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I rischi mondiali dei prossimi 10 anni

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Il 16 gennaio 2014 il World Economic Forum (WEF), in vista dell’annuale incontro a Davos, pubblica il Global Risks 2014 . Il rapporto, giunto alla nona edizione, valuta la natura e il peso di 31 rischi globali che potrebbero avere un impatto negativo sul tessuto economico mondiale. I rischi si possono intrecciare amplificando il proprio potenziale impatto negativo, che a sua volta ha conseguenze sistemiche a livello geopolitico ed economico.
Il WEF ha chiesto a 700 suoi membri di identificare le minacce più significative per l’economia globale dei prossimi 10 anni. I rischi, organizzati in 5 macro categorie (economica, ambientale, geopolitica, sociale e tecnologica), sono stati valutati a partire dalla probabilità che si concretizzino e dal loro potenziale impatto.
Ecco cosa è emerso:
 1- Crisi fiscale in Stati-chiave
 2- Alti tassi disoccupazione/sottoccupazione strutturale
 3- Crisi idrica
 4- Drastiche disparità di reddito
 5- Fallimento delle azioni mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici
 6- Maggiore incidenza di fenomeni meteorologi estremi
 7- Fallimento della governance globale
 8- Crisi alimentari
 9- Fallimento dei principali meccanismi/istituzioni finanziarie
10- Profonda instabilità politica e sociale

Fonte: WEF Global Risks Perception Survey 2013-2014 (clicca per ingrandire)

Ma come è evoluta la percezione dei rischi negli ultimi anni? A partire dal 2010 prendono corpo inquietudini ambientali. In particolare preoccupano le tematiche dell’acqua (crisi idriche e fenomeni idrici estremi) e più in generale il cambiamento climatico. Mentre i temi della salute – pandemie e malattie croniche – sembrano lasciare il posto ai timori di attacchi informatici, complice senz’altro il caso Snowden. Naturalmente si mantiene inalterata la preoccupazione per le minacce economiche, vuoi per il profilo dei rispondenti, vuoi per la crisi economico-finanziaria in atto.

Fonte: WEF Global Risks Reports 2007- 2014 (clicca per ingrandire)

Il 2010 è dunque l’anno spartiacque. Per capire perché il 2010 e non il 2007 (che segna virtualmente l’inizio della crisi economica mondiale) è necessario guardare all’intreccio dei rischi, a partire da un innesco ‘qualsiasi’, in questo caso l’acqua.
E'un anno di disastrose alluvioni in Europa centrale e in Pakistan, India e Cina. Ma, per la legge del contrappasso, è anche l’anno della peggior siccità degli ultimi 50 anni in Russia. I raccolti del granaio d’Europa e dintorni (ma anche del Nord Africa e del Medio Oriente) vanno persi, aumenta il prezzo del grano e, in un’area già caratterizzata da instabilità politica, si aggravano tensioni sociali latenti. Scoppia la Primavera Araba che, sebbene perda vigore nei mesi successivi, lascia sul terreno la guerra civile in Siria. Un conflitto che mette a rischio la già instabile situazione in Medio Oriente e su cui aleggia il sospetto uso di armi chimiche che porta alla reazione della comunità internazionale. E così via, una tessera dietro l’altra come in una partita a domino. Un gioco che ci porta dritti al rischio sistemico globale, ossia al rischio che l’intera economia mondiale entri in una nuova recessione. Questa porta con sé l’inevitabile aumento della disoccupazione e della disparità di reddito innescando instabilità sociale e politica.

Fonte: WEF Global Risks 2014 (clicca per ingrandire)

Pochi giorni dopo la pubblicazione del rapporto è partita la kermesse di Davos. La 44esima edizione del Forum dal titolo “Rimodellare il mondo. Conseguenze per la società, la politica e gli affari” ha messo sul piatto oltre 200 workshop e un programma punteggiato da questioni ambientali, di salute e di lavoro. In particolare ha dedicato 23 sessioni al cambiamento climatico, alla sicurezza delle risorse (idriche e alimentari) e alla sostenibilità.
I leader economici mondiali abbracciano la causa dell’ambiente e dell’equità. Di fatto senza consumatori non esisterebbe un mercato, e senza risorse diventa impossibile produrre qualsivoglia bene di consumo. Lo hanno capito molto bene Coca-Cola e Nike. Ed è chiaro al WEF che la componente economica non deve (può?) correre da sola.

Nel rapporto ricorrono i richiami alle strategie di gestione e mitigazione dei rischi.
Entrambi presuppongono – come evidenziato anche dai rapporti IPCC – una intensa e costruttiva collaborazione internazionale e importanti investimenti economici ed organizzativi per ridurre la vulnerabilità ai rischi sistemici.
Per far fronte agli investimenti necessari il WEF suggerisce di incentivare le partnership pubblico-privato a tutti i livelli (regionale, nazionale e internazionale). Tuttavia gli investimenti, soprattutto economici, non sono alla portata di buona parte dei Paesi poveri già alle prese con gli alti tassi di interesse imposti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. Negli stessi Paesi ricchi la crisi economica ha prostrato ampi strati della popolazione e la componente pubblica della next generation public-private partnership a stento riesce a far fronte ai bisogni dei propri cittadini.

Lo stesso termine next generation, utilizzato dal WEF, presuppone un cambiamento culturale che avrà bisogno di tempo per configurarsi. Ma, stando alla mappa dei rischi e alle loro interconnessioni, la sensazione è che i tempi siano stretti. Il primo importante banco di prova per testare consapevolezza e buoni propositi sarà la Conferenza sul clima di Parigi nel 2015.


Tanya Salandin


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