fbpx Nei siti industriali inquinati maggior rischio di malattie | Scienza in rete

Nei siti industriali inquinati maggior rischio di malattie

Tempo di lettura: 4 mins

Ci si ammala più facilmente nei siti industriali contaminati: questo il succo della terza edizione dello studio «Sentieri» (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), finanziato dal Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto superiore di sanità sullo stato di salute della popolazione che vive nei 44 siti di interesse nazionale per le bonifiche (SIN). Rispetto alle edizioni precedenti, focalizzate sulla mortalità, la terza edizione (scaricabile dal sito di Epidemiologia & prevenzione), si concentra sui 18 siti di bonifica dove è stato possibile effettuare un aggiornamento sui dati di mortalità (2003-2010), raccogliere i dati relativi ai ricoveri (2005-2010) e quelli dei nuovi casi/anno dei tumori (incidenza) raccolti dai locali registri tumori (1996-2005).

Diciotto aree analizzate

L’analisi della terza edizione di «Sentieri» non ha riguardato tutte le 44 aree di bonifiche, me 18 aree dove la presenza di registri tumori ha consentito di raccogliere, oltre i dati più aggiornati di mortalità e di ricovero, le incidenze tumorali. Le aree indagate sono: Bolzano, Trento Nord, Porto Marghera, Laguna di Grado e Marano, Trieste (non per l’incidenza tumori), Brescia (per la zona della Caffaro), Polo di Mantova, Cogoleto (per la Stoppani), Fidenza, Sassuolo e Scandiano, Terni, Litorale Domizio Flegreo e litorale Aversano, Taranto, Milazzo, Gela, Biancavilla e Priolo, Porto Torres e Sassari.

Tumori in aumento

«L’analisi, in aggiunta alla mortalità, dei dati riguardanti l’incidenza oncologica e i ricoveri ospedalieri è cruciale. Quando si ha a che fare con malattie ad alta sopravvivenza, infatti, lo studio della sola mortalità porterebbe a sottovalutarne l’impatto effettivo», ha sottolineato Roberta Pirastu dell’Università di Roma, coordinatrice del progetto «Sentieri». In effetti, rispetto alle passate analisi, alcune importanti novità sono emerse. È il caso, per esempio, del tumore della tiroide, per il quale in alcuni SIN sono stati rilevati incrementi in entrambi i sessi per quanto riguarda sia l’incidenza (Brescia-Caffaro: + 70% per gli uomini, +56% per le donne; Laghi di Mantova: +74%, +55%; Milazzo: +24%, +40%; Sassuolo-Scandiano: +46%, +30%; Taranto: +58%, +20%), sia i ricoveri ospedalieri (Brescia-Caffaro: + 79% per gli uomini, +71% per le donne; Laghi di Mantova: +84%, +91%; Milazzo: +55%, +24%; Sassuolo-Scandiano: +45%, +7%; Taranto: +45%, +32%). Analizzando nel dettaglio alcuni SIN, possiamo notare come in quello di Brescia-Caffaro si riscontra un aumento di incidenza nei tumori del 10% negli uomini e del 14% nelle donne; per i melanomi della cute un +27 % negli uomini e +19% nelle donne, per i linfomi non-Hodgkin + 14% negli uomini e +25% nelle donne, per i tumori della mammella + 25% nelle donne.

Ossa, polmone, fegato

Questi dati costituiscono una sorta di «impronta digitale» del grave inquinamento che si è verificato. Senza considerare che sono aumentati anche altri tumori, le cui cause biologiche possono essere diverse. A Taranto e a Porto Marghera solo tra le donne i dati osservati superano quanto ci si poteva attendere per i tumori ossei, della mammella, dell’utero, il mieloma, la leucemia linfatica, nello specifico quella acuta. A Porto Torres è molta alta invece l’incidenza dei tumori al polmone. Questo dato, secondo gli autori del rapporto, è dovuto non solo all’inquinamento industriale, ma anche alle abitudini al fumo. Interessanti anche i dati sul tumore del fegato, che gli epidemiologi di «Sentieri» riconducono anche a un diffuso rischio chimico presente nei siti di bonifica, come a Priolo così come nella “terra dei fuochi” in Campania. Anche l’analisi dei dati di ricovero (2005-2010) rivela alcune realtà da tenere sotto controllo. Nell’area di Sassuolo-Scandiano, per esempio, nel corso degli anni, sono stati registrati molti ricoveri tra gli uomini per melanoma cutaneo, tumore della la tiroide, malattie ischemiche del cuore, in particolare per insufficienza cardiaca. A Trieste, invece, si registra un eccesso di ricoveri per malattie polmonari cronico-ostruttive.

Emergenza amianto

Da «Sentieri» emerge con forza anche la gravità della esposizione ad amianto subita dalle popolazioni residenti in molte aree di bonifica. Eccessi per mesotelioma e tumore maligno della pleura si registrano infatti nei SIN siciliani di Biancavilla (CT) e Priolo (SR), dove è documentata la presenza di asbesto e fibre asbestiformi, ma anche nei SIN con aree portuali (Trieste, Taranto, Venezia) e con attività industriali a prevalente vocazione chimica (Laguna di Grado e Marano, Priolo, Venezia) e siderurgica (Taranto, Terni, Trieste): un dato, questo, che conferma la diffusione dell’amianto nei siti contaminati anche al di là di quelli riconosciuti tali in base alla presenza di cave d’amianto e fabbriche di cemento-amianto.

«Sentieri Kids»

Un capitolo importante di «Sentieri» è dedicato ai bambini, un bersaglio molto sensibile alla contaminazione ambientale. L’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) ha stimato che in Europa i siti che richiedono interventi di bonifiche ambientali sono circa 250mila. In Italia si calcola che circa 5,5 milioni di persone e un milione di bambini e giovani risiedono nei 44 siti di interesse nazionale per le bonifiche. I risultati preliminari di un’analisi della mortalità infantile per alcuni grandi gruppi di cause nei siti contaminati mostrano che il rischio di mortalità nei bambini più piccoli è rispettivamente del 4% e del 5% più elevata rispetto ai bambini residenti in altre aree: un segnale che indica sicuramente la necessità di indagini più approfondite. «Sentieri Kids» continuerà con una serie di analisi multiesito, basate sui dati di mortalità, ricoveri ospedalieri e incidenza neoplastica, in modo da allestire un sistema di monitoraggio permanente e, a breve, suggerire alcuni interventi di prevenzione.

Tratto da Corriere della sera.it

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Siamo troppi o troppo pochi? Dalla sovrappopolazione all'Age of Depopulation

persone che attraversano la strada

Rivoluzione verde e miglioramenti nella gestione delle risorse hanno indebolito i timori legati alla sovrappopolazione che si erano diffusi a partire dagli anni '60. Oggi, il problema è opposto e siamo forse entrati nell’“Age of Depopulation,” un nuovo contesto solleva domande sull’impatto ambientale: un numero minore di persone potrebbe ridurre le risorse disponibili per la conservazione della natura e la gestione degli ecosistemi.

Nel 1962, John Calhoun, un giovane biologo statunitense, pubblicò su Scientific American un articolo concernente un suo esperimento. Calhoun aveva constatato che i topi immessi all’interno di un ampio granaio si riproducevano rapidamente ma, giunti a un certo punto, la popolazione si stabilizzava: i topi più anziani morivano perché era loro precluso dai più giovani l’accesso al cibo, mentre la maggior parte dei nuovi nati erano eliminati.