fbpx I buchi neri esistono e noi li vediamo, indirettamente | Scienza in rete

I buchi neri esistono e noi li vediamo, indirettamente

Tempo di lettura: 5 mins

Nei giorni 11e 12 settembre 2009, si è tenuto a Ferrara un incontro internazionale  (http://www.fe.infn.it/astrofe2009/ ) per fare il punto circa la nostra comprensione dell'esistenza dei Buchi Neri (in inglese Black Holes, abbreviato BH) previsti nella Teoria della Relatività Generale di Einstein.

Abbiamo una chiara evidenza dell'esistenza di stelle compatte, le cui masse sono concentrate in piccoli volumi,  quali nane bianche e stelle di neutroni. Nel caso delle nane bianche, il raggio è dell'ordine di un migliaio di chilometri (km), mentre nel caso delle stelle di neutroni, esso è pari a circa 10 km. In altre parole, il raggio di una nana bianca è confrontabile con quello della Terra (circa 6000 km), mentre quello di una stella di neutroni è pari al raggio di una città media come Bologna.  Questi due tipi di stelle compatte sono il risultato dell'evoluzione della stella originaria nel corso della sua vita, mentre la compattezza  è il suo destino finale, la sua tomba. Si immagini che un centimetro cubo di stella di neutroni contiene più di mezzo miliardo di tonnellate di materiale.

Se però la massa finale della stella è superiore a tre volte quella del nostro Sole, allora le forze di pressione interna della stella non riescono a resistere alla gravità e la stella collassa ininterrottamente, formando un Buco Nero.

In Relatività Generale, un BH è una regione dello spazio in cui il campo gravitazionale è così forte che niente, neppure la luce, può sfuggire. Il Buco Nero possiede una superficie, chiamata orizzonte degli eventi, in cui gli oggetti possono cadere, ma niente può uscire. Esso è chiamato 'nero' in quanto assorbe tutta la luce che lo colpisce, nessuna luce viene riflessa, proprio come il corpo nero della termodinamica.

Nonostante che il suo interno sia invisibile, un BH può rivelare la sua presenza attraverso l'interazione con altra materia. Per esempio, la presenza di un BH può essere dedotta se uno vede del gas che cade in un buco nero proveniente da una stella compagna a cui è gravitazionalmente legato, come in un sistema binario di stelle. In tal caso ci si aspetta che il gas si muova verso il buco nero in un moto a spirale formando un disco (disco di accrescimento), e che, a causa dell'attrito tra strati gassosi contigui del disco, il gas si scaldi a temperature elevatissime (fino a decine di milioni di gradi) emettendo grandi quantità di radiazione che può essere rivelata da telescopi  in orbita attorno alla Terra. Tali osservazioni sono state effettuate, i dischi sono stati osservati  e c'è un consenso generale che  i Buchi Neri esistono nell'Universo e in particolare nella nostra Galassia.

Con l'avvento delle missioni spaziali di astronomia in raggi X, la nostra comprensione della fisica degli oggetti compatti è cambiata in modo drammatico. Grazie a queste missioni, da circa 10 anni, si dispone di dati osservativi su stelle compatte di eccezionale qualità, che hanno consentito di  ottenere risultati assolutamente nuovi, aprendo nuove questioni circa la fisica degli oggetti compatti.

Uno dei problemi aperti è quello di stabilire i criteri per dire che un sistema binario racchiude un BH. Finora è stato impiegato un metodo ampiamente condiviso della misura dinamica della massa dell'oggetto compatto. Se la massa supera tre masse solari, l'oggetto compatto è un BH. Questa stima di massa è ottenuta usando lo spostamento della frequenza delle righe ottiche della stella compagna  dovuto al suo moto di rotazione attorno al centro di massa del sistema.

Purtroppo queste osservazioni delle righe ottiche dalla stella compagna non sono sempre disponibili. Inoltre la misura della massa  non è una misura diretta della  presenza di un BH. La vera evidenza di BH si ha quando si osserva un orizzonte che la materia attraversa a senso unico: la materia va al di là dell'orizzonte ma niente proviene al di qua.

Fortunatamente il gas che si trova attorno a un BH è trasparente ai raggi X, per cui noi possiamo sondare la regione più vicina al BH usando le osservazioni X. Uno dei risultati più eccitanti di tali osservazioni è che noi vediamo una caduta libera del gas dal disco di accrescimento verso il BH. In base alla teoria della Relatività Generale, il gas orbita attorno al BH formando un disco solo fino a una distanza pari a 3 volte il raggio dell'orizzonte del BH. Per distanze inferiori, il moto è  in caduta libera, come un fiume che termina con una cascata simile a quella del Niagara. In questa zona, il campo gravitazionale è così forte che niente può fermare della materia in caduta libera.

Usando la teoria dell'accelerazione dei fotoni, simile a quella dell'accelerazione delle particelle sviluppata da Enrico Fermi, Lev Titarchuk aveva previsto sin dal 1995 che, quando si ha il regime di caduta libera vicino a un BH, l'estremità superiore degli spettri in energia dei raggi X decresce in modo quasi indipendente dalla quantità di materiale in caduta libera nel BH.

E' come se tale materiale formasse un pistone solido di gas ionizzato che spinge i raggi X, presenti nelle vicinanze, dentro il BH. In questo moto però,  una certa  frazione di fotoni che urtano contro gli elettroni del gas vengono deviati verso l'esterno e dovrebbero essere visibili da un osservatorio X, almeno durante gli stati di alta luminosità  X delle sorgenti candidate BH. Ebbene, risultati recenti di analisi sistematiche  di dati da BH ottenuti con i satelliti Rossi-XTE e BeppoSAX confermano queste previsioni. Così possiamo affermare che effettivamente osserviamo come la materia cade nel Buco Nero e resta intrappolata al di là dell'orizzonte del BH.

Figura 1 | Schema di un sistema binario

sistema binario

Si vede la stella normale che trasferisce materia al BH formando un disco. La regione bianca al centro è quella in cui il moto della materia da un moto a spirale diventa moto in caduta libera. Il BH (non visibile) si trova al centro del disco di accrescimento.

Figura 2 | Evoluzione spettrale

evoluzione spettrale

Spettri in energia dei  raggi X da una sorgente (XTE J1650-500) candidata BH, in temi diversi.  E' visibile l'evoluzione dello spettro che avviene col cambiamento di intensità della sorgente. Nello stato maggiore intensità, lo spettro converge nelle forma mostrata coi colori verde e arancio.Questa evoluzione è tipica delle sorgenti BH. La figura è stata ottenuta da E. Montanari,  L. Titarchuk e F. Frontera analizzando dati del satellite italiano BeppoSAX. Essa è pubblicata nell'Astrophysical Journal del 2008, vol.  692, p. 1597.

__________________

ritratto di Lev TitarchukLev Titarchuk
Astrofisica, Università di Ferrara


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La COP sei tu, economia

Il presidente della COP 29 di Baku, Mukhtar Babayev, chiude i lavori con applausi più di sollievo che di entusiasmo. Per fortuna è finita. Il tradizionale tour de force che come d'abitudine è terminato in ritardo, disegna un compromesso che scontenta molti. Promette 300 miliardi di dollari all'anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione, rimandando al 2035 la "promessa" di 1.300 miliardi annui richiesti. Passi avanti si sono fatti sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che regola il mercato del carbonio, e sul tema della trasparenza. Quella di Baku si conferma come la COP della finanza. Che ha comunque un ruolo importante da giocare, come spiega un report di cui parla questo articolo.

La COP 29 di Baku si è chiusa un giorno in ritardo con un testo variamente criticato, soprattutto dai paesi in via di sviluppo ed emergenti che hanno poca responsabilità ma molti danni derivanti dai cambiamenti climatici in corso. Qualche decina di paesi, fra i quali le piccole isole, saranno inabitabili se non definitivamente sott’acqua se non si rimetteranno i limiti posti dall’Accordo di Parigi del 2015, cioè fermare il riscaldamento “ben sotto i 2°C, possibilmente. 1,5°C”, obiettivo possibile uscendo il più rapidamente possibile dalle fonti fossili.