Il grafene, ormai è cosa nota, è il rivoluzionario nuovo
materiale a base di carbonio con proprietà estremamente versatili - analoghe a
quelle dei nano-tubi di carbonio, ma in forma di superfici estremamente sottili
- che promette meraviglie in molti settori di scienza e tecnologia applicata.
Tra i tanti, c'è anche chi pensa di sfruttarlo per abbattere le emissioni
inquinanti utilizzandolo
come un filtro in grado di intrappolare miscele gassose, o sfruttare una
sua particolare variante
'bianca' (fatta in realtà non di solo carbonio ma di Nitruro di Boro) per
ripulire il mare dagli sversamenti di petrolio.
Il super materiale può nascondere però delle insidie,
proprio in campo ambientale.
E' quanto affermano
i ricercatori del Riverside Bourns College of Engineering dell'Università
della California in un lavoro pubblicato sul numero speciale di Environmental Engineering Science, i
quali hanno studiato gli effetti dell' ossido di grafene, un composto che si
lega bene a materiali polimerici nano strutturati e diventa quindi molto utile
per le applicazioni in biologia, medicina, stoccaggio energetico, conduzione
(laddove un materiale ibrido con una protezione isolante è ottimale per le
celle solari, i sensori chimici, gli antibatterici eccetera).
Ebbene, questo composto può diventare tossico per l'uomo, soprattutto per la
sua mobilità in acqua e l'impatto ambientale che ne deriva. Le nano-particelle
di ossido di grafene, se scaricate in acqua, possono avere una sorte diversa a
seconda della profondità e tipo di bacino idrico dove sversate, e ciò che
preoccupa i ricercatori è che sono le acque superficiali le più a rischio.
Nelle acque più sotterranee, infatti, l'ossido di grafene
col tempo diventa meno stabile a causa dell'elevata durezza (ovvero la presenza
di ioni di sali sciolti in acqua) e col tempo si 'decompone', non
rappresentando più una minaccia per l'ambiente.
L'esatto contrario avviene invece in laghi, fiumi - acque superficiali - dove
le nano-particelle possono rimanere integre e mobili, minacciando così
l'ambiente e la salute.
Lo studio, in realtà, è già il secondo allarme, dopo quello pubblicato su PNAS nel luglio 2013 dalla Brown University. In quel caso si metteva in guardia sulle possibili perforazioni di membrane e tessuti umani a causa delle irregolarità strutturali inevitabili dei fogli di grafene (sulla carta e secondo modelli matematici, invece, praticamente perfetto e innocuo), mettendo a rischio così tutte le possibili applicazioni in biomedicina.
Il paragone con i timori legati ai prodotti chimici e
farmaceutici nei primi anni della loro introduzione massiccia nella società è
inevitabile. E quello della tossicità è un rischio che ha accompagnato le
nanotecnologie fin da subito.
Uno studio del 2012 del Center for Bio-Molecular Nanotechnologies dell'Istituto
Italiano di Tecnologia di Lecce, ad esempio, dimostrava come nano-particelle di
oro possano diventare tossiche con mutazioni genetiche e ripercussioni anche di lunga
durata.
Date le dimensioni nano (dell'ordine cioè di un miliardesimo di metro)
allarmismi e diffidenze sono da tenere in conto.
La tossicità del nano-grafene è ancora tutta da dimostrare, ma vale la pena
tenere d'occhio l'evoluzione, considerando che è il candidato sostituto del
silicio in tutte le sue varianti. Quest'ultimo, però, va ricordato, non è tossico, e manitene il record di stabilità nel tempo.