fbpx Donne e astronomia, una lunga storia | Scienza in rete

Donne e astronomia, una lunga storia

Tempo di lettura: 3 mins

Il cielo dimenticato in un baule è un piccolo, affettuoso, libro scritto da una donna, per altre donne (ma non solo) e che racconta storie di donne. Donne di scienza: in particolare donne che si sono dedicate all’astronomia. Dunque donne e cielo: forse un accostamento naturale ma non per questo scontato o banale, come ci racconta il fisico Gabriella Bernardi, a sua volta donna di scienza con la passione per la divulgazione scientifica. Il volume è stato pubblicato lo scorso novembre, ma a pochi mesi dalla scomparsa di Margherita Hack, forse la più famosa astronoma e divulgatrice italiana, si rivela più che mai attuale per raccontare con leggerezza il rapporto non sempre facile tra le donne e la scienza.
L’idea del libro (pensato prima di tutto per giovani lettori ma godibile da chiunque provi curiosità per la storia dell’astronomia) nasce dalle domande di alcune giovanissime osservatrici del cielo, durante gli incontri che l’autrice ha tenuto presso vari planetari. Non è un caso quindi che a partire dal titolo, tutto rimandi ad atmosfere familiari d’altri tempi, quasi fiabesche. Una bambina (forse l’autrice?) nella casa di campagna degli zii, una misteriosa soffitta con un vecchio baule polveroso pieno di carte e fotografie ingiallite dal tempo e tante domande a cui dare risposte.
Da qui inizia il racconto onirico che porterà Martina, la piccola protagonista, in un caldo pomeriggio d’estate, a incontrare una lunga serie di figure femminili, tutte accomunate dalla passione per la scoperta e dalla voglia di trovare una risposta alle tante domande che l’osservazione del cielo ha sempre suscitato. Così, come in un intimo viaggio nel tempo, partendo dal 2000 a. C. per arrivare ai giorni nostri, davanti agli occhi della bambina sfilano tante figure di donne. Da En Heduanna, la sacerdotessa babilonese della dea Luna, a Ipazia d’Alessandria. Da Sophie Brahe, sorella del famoso astronomo danese Tycho, a Caroline Herschel, scopritrice di comete, galassie e ammassi stellari e anch’essa sorella del famoso William Herschel, astronomo del re d’Inghilterra. Passando per Maria Winkelmann, prima scopritrice di una cometa nel 1702, che però se ne vide sottrarre il riconoscimento ufficiale dall’Accademia delle Scienze tedesca a favore del marito, Gottfried Kirch anch’egli astronomo, perché non sembrava possibile che una donna fosse capace di una scoperta di tale importanza. O, ancora, per Gabrielle Du Chatelet su cui perfino il grande Voltaire scivolò, scrivendo di lei dopo la sua morte: “Una donna che traduceva e spiegava Newton […] in una parola, davvero un grande uomo”!
E questa, in definitiva, è la vera chiave di lettura de Il cielo dimenticato in un baule: la questione di genere anche nel mondo della scienza. Un testo che con i toni gentili della favola (ma non per questo arrendevoli) pone all’attenzione del lettore una questione forse antica quanto il mondo, come ci ricorda l’autrice, che non a caso apre il suo testo con le parole di Sonduk, la regina-astronoma di Corea vissuta intorno al 600 a. C.:

“Conoscerò mai la verità sulle stelle? Sono troppo giovane per avventurarmi in teorie sul nostro Universo. So solo che voglio capire di più. Io voglio sapere tutto quello che posso. Perché dovrebbe essermi proibito”?

Romualdo Gianoli


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Perché ridiamo: capire la risata tra neuroscienze ed etologia

leone marino che si rotola

La risata ha origini antiche e un ruolo complesso, che il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi esplorano, tra studi ed esperimenti, nel loro saggio Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale. Per formulare una teoria che, facendo chiarezza sugli errori di partenza dei tentativi passati di spiegare il riso, lo vede al centro della socialità, nostra e di altre specie

Ridere è un comportamento che mettiamo in atto ogni giorno, siano risate “di pancia” o sorrisi più o meno lievi. È anche un comportamento che ne ha attirato, di interesse: da parte di psicologi, linguisti, filosofi, antropologi, tutti a interrogarsi sul ruolo e sulle origini della risata. Ma, avvertono il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi fin dalle prime pagine del loro libro, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024):