intelligence da un gruppo di matematici, informatici e cardiologi coordinati da Alejandro Frangi, professore di medicina computazionale alla University of Leeds e dal 2019 membro del comitato per le tecnologie emergenti della Royal Academy of Engineering, e Andres Diaz-Pinto, ricercatore al King’s College London.
Ogni anno in Europa a 11 milioni di persone viene diagnosticata una tra le malattie cardiovascolari, che restano la prima causa di morte nel continente. Circa il 45% del totale dei decessi annuali può essere attribuito a una malattia cardiovascolare, per un totale di 3,8 milioni di morti all’anno. Tra i maggiori fattori di rischio sono stati identificati obesità, dipendenza da fumo e alcol, diabete, ipertensione. Ma il monitoraggio e la prevenzione di queste patologie richiede spesso l’intervento di medici specializzati in cardiologia. Per questo, la possibilità di sfruttare le immagini raccolte dagli oculisti per indirizzare i pazienti verso ulteriori approfondimenti è particolarmente promettente.
Che l’analisi del fondo oculare fosse capace di dare informazioni preziose sullo stato di salute del sistema cardiovascolare era già stato indicato da diversi studi negli ultimi vent’anni. La morfologia e la dimensione dei piccoli vasi sanguigni della retina sono indicatori di malattie vascolari più ampie, comprese le patologie cardiache. Nel 2018, i ricercatori di Google avevano messo a punto una rete neurale profonda, più precisamente una convolutional neural network (CNN), per dedurre a partire dalle immagini dei fondi oculari i principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari, come età, sesso, fumatore/non fumatore, pressione sistolica (massima) e anche l’insorgenza di infarto o ictus nei 5 anni successivi. L’algoritmo era stato sviluppato e testato su diversi database, tra cui quello della UK Biobank, mostrando che l’algoritmo era capace di prevedere l’insorgenza di un evento cardiovascolare maggiore (ictus o infarto) con un’accuratezza di poco inferiore ai sistemi di valutazione del rischio cardiovascolare che si basano solo sulla conoscenza dei fattori di rischio.
Il gruppo di scienziati coordinati da Frangi ha fatto un passo in più, sfruttando anche le informazioni contenute nelle immagini raccolte tramite risonanza magnetica cardiaca. Questo è stato possibile grazie a un particolare tipo di sistema di deep learning, chiamato multi-channel vector autoencoder (mcVAE), che è stato allenato per mettere in relazione le immagini della retina e quelle delle risonanze magnetiche cardiache in un gruppo di circa 5600 partecipanti alla UK Biobank per cui entrambi i tipi di immagine erano disponibili. Il sistema è stato poi sfruttato per dedurre le immagini cardiache a partire dai fondi oculari per quei pazienti per cui le immagini cardiache non erano disponibili. A sviluppare il sofisticato algoritmo è stato il matematico e informatico italiano Marco Lorenzi, ricercatore presso il centro Sophia Antipolis dell’Institut National de recherche en informatique et en automatique (INRIA) in Francia. Continua a leggere su Scienza in rete