fbpx Viaggiatori pericolosi: le malattie infettive nel mondo | Scienza in rete

Viaggiatori pericolosi: le malattie infettive nel mondo

Primary tabs

Tempo di lettura: 6 mins

Immaginiamo di trovarci in una piccola biblioteca, dove non si trovano i best seller del momento, ma le opere sempiterne che verdeggiano nei programmi scolastici. Girandoci a destra incontreremmo prima di tutto il reparto dedicato agli Antichi, dove sono narrate tra le altre cose le vicende di Atene e dei suoi Pericle. Voltandosi a sinistra invece scorgeremmo gli antri misteriosi del cosiddetto Medioevo, dalle Sacre Scritture dove si racconta di colui che guariva i lebbrosi, alle vicende ludiche e amorose dei giovinetti decantati nel Decameron.
Sbarcheremmo oltreoceano, facendo la conoscenza dei vari Herman Cortes che hanno dettato la fine e l'inizio di un popolo. Esploreremmo poi i misteri dell'Universo con Galileo Galilei, in una cascina alle porte di Firenze e per concludere non mancherebbe Alessandro Manzoni, con i suoi Promessi Sposi e il suo lieto fine risorgimentale.
La nostra storia è dipesa in maniera definitiva dalle conseguenze delle epidemie che nel corso dei secoli hanno colpito il nostro pianeta: dalla peste al vaiolo, dal colera alla tubercolosi, dal morbillo all'aviaria, passando per l'AIDS.

I numerosi passi in avanti della scienza medica hanno fatto sì che nell'ultimo secolo l'Occidente abbia legato la maggior parte di queste epidemie alla storia, mentre i dati che vengono annualmente raccolti e analizzati dall'OMS illustrano come la maggior parte di queste malattie risiedano ancora oggi nel nostro pianeta, Europa e Italia incluse. Inoltre, i dati mostrano che oggi esistono sì dei contagi che interessano quasi unicamente i paesi in via di sviluppo, come il colera, la peste, la malaria, la meningite o la polio, ma che al contempo ce ne sono altri da cui anche l'Occidente è ben lungi dall'essere incontaminato, come la tubercolosi e la lebbra. Oltre, ovviamente, all'influenza.

Colera

I dati OMS rivelano che nel 2012 nel mondo sono presenti numerosi focolai di colera, anche se per la maggior parte non superano i 700 casi, riscontrati soprattutto nei continenti africano e asiatico. Le concentrazioni sono dunque molto basse se si pensa ai numeri che si sono registrati nel XIX secolo nelle province italiane, con quasi 8.000 vittime solo nella città di Napoli. Oggi inoltre se la terapia è tempestiva e mirata, la letalità non supera l'1 per cento, con un leggero aumento nei bambini. Tornando ai numeri, il dato più significativo della mappa è certamente il numero di infezioni ad Haiti: 112.076 casi accertati, uno ogni 80 persone. In Italia fortunatamente negli ultimi cinque anni non si sono registrati casi, ma ciò non significa che il nostro paese ne sia esente da molto tempo. Sempre secondo i dati OMS, negli ultimi 40 anni, a partire dal 1973 che ha registrato la concentrazione più alta con 278 casi confermati, in Italia si sono registrati 306 casi totali, l'ultimo nel 2007.

 

Peste

Nel 2012 l'OMS ha registrato 400 casi di peste nel mondo, per la maggior parte in Africa, Madagascar e Congo in testa, seguiti a distanza da Tanzania e Perù. Un caso si è registrato anche negli Stati Uniti. Nel triennio 2010-12 il numero di casi accertati si è invece assestato intorno alle 900 unità, sempre negli stessi Paesi e con le medesime proporzioni. Anche in questo caso in realtà i numeri a livello mondiale sono bassissimi se si pensa alle grandi epidemie del passato – basti pensare che la peste nera provocò tra il 1347 e il 1351 circa venti milioni di morti solo in Europa, un terzo della popolazione del tempo. Tuttavia, in un paese come il Madagascar, che ne 2012 contava 20 milioni di abitanti, il numero è comunque significativo.

Malaria

Ben più consistente è invece il peso della Malaria sulla popolazione dei paesi in via di sviluppo. Sempre secondo la banca dati OMS, nel 2011 la malaria ha colpito nel mondo 124.153.005 persone, soprattutto nell'Africa subsahariana: quasi cinque milioni di malati nella Repubblica Democratica del Congo, ovvero un malato ogni 15 abitanti, due milioni in Liberia, la metà dell'intera popolazione, un caso ogni cinque persone in Burundi e uno ogni nove in Sierra Leone.

Lebbra

Anche l'antica lebbra, o Morbo di Hansen, esiste ancora oggi. Secondo l'OMS nel 2012 nel mondo si sono registrati 232.847 casi di lebbra, di cui 19 in Europa, tutti nel Regno Unito. L'aspetto che più colpisce dai dati è che contrariamente a come si potrebbe facilmente pensare, la lebbra non è oggi unicamente prerogativa delle regioni più povere. Stati Uniti, Australia, Giappone e Nuova Zelanda sono solo alcuni dei Paesi ad alto reddito che hanno registrato casi di lebbra, primo fra tutti proprio gli Stati Uniti con 168 casi solo nel 2012, che in rapporto al totale della popolazione rimane comunque una cifra esigua.

Tubercolosi

Ma l'infezione che più massivamente continua a imperversare nel nostro pianeta, Occidente compreso è la tubercolosi, il “mal sottile” dei tempi antichi. Nel 2012 l'OMS ha stimato che 8,6 milioni di persone si sono ammalate di TBC e 1,3 milioni sono state le vittime, il 95 per cento delle quali nei Paesi in via di sviluppo. La tubercolosi rappresenta inoltre una delle tre cause maggiori di morte nelle donne dal 15 ai 44 anni. Questi numeri fanno sì che la tubercolosi come potenza pervasiva sia seconda solo al virus dell'HIV. A partire dal 1990 i casi letali sono scesi del 45 per cento, ma ciononostante la riduzione di questo contagio rimane tra i progetti del Millennium Development Goals. Sempre secondo dati OMS, in Italia negli ultimi 20 anni il calo dei casi di TB non sembra però essere così netto. Dal 1990 a oggi infatti abbiamo assistito piuttosto a un continuo oscillare tra i 3000 e i 5000 casi annui, con un picco di 5816 nel 1994 a un minimo di 2755 nel 2007.

 

Influenza

Ma ciò che anno dopo anno temiamo di più come Occidente è certamente l'influenza, la “febbre” dei secoli passati. Secondo dati OMS, dal 2010 al 2012 l'influenza aviaria da H5N1che ha creato molto allarme nel 2003 ha colpito ancora un totale di 142 persone, 79 delle quali in Egitto, 30 in Indonesia, 12 in Cambogia, 11 in Vietnam, 5 in Cina e 5 in Bangladesh.

Anche l'influenza stagionale comunque ha il suo peso. Ha molte forme e può manifestarsi, a seconda del ceppo virale, in modi via via differenti, più o meno gravi. I principali virus dell'influenza sono classificati come A e B e si definiscono in base alle caratteristiche di due proteine: l'emoagglutinina (H) e la neuraminidasi (N). Il formarsi di nuovi sottogruppi di influenza A e B dipende dalla tendenza propria di questi antigeni H e N di trasformarsi nel tempo. Per monitorare costantemente l'evolvere delle epidemie stagionali e l'eventuale insorgenza di nuove pandemie influenzali, l'OMS ha messo a punto un portale specifico dedicato all'influenza, chiamato FluNet, che settimana dopo settimana racconta la situazione a livello mondiale. In questo senso l'ultima settimana di riferimento analizzata è datata fine marzo 2014 e mostra l'incidenza dell'influenza A e B nei vari paesi.
I virus del tipo A sono i i più pericolosi nell'uomo e sono state di questo tipo la cosiddetta “spagnola” del 1918-19 causata dal sottotipo H1N1, o la “asiatica” causata dal sottotipo H2N2 che si è abbattuta nei dintorni di Hong Kong tra il 1968 e il 1969. I sottotipi in realtà sono molti, tra cui H7N7, H1N2, H9N2, H7N2, H7N3 e H10N7. La rilevazione dell'OMS ha in particolare analizzato la diaspora dei sottotipi H1, H3 e H5, che sono quelli che determinano le note influenze stagionali, rilevando la più alta densità di casi di H1N1 in Russia, rispettivamente 146 e 284 casi. Canada, Norvegia, Russia, USA e Regno Unito invece detengono il primato per il numero di casi di influenza A nei rimanenti sottogruppi. Per quanto riguarda invece il virus dell' influenza B, esso è molto meno pericoloso di quello dell'influenza A, tanto che non sono note vere e proprie pandemie di questa tipologia. Sempre secondo dati OMS al momento il focolaio più significativo di influenza è in Canada, con 643 casi confermati, seguito dagli Stati Uniti con 337. Il nostro Paese invece tra il 23 e il 29 marzo ha contato 16 casi confermati su 130 campioni analizzati, tutti di tipo A.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Il soffocamento delle università e l’impoverimento del Paese continuano

laboratorio tagliato in due

Le riduzioni nel Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) limitano gli investimenti essenziali per università e ricerca di base: è una situazione che rischia di spingere i giovani ricercatori a cercare opportunità all'estero, penalizzando ulteriormente il sistema accademico e la competitività scientifica del paese.

In queste settimane, sul tema del finanziamento delle università e della ricerca, assistiamo a un rimpallo di numeri nei comunicati della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) e del MUR (Ministero della Università e della Ricerca). Vorremmo provare a fare chiarezza sui numeri e aggiungere alcune considerazioni sugli effetti che la riduzione potrà avere sui nostri atenei ma anche sul paese in generale.