fbpx Morte cerebrale e donazione di organi | Scienza in rete

Morte cerebrale e donazione di organi

Read time: 4 mins

Ad aprire i lavori del Festival della Salute, che si è tenuto a Viareggio dal 24 al 27 settembre, è stato il workshop "Morte cerebrale e donazione di organi: Etica e scienza a confronto". Il workshop, dalla forte impronta internazionale (vedi Nature) è stato organizzato congiuntamente da Giovanni Boniolo, Professore di Filosofia alla facoltà di Medicina dell'Università di Milano e all'Istituto Firc di Medicina Molecolare (Milano) e da Ignazio Marino, Dipartimento di Chirurgia del Jefferson Medical College (Philadelphia, US) e membro del Senato Italiano. Il meeting si è inaugurato con la lezione magistrale di Bernardino Fantini, storico della medicina all'università di Ginevra,  che ha fornito un'analisi storica dell'evoluzione del concetto di morte.

Boniolo ha fornito una chiarificazione epistemologica delle nozioni  che vengono usate nel dibattito per definire la morte cerebrale. Ha così distinto i diversi livelli dell'analisi (scientifico, legale, etico), argomentando che la competenza epistemologica è necessaria per affrontare correttamente una questione così complessa come, appunto, la definizione di morte cerebrale. Quindi ha dimostrato come la scelta tra diversi criteri, che devono essere pensati come costrutti sociali basati su una conoscenza clinica, deve essere effettuata attraverso un dibattito pubblico ben argomentato.

John Harris, professore di filosofia a Manchester, ha sottolineato il bisogno sociale pressante di donazione di organi. Di conseguenza, ha provocatoriamente sostenuto un sistema di espiantazione automatica dai cadaveri, dando minor peso al principio del consenso informato, che per definizione può essere applicato solo ai viventi.

Robert Truog, professore di pediatria ed etica medica alla Harvard Medical School, ha fornito un'analisi filosoficamente e scientificamente fondata del concetto di morte cerebrale. Per Truog,  la regola del dead donor, secondo la quale gli organi possono essere espiantati solo a morte avvenuta, se interpretata in senso stretto è in contrasto con le correnti pratiche di espianto. Questa regola, però, ha aggiunto Truog, non è eticamente necessaria, in quanto l'eticità dell'espianto è sostenibile quando i pazienti hanno un danno cerebrale devastante tale da comprometterne la riacquisizione dello stato di coscienza e quando questi hanno lasciato direttive anticipate in tal senso.

Mariachiara Tallacchini (Università Cattolica di Piacenza) ha invitato i partecipanti a riflettere sui rapporti tra scienza e democrazia, scienza e legge e sui diritti del cittadino al dibattito pubblico, sottolineando come sia necessaria a tal fine l'elaborazione di un concetto di "cittadinanza scientifica".

Howard Doyle, professore di Medicina all'A. Einstein Medical College (NY), ha affrontato il problema della morte cerebrale presentando un caso clinico. Doyle ha  sottolineato come le attuali pratiche cliniche non siano in grado di rispettare la rigida richiesta di irreversibilità stabilita dalle linee guida. Queste ultime, in realtà, sono spesso vaghe. Doyle ha quindi provocatoriamente concluso il suo intervento affermando che il concetto di morte cerebrale è una 'nobile bugia' che accettiamo per paura che, se la ammettessimo come tale, probabilmente influenzeremmo negativamente la pratica di donazione degli organi.

Stuart Younger, professore di Bioetica all'Università di Cleveland, ha affermato che la distinzione tra la vita e la morte è una costruzione sociale dai contorni sfumati.

Infine, Tia Powell, Direttrice del Centro di Bioetica Montefiore-Einstein, ha illustrato le possibili policies per migliorare le pratiche correnti. Una di queste consisterebbe nel mutare la regola del dead donor, ma ciò sembra molto difficile in pratica. Un'altra sarebbe rivedere la definizione di morte cerebrale per poter includere solo funzioni del cervello superiore, come la corteccia cerebrale. In ultimo, si potrebbero rivedere gli standard dei test di determinazione di morte cerebrale o mantenere lo status quo, educando però e coinvolgendo il pubblico in decisioni riguardanti tali questioni.

A conclusione dei lavori, i relatori hanno presentato delle raccomandazioni riassunte nella cosiddetta "Carta di Viareggio", secondo la quale:

"I criteri di morte cerebrale hanno avuto un ruolo fondamentale nel proteggere i pazienti nel contesto della donazione di organi. C'è ancora molto da imparare a riguardo e pertanto è necessario evitare ogni forma di ortodossia e mantenere un costante e informato dibattito con il pubblico. A tal scopo è auspicabile un approccio interdisciplinare per riconsiderare definizioni troppo rigide ('irreversible', 'entire functions', entire brain') impossibili da tradurre nella pratica clinica".

__________________

ritratto di Silvia CamporesiSilvia Camporesi
Scuola Europea di Medicina Molecolare (Semm), Università di Milano

__________________

ritratto di Paolo MaugeriPaolo Maugeri
Programma PhD in “Foundations of the Life Sciences and their Ethical Consequences”
Scuola Europea di Medicina Molecolare (Semm) e Università di Milano

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Siamo troppi o troppo pochi? Dalla sovrappopolazione all'Age of Depopulation

persone che attraversano la strada

Rivoluzione verde e miglioramenti nella gestione delle risorse hanno indebolito i timori legati alla sovrappopolazione che si erano diffusi a partire dagli anni '60. Oggi, il problema è opposto e siamo forse entrati nell’“Age of Depopulation,” un nuovo contesto solleva domande sull’impatto ambientale: un numero minore di persone potrebbe ridurre le risorse disponibili per la conservazione della natura e la gestione degli ecosistemi.

Nel 1962, John Calhoun, un giovane biologo statunitense, pubblicò su Scientific American un articolo concernente un suo esperimento. Calhoun aveva constatato che i topi immessi all’interno di un ampio granaio si riproducevano rapidamente ma, giunti a un certo punto, la popolazione si stabilizzava: i topi più anziani morivano perché era loro precluso dai più giovani l’accesso al cibo, mentre la maggior parte dei nuovi nati erano eliminati.