fbpx Socialità carnivora | Scienza in rete

Socialità carnivora

Read time: 5 mins

Il cibo e l’alimentazione, come molte delle abitudini sociali umane, sono ricorrentemente sottoposte a mutamenti di tendenza e a fenomeni di vere e proprie mode. Recentemente è emerso molto prepotentemente un vasto fenomeno legato alla cultura dell’alimentazione vegetariana, indice di una forte attenzione per la dieta e la salute, nonché di una maggiore consapevolezza dell’impatto ambientale che la filiera agroalimentare causa al nostro pianeta. Se da un lato il consumo attuale di carne viene messo in discussione, dall’altro lato è interessante notare come questo fattore sia stato storicamente importante nella storia della nostra specie. Diversi studi hanno infatti dimostrato come le proteine di origine animale siano state fondamentali non solo per lo sviluppo delle forme precedenti a Homo sapiens, ma siano anche alla base delle prime interazioni sociali tra gli ominidi a partire dall’era del Pliocene, circa 6 milioni di anni fa.

Un cervello più grande

Un incremento del livello di encefalizzazione è in grado di garantire una maggiore quantità di neuroni per unità di massa corporea, che si traduce di conseguenza in un maggior potenziale cognitivo dell’individuo.  Una delle cose che sappiamo per certo è infatti che i fossili delle forme pre Homo sapiens, da Australopithecus in poi, mostrano via via una scatola cranica sempre più grande, indice di un crescente livello di encefalizzazione. Confrontando l’evoluzione filogenetica di questa linea di ominidi con quella di altri carnivori, è emersa l’ipotesi che il passaggio a una maggiore dipendenza dalla carne come fonte di proteine sia la causa dei profondi cambiamenti dell’anatomia del cranio (e del cervello), riscontrata in questi fossili. Le forme precedenti a Homo habilis avevano infatti una dieta quasi esclusivamente vegetariana e l’unico modo in cui erano in grado di assumere proteine di origine animale era ripulendo le carcasse di grandi animali in cui si imbattevano nel loro habitat. Alcuni tra gli utensili di pietra più antichi che siano stati trovati fungevano proprio a questo scopo e sono datati dai sei a due milioni di anni fa, in perfetta linea con i resti fossili di questi ominidi. Successivamente Homo habilis ha aggiunto alla propria dieta anche altri piccoli animali acquatici, come pesci, tartarughe e piccoli anfibi. Una dieta a base di carne e di proteine di origine animale è certamente maggiormente nutriente e sembrerebbe quindi uno dei fattori trainanti dell’aumento di dimensioni del cervello degli ominidi, nonché del crescente livello di encefalizzazione. Ma il solo consumo di carne non può bastare, e non è sufficiente a spiegare perché il cervello degli ominidi si ingrandì a dismisura e in maniera così rapida.

Gruppi di cacciatori

Per potersi procurare proteine animali utili per lo sviluppo del cervello, Homo habilis ha dovuto imparare a cacciare, e ha dovuto imparare a farlo in gruppo. Una delle spiegazioni che riscuote il maggior consenso tra i ricercatori, è proprio che sia stata la caccia stessa il motore di queste modifiche nelle forme pre Homo sapiens, assieme alla già citata modifica della composizione della dieta di questi ominidi. Oggi è possibile osservare i metodi di caccia di scimpanzé e di bonobo, le due specie con parenti filogenetici più vicini a Homo sapiens, i quali non solo mostrano ruoli ben definiti e altamente gerarchizzati, ma seguono anche precise tecniche e strategie di squadra. Nonostante ciò, la quantità di carne consumata da questi primati è di circa il 3% sul totale della loro dieta, dieci volte meno quella consumata regolarmente dagli umani moderni. Eppure, nonostante la quantità di carne che deriva dalla caccia sia relativamente scarsa, sia i bonobo che gli scimpanzé non disdegnano affatto questa pratica. Possiamo supporre quindi che le popolazioni che diedero origine a Homo sapiens fossero caratterizzate da un elevato consumo di proteine animali. Per ottenere ciò era necessario un alto livello di collaborazione e di lavoro di squadra, favorito dalla crescente encefalizzazione, e nonostante la caccia sia un lavoro faticoso e rischioso, il vantaggio derivato ne giustificava assolutamente lo sforzo: la carne è energeticamente più efficiente della verdura. Lo sviluppo di una socialità della caccia può quindi considerarsi come il secondo fattore trainante dello sviluppo di Homo sapiens, assieme al passaggio ad una dieta maggiormente nutriente. Essenzialmente tutti i fattori citati concorrono l’un l’altro nello sviluppo evolutivo dell’uomo moderno, in quanto ciascuno può essere biunivocamente correlato agli altri.

La nascita di gruppi dediti alla caccia, ha portato quindi alla formazione di piccoli raggruppamenti sociali che seguono il modello detto del nido protetto, che prevede cioè un campo base nel quale possono essere cresciuti in sicurezza i giovani membri del gruppo, e al quale si deve sempre far ritorno dopo la caccia di gruppo. Le interazioni sociali si sono fatte così via via più complesse e gerarchizzate; i membri si disputano l’uno con l’altro il diritto ad una maggiore quantità di cibo, all’accoppiamento e così via. Tutti questi fattori hanno indubbiamente contribuito a selezionare quei carnivori che, all’interno del gruppo, sapevano meglio interpretare le intenzioni altrui e tenere sotto controllo gli scontri con i rivali. Come scrive Edward O. Wilson, autore di Sociobiology, “L’intelligenza sociale era sempre ricercatissima”.  Ne deriva quindi che tutti questi fattori, altamente correlati e interconnessi tra loro, si siano auto alimentati a vicenda: la richiesta di carne ha favorito la nascita della caccia di gruppo, che ha permesso lo sviluppo di una socialità tra ominidi, resa possibile da un crescente livello di encefalizzazione a sua volta stimolato dalla nuova dieta carnivora e maggiormente nutriente.

L’interesse e l’attenzione collettiva che oggi circondano il mondo del mercato alimentare e della salute sono indubbiamente fondati. Una maggiore attenzione alla dieta e alla prevenzione, nonché all’impatto ecologico dei processi di produzione alimentare, risultano a dir poco fondamentali e obbligatori per lo sviluppo sostenibile della società moderna. È altresì importante però ricordare il ruolo che il consumo della carne ha ricoperto per lo sviluppo della nostra specie, e di come un singolo fattore come il cambiamento di un’abitudine alimentare sia risultato fondamentale per lo sviluppo della socialità dell’uomo moderno.

Andrea Sacchi

Fonti e bibliografia:
- John A. Finarelli and John J. Flynn, “Brain-size evolution and sociality in Carnivora”, PNAS, June, 2009
- David R. Braun et al., “Early hominid diet included diverse terrestrial and aquatic animals”, PNAS, April, 2010
- Edward O. Wilson, “La conquista sociale della Terra”, Raffaello Cortina Editore, 2013


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La COP sei tu, economia

Il presidente della COP 29 di Baku, Mukhtar Babayev, chiude i lavori con applausi più di sollievo che di entusiasmo. Per fortuna è finita. Il tradizionale tour de force che come d'abitudine è terminato in ritardo, disegna un compromesso che scontenta molti. Promette 300 miliardi di dollari all'anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione, rimandando al 2035 la "promessa" di 1.300 miliardi annui richiesti. Passi avanti si sono fatti sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che regola il mercato del carbonio, e sul tema della trasparenza. Quella di Baku si conferma come la COP della finanza. Che ha comunque un ruolo importante da giocare, come spiega un report di cui parla questo articolo.

La COP 29 di Baku si è chiusa un giorno in ritardo con un testo variamente criticato, soprattutto dai paesi in via di sviluppo ed emergenti che hanno poca responsabilità ma molti danni derivanti dai cambiamenti climatici in corso. Qualche decina di paesi, fra i quali le piccole isole, saranno inabitabili se non definitivamente sott’acqua se non si rimetteranno i limiti posti dall’Accordo di Parigi del 2015, cioè fermare il riscaldamento “ben sotto i 2°C, possibilmente. 1,5°C”, obiettivo possibile uscendo il più rapidamente possibile dalle fonti fossili.