Il bosone di Higgs potrebbe non essere una particella elementare, ma essere a sua volta costituito da particelle esotiche più semplici chiamate in gergo “techniquark”. A rafforzare questa ipotesi – sulla quale c’è da tempo dibattito tra i fisici teorici – è Thomas Ryttov, fisico delle particelle al centro CP3-Origins della University of Southern Denmark. Con uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Physical Review D, Ryttov sostiene di aver vagliato criticamente le teorie che prevedono i techniquark come “ingredienti” del bosone di Higgs – le cosiddette “teorie technicolor” – e di non avere riscontrato in esse alcun difetto. Facciamo un passo indietro, per inquadrare meglio il discorso.
4 luglio
2012: Il CERN annuncia
trionfalmente la scoperta del bosone di Higgs. La notizia, poi confermata
nei mesi successivi, è di enorme portata per la fisica teorica: la particella
di Higgs era considerata il vero e proprio “tassello mancante” del Modello Standard,
ovvero il framework teorico che descrive il comportamento di tutte le
particelle e delle interazioni fondamentali (tranne la gravità, che deve ancora
essere inserita in un quadro unitario).
La
scoperta del bosone di Higgs – responsabile della massa di tutte le particelle
fondamentali – ha dimostrato in maniera clamorosa la bontà del Modello
Standard. Quindi è tutto a posto? Non proprio.
Da un
punto di vista strettamente fisico, il Modello Standard presenta dei “buchi”
perché non è in grado di spiegare tutto ciò che sappiamo sulle particelle
quantistiche. Senza entrare nei dettagli, alcune domande rimangono ancora
irrisolte:
- perché nell’universo c’è molta più materia che antimateria?
- perché le forze nucleari sono molto più intense rispetto a quelle gravitazionali?
- perché i neutrini hanno massa?
- perché non si osservano violazioni della simmetria CP nelle interazioni forti?
Per rispondere a queste domande sono state ideate delle estensioni al Modello Standard. Non si tratta di teorie alternative o sostitutive, ma di teorie che integrano il Modello Standard introducendo elementi non previsti da quest’ultimo.
Una delle
estensioni del Modello Standard che è stata più in voga negli ultimi decenni, insieme
alle più note teorie
supersimmetriche, va sotto il bizzarro nome di “teorie technicolor”. Dopo
la scoperta della particella di Higgs, le teorie technicolor erano date
pressoché per spacciate, in quanto teorie “senza Higgs”. In altre parole,
prevedono meccanismi per cui le particelle acquisiscono massa senza fare uso
del celebre bosone. L’osservazione stessa dell’Higgs sembrava quindi invalidare
definitivamente le technicolor.
Teorie
morte, quindi? No, pare di no. Questi modelli rimangono perfettamente
plausibili, almeno da un punto di vista teorico, se si ipotizza che il bosone
di Higgs sia costituito da particelle più “piccole”, finora mai osservate: i
techniquark. Secondo le teorie technicolor, i techniquark sarebbero particelle
elementari che andrebbero ad aggiungersi a quelle già previste dal Modello
Standard (quark, leptoni e bosoni di gauge).
Ciò che
ha fatto Ryttov nel suo studio è stato appunto “setacciare” i modelli
technicolor alla ricerca di punti deboli, inconsistenze, contraddizioni e
quant’altro potesse smentirli. “Ho fatto una revisione molto critica di queste
teorie – afferma lo scienziato danese – e non ho riscontrato in esse alcuna
debolezza, né nuova né sfuggita precedentemente.”
Significa
che il bosone di Higgs sarebbe fatto di techniquark, così come protoni e
neutroni sono costituiti da quark “ordinari”? Secondo Ryttov, è probabile di
sì: “Sappiamo che ci deve essere una forza che unisce
i techniquark, – dichiara – in modo che
insieme possano creare qualcosa di più grande di loro, qualcosa di composito:
una particella di Higgs”.
Se queste
particelle dovessero esistere, potrebbero tappare tutti i “buchi” del Modello
Standard che abbiamo elencato in precedenza. Ma non solo: “Se riusciremo a
capire la forza che tiene uniti i techniquark, – spiega Ryttov – potremo
spiegare e predire nuovi fenomeni fisici, per esempio nuove particelle”.
Questo, in particolare, potrebbe aiutare a trovare una risposta ad alcuni
spinosi quesiti della cosmologia moderna, come la natura della materia oscura e
dell’energia oscura.
Come dimostrare una volta per tutte queste ipotesi, oppure smentirle? Per farlo occorrono prove sperimentali stringenti, che purtroppo sono molto difficili da ottenere. Ancora una volta però può venirci in aiuto LHC. Dopo la consueta pausa invernale, infatti, il Large Hadron Collider sarà in grado di produrre collisioni a energie ancora più elevate rispetto a prima, rendendo più probabile l’osservazione di nuove particelle e nuovi fenomeni fisici.