fbpx Nuove politiche di invecchiamento attivo | Scienza in rete

Nuove politiche di invecchiamento attivo

Tempo di lettura: 3 mins

Per anni i produttori di videogiochi hanno sostenuto che il loro utilizzo stimola, non danneggia, l’intelligenza. Oggi uno studio condotto da un gruppo di neuroscienziati dell’Università della California (San Francisco) sembra dar loro ragione. La ricerca, pubblicata da poco su Nature, dimostra che se un gioco è pensato per agire su di uno specifico deficit cognitivo, la sua pratica può effettivamente portare benefici. L’esperimento ha utilizzato un videogame tridimensionale chiamato NeuroRacer in cui il giocatore deve manovrare una macchina da corsa evitando gli ostacoli che di volta in volta compaiono sul tracciato. Scopo dello studio era misurare l’effetto benefico che questa attività ludica esercita sulla capacità di svolgere più compiti contemporaneamente in un soggetto anziano che ha quindi difficoltà, nella vita quotidiana, a concentrarsi su più di un’azione alla volta. Per un mese, 46 persone di età compresa fra i 60 e gli 85 anni anni hanno giocato a NeuroRacer, diventando sempre più bravi, fino a battere i record di altri partecipanti allo studio appena ventenni. Il miglioramento delle capacità di agire in maniera multitasking legato all’utilizzo del videogioco è apparso evidente, aumentando la capacità degli anziani di concentrarsi, memorizzare informazioni e influenzando lo svolgimento di attività di tutti i giorni, anche a distanza di mesi dalla conclusione dell’esperimento.

Se confermata da ulteriori evidenze, si tratta di un’ottima notizia con grande potenziale di applicazione a società come la nostra in cui un progressivo tasso di invecchiamento della popolazione si accompagna ad una sempre maggiore digitalizzazione delle attività: due fenomeni che finora non si sono contaminati ma che potrebbero invece beneficiare l’uno dell’altro. La Commissione Europea ha calcolato che sono circa 2 milioni ogni anno i nuovi ultrasessantenni, il doppio rispetto a dieci anni fa. Il 2012 è stato dichiarato dalla Unione Europea l'Anno dell'Invecchiamento Attivo e della Solidarietà tra le Generazioni, e sono state promosse iniziative mirate a tradurre le sfide demografiche in opportunità e crescita, in campo sociale e sanitario, lavorativo ed economico. Se da un lato l'allungarsi della vita potrebbe potenziare ulteriormente il ruolo dell'anziano nella società, dall'altro occorre prevedere misure ad hoc. Appare ormai chiaro che concentrare gli investimenti sui segmenti dedicati ad infanzia ed età adulta non è soltanto eticamente criticabile ma, visto il peso della percentuale anziana della nostra popolazione, anche strategicamente poco lungimirante. Per longevità, con un’aspettativa media di vita di 81 anni e mezzo, l'Italia è tra le prime nazioni europee ed è superata solo dal Giappone, a livello globale. Gli ultrasessantacinquenni rappresentano il 20,3% del totale, con punte del 23% in regioni come Toscana e Umbria, e oltre il 22% in Emilia Romagna e Marche. Una bambina su due, tra quelle nate oggi in Italia, arriverà a compiere cento anni. Il patto fra generazioni deve necessariamente diventare uno dei nodi cruciali per nuove, efficaci politiche socio-sanitarie.

Eppure il nostro paese appare ancora in drammatico ritardo sulla ricerca e la costruzione di realtà modulate sulle esigenze della sua popolazione anziana. Le politiche per un invecchiamento attivo e di qualità non segnano a sufficienza la nostra agenda politica, mentre è la sopravvivenza stessa del nostro assetto sociale ad imporci un cambio di rotta. Accanto a stanziamenti per l’ammodernamento e la promozione di strutture dedicate all’assistenza agli anziani, serve investire sull’educazione a stili di vita corretti e sulla prevenzione, a partire dalle giovani generazioni. Un paese più sano e più attivo abbassa i costi sanitari legati alle patologie prevenibili e raggiunge livelli maggiori di produttività e, soprattutto, di qualità della vita. Ogni settore, dal lavoro alla cultura, dalla tecnologia all’intrattenimento, dovrà confrontarsi con il nuovo profilo demografico della nostra società ed è auspicabile che lo faccia per tempo, tenendo conto del prezioso contributo della ricerca più avanzata.

Premio giovani ricercatrici e ricercatori


Il Gruppo 2003 per la ricerca scientifica indice la quarta edizione del "Premio giovani ricercatrici e ricercatori edizione 2025" per promuovere l'attività di ricerca e richiamare l'attenzione delle istituzioni e dell'opinione pubblica sulle nuove generazioni di scienziate e scienziati.



prossimo articolo

Condannata la Francia per la morte da alghe verdi: ecco cosa è successo

Le alghe verdi nella baia di St Brieuc

Una tragedia sulle spiagge della Bretagna ha scoperchiato un caso di inquinamento ambientale e silenzi istituzionali durato decenni. L’8 settembre 2016 un uomo viene ritrovato morto su una spiaggia del comune di Hillion, e la sua morte è attribuita a cause naturali; ma, dopo una serie di indagini approfondite, si scopre che è legata alla presenza di alghe nella zona, al gas che hanno generato e soprattutto all’agricoltura e agli allevamenti intensivi. Questa vicenda ha portato la giustizia francese a riconoscere per la prima volta la responsabilità dello Stato.

In copertina: Le alghe verdi nella baia di St Brieuc, in Bretagna. Crediti immagine: Denis Brothier/Flickr. Licenza: CC BY-NC-SA 2.0

Jean-René Auffray era un cinquantenne che abitava lungo la costa bretone, appassionato di jogging e in ottima salute. L’8 settembre 2016 è uscito a correre come al solito, ma non ha  più fatto ritorno. Il suo corpo è stato ritrovato vicino alla foce del fiume Gouessant, nel comune di Hillion, e più precisamente nella baia di Saint-Brieuc, che si affaccia sul golfo di Saint-Malo: giaceva in mezzo al fango, circondato da tonnellate di alghe verdi che tappezzavano la spiaggia e il mare fin dall’inizio della primavera.