Tra il 25 e il 29 marzo 2014 sarà approvata la seconda parte del quinto
rapporto IPCC (Intergovernmental Panel on Climate
Change) dedicata all'impatto del cambiamento climatico sui sistemi
socioeconomici e naturali. Per comprendere l'influenza del climate change
sull'economia, può essere utile leggere l'edizione 2014 del Natural Hazards Risk Atlas realizzato dalla Maplecroft, società inglese specializzata
in analisi dei rischi. Si tratta di uno studio in cui viene analizzato
l'impatto su 197 paesi di dodici possibili eventi naturali catastrofici:
terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche, frane (prodotte da terremoti o da
forti piogge), inondazioni, cicloni tropicali, tempeste, cicloni
extra-tropicali, incendi e siccità. Molti di questi fenomeni sono in aumento a
causa del cambiamento climatico.
L'Atlante è formato da 29 tra indici, infografiche
e mappe interattive ed è stato realizzato con lo scopo di consentire a governi
e comunità di attuare politiche consapevoli di prevenzione e riduzione dei
rischi, ma soprattutto per permettere alle imprese di mettere al riparo i
propri investimenti dagli effetti di eventi potenzialmente disastrosi.
L'Absolute Economic Exposure Index si basa su una serie di
dati quali l'esposizione ambientale, le ricadute negative sull'economia,
l'associazione tra produzione economica e tipo di rischio, la stabilità
politica, la fiducia degli investitori, il rapporto tra debito e PIL e gli
indici MSCI (Morgan Stanley Capital
International). È stata calcolata anche la resilienza socioeconomica di ogni
paese, cioè la capacità di contenere i danni e tornare allo stato di normalità
attraverso sistemi mirati di prevenzione e gestione delle calamità. L'analisi
di queste informazioni ha permesso di associare a ogni nazione un punteggio in
base al livello effettivo di rischio. Per la sua analisi, la Maplecroft ha
indicizzato oltre 200 tipologie di rischi, attribuendo a ognuna un valore
numerico da zero (livello estremo) a dieci (livello minimo).
In questo modo è
stato possibile stilare una classifica delle nazioni più esposte, a cui è stata
associata una mappa che consente di avere una visione d'insieme delle aree in
cui si concentrano i rischi maggiori.
Le prime cinque nazioni, il cui rischio è stato classificato come
estremo, sono Stati Uniti, Giappone, Taiwan, Cina e India. Questi paesi
contribuiscono in larga misura all'economia del pianeta, e Cina e India nei
prossimi anni reciteranno un ruolo sempre più importante. È stato calcolato che
la quota di produzione economica globale nei paesi classificati come a rischio
estremo passerà dal 44,3 % al 49,9 % entro il 2025.
Queste informazioni sono
quindi fondamentali per valutare le conseguenze economiche che potrebbero
derivare da disastri ambientali in paesi che per la rapida crescita della loro
economia attirano massicci investimenti stranieri. Dallo studio emerge come
Cina e India, ma anche altri paesi emergenti esposti a calamità naturali (ad
esempio Indonesia e Filippine), sinora non abbiano mostrato significativi
miglioramenti nella capacità di prevenzione e gestione del rischio.
Un altro dato messo in
evidenza dall'analisi della Maplecroft è che la maggior parte delle perdite
economiche causate da disastri naturali si registra nelle economie avanzate,
mentre le perdite umane sono concentrate soprattutto nelle nazioni a basso reddito.
Ci sono poi casi estremi che aiutano a comprendere quali potrebbero essere i
sempre più frequenti e devastanti scenari futuri se non si attueranno politiche
mirate al contenimento del cambiamento climatico: nel novembre 2013 il tifone
Haiyan ha devastato le Filippine provocando più di 6200 morti e producendo
perdite economiche ingenti, circa 10 miliardi di dollari (pari al 4% del PIL
nazionale).
Nella classifica dell'Absolute Economic Exposure Index le
Filippine si trovano al settimo posto e sono uno dei quattro paesi classificati
come a rischio elevato. All'ottavo posto, tra le Filippine e l'Australia, c'è
l'Italia. Non c'è da stupirsi, considerata la fragilità del nostro sistema
economico, l'instabilità politica, l'elevata sismicità e lo stato di dissesto
idrogeologico in cui si trova gran parte del nostro territorio.