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I benefici del bosone

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La scoperta del bosone di Higgs, avvenuta grazie agli esperimenti ATLAS e CMS condotti con LHC (Large Hadron Collider) presso il CERN di Ginevra, ha segnato un enorme passo in avanti per la fisica delle particelle e per la conoscenza scientifica in quanto tale; purtroppo questo evento di portata storica si è verificato nel corso della più grande crisi economica globale degli ultimi ottant’anni. “In che modo il bosone di Higgs può aiutarmi a vivere meglio?”, è la domanda che si pone il cittadino costretto ad affrontare problemi per lui molto più pressanti ed evidenti di una particella subatomica. In altre parole, che senso ha investire tanti soldi in ricerca, in particolare in un settore così distante dalla vita di tutti i giorni come quello della fisica particellare? E quali sono – se ci sono – le ricadute economiche e pratiche in grado di migliorare la nostra vita?
All'inizio di quest'anno l'EIB (European Investment Bank), ente europeo che si occupa dell'erogazione di finanziamenti per la realizzazione di grandi infrastrutture, ha assegnato un grant del valore di 300 mila euro a un gruppo di ricerca coordinato da Massimo Florio, professore di scienza delle finanze presso il DEMM (Dipartimento di Economia, Management e Metodi Quantitativi) dell'Università di Milano. Lo scopo del progetto, chiamato Cost/Benefit Analysis in the Research, Development and Innovation Sector, è quello di eseguire un'approfondita analisi costi/benefici nelle grandi infrastrutture per la ricerca di base e uno studio delle ricadute economiche e sociali della fisica. Fanno parte del progetto anche Stefano Forte del Dipartimento di Fisica dell'Università di Milano e il CSIL (Centre for Industrial Studies).
Abbiamo contattato Massimo Florio e gli abbiamo posto alcune domande sul suo progetto, sulla possibilità di prevedere le ricadute pratiche della ricerca e sul rapporto tra grandi infrastrutture e crescita economica.

Professor Florio, il progetto di ricerca da lei coordinato ha come scopo quello di sviluppare un modello di analisi costi/benefici per le infrastrutture di ricerca come i grandi acceleratori di particelle. Può spiegare  brevemente in che modo è strutturato il progetto e per quale motivo, oltre al team di ricerca del DEMM di Milano, sono stati coinvolti anche il Dipartimento di Fisica e il CSIL?
Il progetto prevede in primo luogo di esaminare criticamente lo stato dell'arte della valutazione in questo campo. Vi sono fondamentalmente due filoni:
1) Una letteratura di tipo accademico in economia, a sua volta con tagli rispettivamente macro e micro: sotto il profilo macro nei modelli di crescita endogena è stato studiato l'effetto sul prodotto nazionale della spesa in ricerca e sviluppo, trovando una correlazione positiva. Il problema è che questa correlazione non è di per sé molto utile per prendere decisioni su una specifica infrastruttura. Il taglio micro di fatto in genere utilizza dati empirici ex post su campioni di progetti e potrebbe essere usato per fare dell'inferenza, ma i risultati sono incerti.
2) Una serie di metodi di management delle decisioni scientifiche (roadmaps, peer reviews, ecc.) molto eterogenei e spesso non del tutto utili a rispondere alla nostra domanda di ricerca: qual è il valore economico-sociale delle infrastrutture scientifiche?Di qui la nostra proposta di affrontare il problema con un approccio nuovo,  di analisi costi/benefici, su cui vi è molta esperienza in infrastrutture economiche, estendendolo alle infrastrutture di ricerca. Questo implica una serie di adattamenti che stiamo studiando. La collaborazione con il CSIL è utile in quanto questo centro da oltre venti anni si occupa di analisi costi/benefici dei progetti nel quadro della politica regionale della Commissione Europea, della Banca Mondiale, dell’EIB e di altre istituzioni internazionali, quindi ha una importante esperienza sul campo. La collaborazione del Dipartimento di Economia, Management e Metodi Quantitativi con il Dipartimento di Fisica dell'Università degli Studi di Milano è finalizzata a esplorare due case studies pilota, prendendo a riferimento la fisica delle particelle, con l'esempio di LHC, la macchina del CERN  che ha scoperto il bosone di Higgs, e il CNAO di Pavia, dove un acceleratore di protoni è utilizzato per la terapia oncologica. Quindi economisti e fisici devono collaborare per confrontare punti di vista e dati. 

Nel 2002 l'European Investment Bank concesse al CERN un prestito di 300 milioni di euro per finanziare la fase finale di costruzione dell'LHC. L'erogazione di una cifra così elevata non può non essere giustificata, ma richiede un'attenta analisi del rapporto costi/benefici. L'EIB produsse un'analisi di questo tipo? A distanza di undici anni, al di là del prestigio mondiale ottenuto dal CERN soprattutto grazie alla scoperta del bosone di Higgs, ci sono state o sono previste ricadute economiche tali da giustificare un finanziamento di tale portata?
A suo tempo l’EIB non aveva una propria metodologia per effettuare una valutazione di costi e benefici. Forse anche questo ha contribuito alla decisione di lanciare una gara internazionale per ricerche sul tema, gara che abbiamo vinto noi dell’Università di Milano. Lo studio del caso LHC è ovviamente molto complesso, lo abbiamo iniziato da alcuni mesi. Abbiamo alcuni interessanti indizi su diverse categorie di benefici: il valore dell'output scientifico misurabile con pubblicazioni e citazioni; lo sviluppo di una filiera tecnologica di frontiera con le imprese fornitrici; la formazione di capitale umano con migliaia di dottorandi di ricerca da tutto il mondo; l'impatto culturale sui non addetti ai lavori, ad esempio le decine di migliaia di visitatori del CERN e i milioni di utenti del website; ed infine il residuo più difficile da valutare, la scoperta di per sé.Stiamo esaminando diversi modi per trasferire in questo campo le lezioni apprese in altri campi. Ad esempio, per l'impatto culturale esiste ormai una analisi costi/benefici nel settore dei beni culturali e vogliamo esplorare le analogie. 

Più in generale, considerato l'elevato margine d'incertezza della ricerca di base nella fisica delle particelle, quali metodi sono stati sviluppati sinora per valutarne le potenziali applicazioni pratiche a livello industriale e il possibile impatto socioeconomico? Qual è il loro livello di predittività?
Questo è il punto principale. Ex post si può dire, ad esempio, che un esperimento ha prodotto x pubblicazioni a loro volta con y citazioni; che z imprese hanno sviluppato w brevetti ecc. Ma si possono prevedere queste cose? Stiamo esaminando la possibilità di costruire modelli probabilistici a riguardo; pensiamo che qualcosa possa essere fatto, ma siamo ai primi passi. Alcuni risultati speriamo possano essere presentati ad un workshop a Milano nel Giugno 2014 e poi al CERN nel 2015.

Nel novembre 2012 il MIUR ha soppresso il progetto di costruzione di SuperB, acceleratore di particelle voluto dall'INFN che doveva sorgere nell'area dell'Università degli Studi "Tor Vergata" di Roma. Una commissione internazionale nominata dall'allora ministro Francesco Profumo ha ritenuto che gli investimenti d'opera fossero troppo elevati, essendo passati in meno di due anni dai 400 milioni previsti inizialmente a oltre 1 miliardo di euro, motivazione simile a quella data dal Congresso americano nel 1993, quando si decise di interrompere per ragioni di costo la costruzione di SSC (Superconducting Super Collider). Qual è il suo parere in proposito?
Non ho un parere sul caso che cita per l'Italia, se non ricordare che anche il contributo al CERN è stato a rischio in una delle recenti spending review. Ovviamente dire che qualcosa costa "molto" o "troppo" senza calcolare i benefici, neppure approssimativamente, non significa nulla. Sono convinto che queste decisioni richiederebbero un'istruttoria indipendente basata anche su metodi di analisi economica. È un campo in cui c'è molto da fare.

Probabilmente il prossimo grande acceleratore di particelle, l'International Linear Collider, sarà costruito in Giappone. Pensa che oggi possa avere senso investire in una grande infrastruttura di ricerca in un paese in via di sviluppo anziché in uno industrializzato? Qual è, in base alle conoscenze attuali, il tempo necessario affinché un investimento del genere produca benefici tangibili per l'intera collettività, sia a livello globale che a livello locale?
Non è così sicuro che ILC si faccia, ma è certo che se si farà la sede sarà il Giappone per la semplice ragione che il governo di quel paese ha annunciato di essere pronto ad investirvi circa il 50% del costo (che potrebbe arrivare a 20 miliardi di dollari). In ogni caso, progetti di questa scala implicano vastissime collaborazioni internazionali. In una visita a LHC mi è stato mostrato un componente di uno dei grandi rivelatori in cui l'elettronica è statunitense e la meccanica iraniana. Alla mensa del CERN si resta colpiti dalla composizione globale della comunitá di ricerca.
Non vi è in linea di principio nessun ostacolo proibitivo  a pensare che una infrastruttura di ricerca (non pensiamo solo agli acceleratori: altri esempi sono i telescopi, i satelliti di esplorazione, le navi oceanografiche, i laboratori di genomica, ecc) non possa essere localizzata ad esempio in Cina, India o altrove.
In parte dipende dai fondi disponibili e da dove vengono. In questo senso il CERN è un modello interessante in quanto basato sulla cooperazione sovranazionale. Ma occorre anche considerare il fatto che il paese ospitante deve avere almeno una parte del potenziale tecnologico, altrimenti anche piccoli componenti dovrebbero essere importati, e un certo potenziale scientifico, altrimenti avremmo una "cattedrale scientifica nel deserto". Inoltre, occorre pensare alle condizioni politiche e di sicurezza. Il modello del CERN è di grande trasparenza. Un'infrastruttura di ricerca localizzata ad esempio in Cina o in Egitto dovrebbe anche affrontare alcuni problemi essenziali per garantire quel clima di libertà scientifica che è essenziale per il fiorire della ricerca. Penso che prima o poi succederà.


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