fbpx Cibo, corpo e psiche. I disturbi dell’alimentazione | Scienza in rete

Cibo, corpo e psiche. I disturbi dell’alimentazione

Read time: 10 mins

Quando si parla di disturbi dell’alimentazione ci si riferisce all’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato, quest’ultimo generalmente indicato con il suo acronimo NAS.
Com’è noto la caratteristica più tipica dell’anoressia nervosa è il raggiungimento di un peso corporeo molto basso. La perdita di peso è realizzata con una dieta ferrea e fortemente ipocalorica dovuta a regole rigide ed estreme. Spesso alla dieta si associa un’attività fisica intensa e altre forme estreme di controllo del peso, come l'uso improprio di lassativi e diuretici.
La restrizione calorica e il sottopeso determinano sintomi depressivi, disturbi di concentrazione, perdita dell’interesse sessuale, ossessività e isolamento sociale, che nell’anoressia nervosa non sono la causa del problema alimentare quanto la sua conseguenza. Queste problematiche peggiorano con la perdita di peso e spesso scompaiono con la normalizzazione ponderale.
Potremmo dunque dire che per comprendere la vera personalità di un paziente sottopeso dobbiamo aspettare la completa normalizzazione del suo peso corporeo.

Nella bulimia nervosa i tentativi di perdita di peso sono interrotti da frequenti episodi di abbuffate, durante le quali si ingerisce una grande quantità di cibo assieme ad una sensazione di totale mancanza di controllo.
Nella maggior parte dei casi, gli episodi bulimici sono seguiti da comportamenti finalizzati a eliminare quanto ingerito come il vomito auto-indotto, l’uso di lassativi e diuretici e, in misura meno frequente, dal digiuno o da un intenso esercizio fisico.
Questi comportamenti di compenso eliminano solo una parte delle calorie assunte e ciò spiega perché il peso delle persone affette da bulimia nervosa sia nella norma, oppure lievemente al di sopra, o al di sotto.

I disturbi dell’alimentazione NAS costituiscono circa il 50% dei disturbi dell’alimentazione diagnosticati nei centri specialistici.
Da un punto di vista clinico si possono dividere in due gruppi principali. Il primo ha caratteristiche cliniche simili all’anoressia nervosa e alla bulimia nervosa, ma non soddisfa la soglia richiesta dai criteri diagnostici. Si tratta di individui con peso leggermente sopra il limite richiesto per l’anoressia nervosa o con frequenza di episodi bulimici sotto la soglia richiesta per la bulimia nervosa. Possiamo definire queste situazioni come  casi di anoressia o bulimia “sottosoglia”.
Il secondo gruppo mostra le caratteristiche cliniche dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa combinate in modo differente tra loro; questi casi possono essere definiti come disturbi “misti”.
Nell’ambito dei disturbi dell’alimentazione NAS, ha ricevuto molta attenzione il disturbo da alimentazione incontrollata (BED). Sebbene condivida con la bulimia nervosa gli episodi bulimici, il BED colpisce un gruppo persone di età più avanzata ed è frequente anche negli uomini; inoltre, gli episodi bulimici non sono seguiti dall’utilizzo di comportamenti di compenso e si verificano nell’ambito di una tendenza generale a mangiare in eccesso, piuttosto che di restrizione dietetica. Ciò spiega la forte associazione del disturbo con l’obesità

L’anoressia nervosa e la bulimia nervosa sono distribuite prevalentemente nei Paesi occidentali e nella popolazione di sesso femminile.
La prima colpisce le adolescenti e le giovani donne mentre la seconda, sebbene possa colpire anche le adolescenti, è più comune tra le giovani donne. Rispetto alla classe sociale, sembra esserci una maggior prevalenza nelle classi elevate per l’anoressia nervosa, mentre la bulimia  si distribuirsi in modo omogeneo in tutte le fasce sociali.
Il BED è presente nel 5-10% dei pazienti che richiedono un trattamento per l’obesità e circa il 3% della popolazione ne è colpita nel corso della vita.
L’esordio dell’anoressia nervosa avviene tipicamente fra i 14 e i 18 anni, con una dieta restrittiva fortemente ipocalorica.
Soprattutto nei soggetti più giovani il disturbo può essere di breve durata e spesso richiede un breve intervento. In molti casi, però, il disturbo diventa stabile e necessita pertanto di un trattamento intensivo e prolungato. Infine, nel 10-20% degli individui il disturbo è intrattabile e ha un andamento cronico nel tempo.
Lo sviluppo di abbuffate in pazienti affette da anoressia nervosa è molto frequentemente e spesso si verifica un passaggio verso la bulimia nervosa o il disturbo dell’alimentazione NAS.
Fattori prognostici positivi sono l’età precoce d’insorgenza e la breve durata del disturbo; fattori prognostici negativi sono la lunga durata del disturbo, la severa perdita di peso e la presenza di abbuffate e vomito.
La bulimia nervosa ha un esordio più tardivo rispetto all’anoressia nervosa e nella maggior parte dei casi inizia con una dieta ferrea.
In un quarto dei casi, per un certo periodo gli individui soddisfano i criteri diagnostici dell’anoressia nervosa e, dopo un certo tempo, compaiono gli episodi bulimici che interrompono la restrizione alimentare e fanno sì che il peso corporeo sia mantenuto nella norma, o vicino ad essa.
Il disturbo è auto-perpetuante e, mediamente, i pazienti ricevono la prima cura cinque anni dopo l’esordio. Il 30-50% dei pazienti presenta ancora un disturbo dell’alimentazione cinque e dieci anni più tardi, a volte nella forma NAS. Poco si sa sul decorso dei disturbi dell’alimentazione NAS; uno studio recente ha evidenziato che il disturbo persiste nella maggior parte dei casi dopo tre anni dall’insorgenza e che, nella metà dei casi, evolve in anoressia nervosa o bulimia nervosa.Nel caso specifico del BED, esso è caratterizzato da un elevato livello di guarigione spontanea, con un tasso di remissione a quattro anni dell’82% in confronto al 47% osservato nella bulimia nervosa e al 57% nell’anoressia nervosa. I pazienti che non vanno in remissione, la migrazione del BED verso l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa è rara. Se si esclude il BED, sembra esserci dunque una sorta di movimento da un disturbo dell’alimentazione all’altro nel loro decorso.

Patogenesi
I dati provenienti dalla ricerca indicano che i disturbi dell’alimentazione derivano dalla combinazione di predisposizione genetica e fattori di rischio ambientali. Il sesso femminile, vivere in una società occidentale, l’essere adolescente o nella prima età adulta costituiscono elementi di rischio generali. Avere in famiglia qualcuno affetto da un disturbo dell’alimentazione, da depressione, da alcolismo, da obesità o con tratti ossessivi e perfezionistici costituisce un altro fattore di rischio. Sono a rischio, inoltre, le persone vissute in un ambiente familiare povero di contatto umano, abusante,  caratterizzato da continue liti, o con alte aspettative verso la futura paziente. Aver subito commenti negativi sull’alimentazione, il peso e le proprie forme corporee, così come essere esposto ad un ambiente che incoraggia la magrezza sono ulteriori fattori predisponesti.
Caratteristiche premorbose quali una bassa autostima, il perfezionismo, l’obesità o l’interiorizzazione dell’ideale di magrezza predispongono ulteriormente al disturbo.
L’ingresso nel disturbo dell’alimentazione avviene poi ad opera di una serie di fattori precipitanti, che intervengono entro un anno precedentemente alla comparsa del disturbo stesso.

Trattamento
Il trattamento più efficace per la bulimia negli adulti è una forma particolare di terapia cognitivo comportamentale, nota con l’acronimo CBT-BN. Questo trattamento ottiene un tasso di remissione attorno al 40%. Per l’anoressia nervosa e i disturbi dell’alimentazione NAS non sono ancora disponibili terapie basate sull’evidenza scientifica negli adulti; per il BED nessun trattamento sembra essere efficace nel determinare una perdita di peso a lungo termine. Recentemente è stato sviluppato, ed è tuttora in corso di valutazione, un trattamento derivato dalla CBT-BN chiamato CBT-E (E = Enhanced - tr. it. migliorata), trattamento ideato per curare tutti disturbi dell’alimentazione.
Il trattamento è basato sulla teoria cognitivo comportamentale transdiagnostica sviluppata presso l’Università di Oxford (UK), che considera i disturbi dell’alimentazione come un’unica categoria diagnostica piuttosto che tre disturbi separati come proposto dalla classificazione DSM-IV attuale.
Due tipi di dati sembrano indicare che esista un’unica categoria diagnostica:
1 - i disturbi dell’alimentazione condividono tra loro la maggior parte delle caratteristiche cliniche, come l’eccessiva valutazione data all’alimentazione, al peso e alle forme corporee, la dieta estrema e rigida, gli episodi bulimici, il vomito auto-indotto, l’uso improprio di lassativi e diuretici, l’esercizio fisico eccessivo, il check del corpo e la sensazione di essere grassi.
2 - i disturbi dell’alimentazione tendono a persistere nel tempo modificandosi l’uno nell’altro, ma non a evolvere in altri disturbi mentali.

Secondo la teoria cognitivo comportamentale transdiagnostica, la psicopatologia specifica e centrale dei disturbi dell’alimentazione è l’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione. Questa psicopatologia si definisce “specifica”, perché è presente solo nei disturbi dell’alimentazione, “centrale” perché la maggior parte delle caratteristiche cliniche osservate negli individui con disturbi dell’alimentazione deriva direttamente o indirettamente da essa e perché per ottenere una remissione  duratura dai disturbi dell’alimentazione è necessaria la sua modificazione. L’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo va distinta dall’insoddisfazione corporea.
L’insoddisfazione corporea, cioè il fatto che ad una persona non piaccia il proprio aspetto fisico, è molto diffusa tra le persone ma non rappresenta necessariamente un problema clinico.
Una persona ha un’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo, e quindi un disturbo dell’alimentazione, quando giudica il proprio valore personale largamente, e in alcuni casi esclusivamente, in termini di alimentazione, peso, forma del corpo e loro controllo, mentre la maggior parte delle persone si valuta sulla base delle prestazioni in vari domini della vita (ad esempio: la qualità delle relazioni, della prestazione al lavoro, dei risultati sportivi).
Questo sistema di autovalutazione è disfunzionale per almeno tre motivi:
1 - è rischioso valutare se stessi in un solo dominio, perchè se si fallisce nel controllare il peso o la forma del corpo crolla l’intero sistema di autovalutazione;
2 - in alcuni domini, come il peso o la forma del corpo, non si riesce ad avere mai un successo pieno, perché non si è mai abbastanza magri o non si riesce mai ad avere una forma del corpo “perfetta”;
3 - concentrarsi esclusivamente  sul peso e la forma del corpo non fa coltivare altri aspetti della vita, come le relazioni, il lavoro, gli hobby, che alimentano un sistema di autovalutazione  funzionale, stabile e articolato.

Dalla psicopatologia specifica e centrale derivano, come si è detto, direttamente e indirettamente altre caratteristiche cliniche, che a loro volta contribuiscono a mantenere il disturbo dell’alimentazione.
Ad esempio, se una persona valuta in modo predominante o esclusivo il peso, la forma del corpo e il controllo dell’alimentazione, facilmente utilizzerà una dieta ferrea, caratterizzata da regole dietetiche estreme e rigide, e altri comportamenti non salutari di controllo del peso come l’attività fisica eccessiva  e l’uso improprio di lassativi o diuretici.
La dieta ferrea a sua volta contribuisce a mantenere e ad accentuare l’eccessiva valutazione del controllo dell’alimentazione attraverso numerosi rinforzi positivi e/o negativi che l’individuo percepisce quando riesce a controllare l’alimentazione, il peso e la forma del corpo.
Vi sono evidenze sempre maggiori che l’interruzione dei fattori di mantenimento sia necessaria per la guarigione dal disturbo dell’alimentazione.
La CBT–E si propone sia di rimuovere i fattori di mantenimento, sia di agire direttamente sull’eccessivo peso dato al corpo, alla sua forma e all’alimentazione per valutarsi.
Il trattamento può essere effettuato con diverse intensità di cura, cha vanno dal trattamento ambulatoriale al ricovero, a seconda delle necessità del paziente e delle risorse della comunità in cui vive.
La CBT-E, valutata nella bulimia nervosa e nei disturbi dell’alimentazione NAS non sottopeso, determina un tasso di remissione in chi completa il trattamento del 60-70%
La diminuzione nella frequenza delle abbuffate è accompagnata da un aumento della quantità di cibo assunto tra gli episodi bulimici. Anche la preoccupazione per il peso e la forma del corpo diminuisce significativamente.
La terapia, infine, procura un notevole miglioramento della depressione, un aumento dell’autostima e della funzionalità sociale e una diminuzione dei disturbi di personalità spesso associati alla bulimia nervosa.
I dati preliminari che stanno emergendo dagli studi in corso in Inghilterra e in Italia sull’applicazione della CBT-E su pazienti con anoressia nervosa e disturbi dell’alimentazione NAS sottopeso sono incoraggianti e indicano che i cambiamenti osservati (normalizzazione del peso e riduzione dell’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo) sembrano mantenuti anche dopo la conclusione del trattamento in circa il 60% dei casi.

Di queste tematiche se ne parlerà il 6 febbraio a Roma nel corso del convegno presso l'Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Ultrasuoni focalizzati a bassa intensità: un nuovo studio per la ricerca neurologica

Gli ultrasuoni focalizzati a bassa intensità (LIFU) sono una promettente tecnologia che potrebbe consentire di superare la barriera emato-encefalica e migliorare il trattamento di malattie neurologiche. Un nuovo lavoro indaga cosa avvenga nel cervello a seguito del trattamento, per analizzare la ripresa della barriera emato-encefalica dopo l’apertura indotta.

Le malattie neurologiche, come l'Alzheimer, il Parkinson e vari tumori cerebrali, sono tra le condizioni più invalidanti a livello globale. Nonostante i progressi della ricerca, i trattamenti efficaci restano ancora limitati: le ragioni sono varie e vanno dalla complessità del cervello alle difficoltà di una diagnosi precoce. Tra gli elementi che rendono difficile il trattamento delle malattie che interessano il cervello vi sono le difese naturali di quest’organo, in particolare la barriera emato-encefalica.