fbpx La biblioteca digitale, fra Marconi e la scienza aperta | Scienza in rete

La biblioteca digitale, fra Marconi e la scienza aperta

Primary tabs

Tempo di lettura: 13 mins

Guglielmo Marconi, il precursore

Nel 1932 Guglielmo Marconi scrive: «Il Consiglio Nazionale delle Ricerche svolge la sua azione non solo con le ricerche sperimentali; esso si preoccupò di creare alcuni servizi la cui mancanza in Italia costituiva una causa di debolezza per la nostra organizzazione economica e per il progresso scientifico e industriale del nostro paese [...] Fu istituito e ha già iniziato in Roma il suo funzionamento il Centro nazionale di notizie tecniche. Tali notizie, mediante anche un largo uso della riproduzione fotografica, possono essere inviate agli interessati che le richiedano. L'importanza di questa pubblicazione è veramente notevole» («La ricerca scientifica», anno III, 2, n. 9-10). Con queste parole, lo scienziato enfatizza la peculiare funzione strategica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che è quella, come recita ufficialmente la sua missione, di «creare valore attraverso la conoscenza generata dalla ricerca»; e sottolinea, con decisa e lungimirante consapevolezza, l’urgenza di mettere a punto servizi in grado di facilitare e promuovere quello che noi oggi chiamiamo il Knowledge and Technology Transfer (KTT), in modo che la ricerca diventi realmente il motore del progresso nazionale, scientifico e industriale ad un tempo. Proprio nell’ottica di sostenere adeguatamente «la valorizzazione e l’utilizzazione» ampia «dei risultati della ricerca» e dunque «la diffusione della conoscenza nella società» (art. 3 dello Statuto del CNR), l’accento si pone quindi sull’importanza cruciale di un’efficace circolazione e pubblicazione delle notizie tecniche, il cui Centro nazionale è ormai in piena attività. L’enfasi sul largo uso della riproduzione fotografica focalizza infine il ruolo chiave che le più recenti tecnologie – quali sono appunto in quegli anni la fotoriproduzione e il microfilm – giocano nella diffusione della conoscenza scientifica. L’intuizione marconiana evidenzia due punti nodali, simultaneamente teorici e pratici, che costituiscono due capisaldi dell’attualità contemporanea:

  • il saldarsi, in una simbiosi sinergica, della ricerca all’informazione scientifica e tecnologica e al sistema della sua comunicazione, al cui funzionamento e alla cui riconfigurazione contribuisce in maniera determinante l’innovazione tecnologica; 
  • l’instaurarsi e il consolidarsi di un nesso stretto e di un flusso bidirezionale continuo fra scienza e società, vitale per lo sviluppo integrale di ogni nazione che aspiri ad essere moderna perché capace di fertilizzarne segmenti sempre più ampi e diversificati; flusso che peraltro giustifica e dà pieno significato alla Biblioteca Centrale del CNR, definendone esattamente la natura e la funzione precipua. Si coglie quindi nitidamente, peraltro comprensibilmente ben radicata nel milieu autobiografico di Marconi, una visione della ricerca – e di quella del CNR in particolare – che ha abbandonato gli angusti confini e le rigidità dell’accademia e l’illusione della sua autarchia, per aderire ad un’idea matura di scienza che coincide con quella contemporanea: già prefigura, infatti, le istanze più attuali di respiro internazionale, di apertura, di condivisione e di crescente partecipazione dei cittadini.

Dalla realtà fisica all’universo digitale

Guglielmo Marconi, dal 1927 Presidente del CNR e primo Direttore della Biblioteca Centrale istituita proprio in quell’anno, comprende che i destini dell’Ente e della sua Biblioteca sono inestricabilmente legati. In tal modo nel 1932, cavalcando abilmente l’entusiasmo del regime per la scienza e l’innovazione tecnologica, il suo impegno esibito per la rinascita dell’Italia all’insegna della modernità e la sua vocazione sociale e civile tanto vistosamente ostentata, propone a Mussolini «la soluzione più pratica ed economica» per rispondere all’espansione sia delle attività del Consiglio Nazionale delle Ricerche sia dei servizi del Centro nazionale di notizie tecniche, ottenendone l’immediata approvazione: la costruzione di un edificio sufficientemente ampio, in grado di ospitare contemporaneamente l’Ente e la sua Biblioteca; l’area prescelta è «precisamente in vicinanza della nuova città universitaria»3, la grandiosa città ideale della cultura e della scienza, eretta dall’Italia fascista nell’ambito del più vasto risveglio urbanistico e architettonico degli anni Trenta. Il cantiere resta aperto per quattro anni: la nuova sede del CNR e della Biblioteca Centrale è inaugurata nel 1936. La Biblioteca Centrale, che sarà intitolata a Guglielmo Marconi nel 1995, nei decenni successivi si sviluppa a tal punto che nel 1961 si decide la costruzione della torre libraria, un deposito di quattordici piani.

È il tempo della Big Science, per rammentare il titolo di una delle più celebri opere del padre della scientometria, Derek J. de Solla Price4, e, con le parole d’ordine di quel decennio, della Growth of knowledge e del complementare aumento vertiginoso dell’informazione, la prima vera Information explosion. La crescita del patrimonio materiale della Biblioteca Centrale è così inarrestabile: oggi ammonta complessivamente a circa 480.000 volumi, per quasi 16.000 metri lineari. La rivoluzione digitale ha però mutato radicalmente lo scenario: l’attuale “biblioteca digitale” del CNR mette infatti a disposizione, dell’utenza scientifica e non più di 10.000 periodici ogni anno e approssimativamente 50.000 e-book, 20.000 “proceedings” e 5.000 standard. Per dare soltanto l’idea, con un calcolo sommario, l’incremento totale potrebbe raggiungere in dieci anni quasi 780.000 volumi pari a circa 26.000 metri lineari, equivalenti ad un’altra torre libraria di ben ventitré piani.

Il nuovo paradigma scientifico: la Petabyte Age

Oggi l’orizzonte scientifico appare contrassegnato non soltanto dall’accrescimento quantitativo – eccezionale sia per volume che per velocità – di dati, informazioni e conoscenze (l’information overload5 o, con il più icastico termine odierno, l’infobesity6), ma da un vero e proprio cambiamento di paradigma kuhniano. Secondo Chris Anderson – l’editor in chief di Wired, autore di due notissimi contributi pubblicati nel 20087 – nella nuova Petabyte Age il data deluge ha decretato l’obsolescenza di alcuni elementi fondanti del metodo scientifico tradizionale e quindi la fine della teoria, ovvero la fine della scienza, così come è stata intesa in passato: fino a ieri, infatti, la ricerca della conoscenza cominciava con la messa a punto di grandi teorie generali, imponenti nella loro esaustività onnicomprensiva; al contrario, oggi inizia con enormi quantità di dati. Sulla stessa linea, il fisico Michael Nielsen - membro del “Working group on Open Data in Science”, all’interno dell’Open Knowledge Foundation di Cambridge - sottolinea il potenziale rivoluzionario della scienza contemporanea non soltanto per quel che riguarda la sociologia della scienza, ma anche sotto il profilo propriamente epistemologico e, più in generale, cognitivo; ne mette a fuoco l’approccio innovativo, che dalla Rete muove verso l’intelligenza collettiva in un’autentica reinvenzione della scoperta scientifica, mediante vie finora inesplorate: «in modo lento e silenzioso» la Networked Science sta finalmente nascendo e la trasformazione in atto è davvero epocale8. La nuova scienza, infatti, ha ormai metabolizzato completamente la consapevolezza dell’avanzare aperto, dialogico e metamorfico del lavoro scientifico e della sua dimensione sempre più cooperativa e universale; e ha assimilato altresì l’esigenza di una sua integrale condivisione su larga scala: di dati, problemi, linguaggi, metodi; di ipotesi, esperimenti, risultati, prodotti; di discussioni e teorie interpretative. La rivoluzione in corso è il frutto dell’azione concomitante di alcune tendenze dominanti, tutte riconducibili ad un’unica direttrice di sviluppo fondamentale, la crescente apertura e condivisione del lavoro scientifico in senso lato, dei prodotti e dei risultati della ricerca. Queste tendenze hanno infranto i confini tradizionali fra scienza e comunità degli scienziati da una parte e società dall’altra; e cancellato definitivamente l’idealizzazione della repubblica delle scienze di Robert K. Merton ovvero, ancor più esplicitamente, della repubblica autonoma della scienza di Michael Polanyi, con le sue utopiche aspirazioni di autosufficienza e di autoregolamentazione, a lungo pervicacemente perseguite; e, corrispondentemente, hanno rivoluzionato lo stesso sistema tradizionale della comunicazione scientifica, con l’irruzione e il moltiplicarsi della letteratura grigia, il datasharing, l’affermazione di forme collaborative di costruzione del contenuto (wiki), lo sviluppo inarrestabile di un “docuverso”9 partecipativo e un completo rinnovamento dei contenuti e del linguaggio stesso della scienza. Esse si possono sintetizzare nel modo seguente:

  1. la progressiva apertura dell’accesso (open access) alla produzione scientifica e ai risultati della ricerca avviene all’insegna della cooperazione – quanto più ampia e universale possibile – fra gli scienziati e della partecipazione attiva dei cittadini, e quindi della trasparenza e della disintermediazione; 
  2. l’ascesa della networked science, la scienza in rete, trae proprio dalla Rete – intesa non solo come infrastruttura tecnologica, ma come principale archetipo e come spazio e modalità privilegiati della scienza in azione10 e della sua comunicazione – la sua configurazione profonda, la sua natura rizomatica, la sua caratteristica dimensione creativa; e, via via che si accentuano l’apertura e la libertà del lavoro degli scienziati, la dimensione comunitaria e collaborativa, la condivisione dei dati della ricerca, dei metodi di indagine e delle teorie al loro nascere, l’adozione di strumenti, strategie, obiettivi e linguaggi comuni, l’impiego diffuso delle tecnologie relazionali e collaborative e delle piattaforme partecipative – dal web 2.0 ai social media11 – il confine fra repubblica delle scienze e società si fa sempre più labile e la scienza viene ad affrontare in misura sempre maggiore i problemi della società nel suo complesso (citizen science); 
  3. infine, la open notebook science produce un modello alternativo, ancora in via di definizione, di scienza e comunicazione scientifica. Le nuove tecnologie, infatti, consentono di far circolare attraverso le reti virtuali fra gli scienziati – individuali, istituzionali, settoriali e intersettoriali – e di condividere ampiamente, offrendole al dibattito con i colleghi e con i non specialisti, tutte le differenti tipologie di contenuti e prodotti, che documentano in tempo reale la ricerca nel suo farsi, l’in fieri del lavoro del ricercatore nella sua dimensione immediata, più vitale e dinamica12: pre-print, rapporti di ricerca, appunti di laboratorio, dati e risultati dell’attività di ricerca ai vari livelli della loro elaborazione. In tal modo, il sogno di Marconi, dilatandosi in un continuum spazio-temporale illimitato e stratificandosi in una imprevedibile profondità documentaria, appare oggi non solo realizzato, ma ampiamente superato.

La Science & Technology Digital Library

È in questo scenario estremamente fluido e composito che nasce il Progetto Science & Technology Digital Library, una delle iniziative dell’Agenda digitale italiana per lo sfruttamento delle ICT allo scopo di favorire crescita, innovazione e competitività, in linea con l’Agenda digitale europea (Strategia EU 2020). Oggetto di un’apposita Convenzione siglata il 17 luglio 2012 tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche e il Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell’ambito di un protocollo tra il MIUR e il CNR, il Progetto è ispirato ad alcuni principi chiave della nuova era: integrazione, apertura, interoperabilità; cooperazione e condivisione; un community-centred approach che pone il focus sui servizi e dunque sui differenti segmenti di utenza e sulla loro voce. Esso intende sviluppare un sistema integrato per l’accesso all’informazione sulla R&S rivolto non solo alla comunità scientifica nazionale, ma anche ad una più vasta platea, che rappresenta il tessuto sociale e produttivo del Paese. Il sistema sarà interoperabile con i principali sistemi informativi nazionali e internazionali e garantirà:

  • l’accesso permanente, certificato ed efficace a risorse informative bibliografiche e documentarie nonché a dati scientifici, tecnici, statistici, attività/programmi di ricerca, expertise, ecc.; 
  • l’integrazione dei sistemi di gestione e di erogazione di servizi bibliografici, bibliotecari e biblioteconomici; 
  • l’integrazione della documentazione, dei prodotti e dei dati tecnico-scientifici resi disponibili da altre istituzioni che operano nel settore della R&S nella logica dell’Open Government e dell’Open Access; 
  • lo sviluppo di servizi avanzati profilati sulle esigenze informative dell’utenza; 
  • l’implementazione di attività e servizi finalizzati alla valorizzazione e alla conservazione della produzione scientifica nazionale (deposito legale). Grazie allo sviluppo di strumenti e servizi infrastrutturali come la persistent identification, il digital right management e il social semantic web, il sistema assicurerà all’utente un ruolo da protagonista: non solo destinatario e fruitore di una ricca gamma di contenuti e servizi – quali, ad esempio, la piattaforma e i repository, il metaOpac, la digital preservation, il reference virtuale, la formazione a distanza – resi disponibili attraverso il portale - un social semantic web portal - ma chiamato a partecipare e a contribuire fattivamente alla digital library.

Il futuro della memoria

Con il titolo di un volume profetico di Paolo Bisogno 13, si vuole enfatizzare il valore insostituibile dell’informazione scientifica nella società odierna e il ruolo decisivo dell’attività documentaria. Non si tratta più, infatti, di conservare semplicemente il patrimonio ereditato dal passato, ma di instaurare in modo permanente una continuità feconda fra il passato, il presente e il futuro nel processo ininterrotto di creazione della conoscenza. Dalla conservazione del passato – contraddistinta dai limiti intrinseci alle modalità tradizionali, dalla chiusura e dall’autoreferenzialità – si è passati alla digital preservation del presente e del futuro, che permette:

  • una conservazione attiva e flessibile, efficace, duratura e sostenibile; 
  • l’integrità e l’autenticità a lungo termine di oggetti, dati e informazioni; 
  • l’accesso e la fruizione più ampia e diffusa del patrimonio e una sua migliore valorizzazione. Fra teoria e prassi, viene oggi in primo piano, sulla scia di Bisogno, il legame nativo e strutturale fra informazione scientifica/documentazione della scienza da un lato e scienza dall’altro: l’informazione scientifica è insieme il prodotto della scienza (passato) e il motore della scienza e dell’innovazione (futuro), in un incessante processo ricorsivo di produzione e circolazione/diffusione della conoscenza scientifica. E le nuove tecnologie ricoprono un’importanza cruciale nell’evoluzione del sistema della comunicazione scientifica tuttora in corso. Ritorna pertanto prepotentemente d’attualità il valore creativo e proattivo della ricerca e, più in generale, della conoscenza scientifica, capace di plasmare e di trasformare radicalmente la società, implicito del resto nel titolo della famosa collana di Bisogno cui l’opera appartiene, «Prometheus» appunto.

La scienza nella società e per la società: nel solco di Marconi verso l’Open Science

In una continuità ideale con l’opera di Marconi, nel contesto globale si profilano in tal modo due sfide essenziali:

  • la costruzione di un rapporto stabile e profondo fra scienza e società, che tenda con determinazione all’apertura della scienza;
  •  grazie alla graduale apertura della scienza, la promozione dell’accesso e del suo utilizzo, valorizzando, diffondendo e integrando le conoscenze scientifiche nel più vasto tessuto della società. In tale prospettiva l’Open Information System costituisce il punto di partenza, concreto eppure ambizioso, del progredire spiraliforme della conoscenza che, nel suo incessante rigenerarsi, si fonda sull’Open Access, integra le sfide dell’Open Government14 e degli Open Data15 e muove decisamente, con sempre maggiore consapevolezza, verso il traguardo dell’Open Science.

Fonte: http://www.urp.cnr.it/divulgazione/
L’articolo trae origine dall’intervento di Maurizio Lancia1, intitolato Science and Technology Digital Library (qui ampliato con la collaborazione di Lisa Reggiani2), tenuto al convegno «Cultural Heritages and Societal Challenges. SSH Data and Digital Libraries», che si è svolto lo scorso 13 giugno a Roma, presso la Sede Centrale del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’ambito delle manifestazioni celebrative per il Novantennale dell'Ente.

Note:

1- Maurizio Lancia, Direttore dell’Ufficio Sistemi Informativi e Documentali del CNR.

2_ Lisa Reggiani, Tecnologa dell’Ufficio Sistemi Informativi e Documentali del CNR.

3_ «Promemoria» di Guglielmo Marconi a Benito Mussolini del 2 agosto 1932.

4_ Derek J. de Solla Price, Little science, big science, New York, Columbia University Press, 1963 (trad. ital. Sociologia della creatività scientifica, Milano, Bompiani, 1967).

5_ Espressione di vastissima e duratura fortuna, coniata nel 1970 da Alvin Toffler.

6_ Cfr. Alan G. Fraser, Frank D. Dunstan, On the impossibility of being expert, in «British Medical Journal», 341, 2010, c6815.

7_ The End of Theory: the data deluge makes the scientific method obsolete, in«Wired Magazine», 16.07, 23 giugno 2008; The End of Science: the quest for knowledge used to begin with grand theories. Now it begins with massive amounts of data. Welcome to the Petabyte Age, in «Wired», July 2008.

8_ Michael Nielsen, Reinventing discovery. The New Era of Networked Science, Princeton, University Press, 2011 (trad. ital. Le nuove vie della scoperta scientifica, Torino, Einaudi, 2012).

9_ Il termine, nato dalla fusione di due parole, “documento” e “universo”, e ora di larghissimo impiego nei contesti più vari, si deve a Ted Nelson, il visionario ideatore del Progetto Xanadu (1965).

10_ Harold Garfinkel, Michael Lynch, Eric Livingston, The work of a discovering science construed with materials from the optically discovered pulsar, in «Philosophy of the Social Sciences», 11, 1981, pp. 131-158.

11_ Da qualche anno la Scienza 2.0 si confronta utilmente, grazie ad una seria riflessione critica, con l’ossatura essenziale della tradizione scientifica, dando vita alla Scienza 3.0, su cui ferve il dibattito, non solo scientifico. Cfr. ad es. Vladimir B. Teif, Science 3.0: Corrections to the Science 2.0 paradigm, January 2013 <http://arxiv.org/abs/1301.2522>.

12_ Si veda Robert K. Merton, Social Theory and Social Structure, third edition, revised and enlarged, New York, Free Press, 1968 (trad. ital. Teoria e struttura sociale, Bologna, Il Mulino, 2000); cfr. anche la «Preface» alla sua opera On the Shoulders of Giants. A Shandean Postscript. The Vicennial Edition, San Diego New York London, Harcourt Brace Jovanovich, 1985 (trad. ital. Sulle spalle dei giganti. Poscritto shandiano, Bologna, Il Mulino, 1991).

13_ Paolo Bisogno, Il futuro della memoria. Elementi per una teoria della documentazione, in «Prometheus», 18, 1995.

14_ Principio che garantisce la trasparenza della pubblica amministrazione e la partecipazione attiva dei cittadini.

15_ Essi, nella loro estrema eterogeneità, risultano facilmente indicizzabili, leggibili e riutilizzabili.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Perché ridiamo: capire la risata tra neuroscienze ed etologia

leone marino che si rotola

La risata ha origini antiche e un ruolo complesso, che il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi esplorano, tra studi ed esperimenti, nel loro saggio Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale. Per formulare una teoria che, facendo chiarezza sugli errori di partenza dei tentativi passati di spiegare il riso, lo vede al centro della socialità, nostra e di altre specie

Ridere è un comportamento che mettiamo in atto ogni giorno, siano risate “di pancia” o sorrisi più o meno lievi. È anche un comportamento che ne ha attirato, di interesse: da parte di psicologi, linguisti, filosofi, antropologi, tutti a interrogarsi sul ruolo e sulle origini della risata. Ma, avvertono il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi fin dalle prime pagine del loro libro, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024):