Dice bene Pier Mannuccio Mannucci nel suo articolo apparso su scienzainrete (qui), che l'esempio del Belgio e di altri paesi mostra quanti benefici possa portare la riduzione delle concentrazioni in atmosfera degli inquinanti (in primis il PM2.5, vero killer). E ha ragione anche a ripartire le cople su traffico e biomasse (legna soprattutto) che in regioni come la Lombardia fanno un sacco di danni, soprattutto nelle zone rurali. Ma ha ragione anche Stefano Caserini, docente al Politecnico e autore del bel libro "Aria Pulita" (Bruno Mondadori, 2013), a dire che la faccenda non è affatto semplice. Caserini, che unisce la competenza scientifica a un notevole esperienza pratica (ha lavorato a lungo per l'ARPA Lombardia) a un certo del libro scrive nero su bianco: "E' improbabile che nei prossimi anni le emissioni di particolato primario e dei suoi precursori gassosi si ridurranno in modo drastico... Per un'aria veramente pulita si dovrà aspettare ancora qualche decennio, e sarà la transizione energetica, avviata per affrontare l'altra grande emergenza, qella dei cambiamenti climatici, a dare dei contributi determinanti". E perché è così difficile? Essenzialmente per via della meteorologia bastarda del "catino" padano. Solo una decarbonizzazione strong potrà - fra una generazione - portare i livelli di inquinanti alle soglie di sicurezza dettati dall'Organizzazione mondiale della sanità. Sempre che nel frattempo non si facciano errori puntando su strategie sbagliate, tipo blocchi del traffico o "piccole" centrali a biomasse (le peggiori). Anche sulle possibili soluzioni il libro di Caserini è prodigo di suggerimenti utili, soprattutto sul nodo della mobilità e dell'energia. (luca carra)