Secondo molti, la più grande sfida teorica della fisica contemporanea sta nel tentativo di unificare la teoria della relatività generale con la meccanica quantistica. I due grandi scenari teorici sviluppati all’inizio del secolo scorso, infatti, sembrano decisamente inconciliabili quando si cerca di unirli in un unico quadro organico.
La
relatività generale, formulata da Einstein, è una teoria della gravità adatta a
descrivere l’universo nel suo insieme; la meccanica quantistica ha avuto enormi
successi nel descrivere il comportamento delle particelle elementari e delle
interazioni fondamentali della natura (elettromagnetismo e forze nucleari).
Un’unica teoria che incorpori sia la relatività sia la meccanica quantistica
(ovvero la gravità quantistica) è il sogno di ogni
fisico teorico. A oggi, tuttavia, siamo ancora lontani dall’averne una.
Gli
approcci che si stanno seguendo sono sostanzialmente tre. Il primo consiste nel
piazzare oggetti quantistici in uno spazio-tempo relativistico: è quello che si
fa per esempio nelle teorie di stringa.
Il secondo approccio
tenta di descrivere in un sol colpo l’intero universo con un’unica funzione
d’onda quantistica (teoria della
funzione d’onda universale). La terza via consiste nel quantizzare lo spazio-tempo: è
quanto avviene nella cosiddetta “gravità
quantistica a loop”.
In questo contesto, si pensa al tessuto spazio-temporale come a un’entità non
continua, ma scomponibile in “particelle di spazio-tempo” elementari e
indivisibili.
L’idea
è questa: se lo spazio-tempo è fatto di “particelle”, e nel suo complesso può
incurvarsi secondo la teoria di Einstein, allora il suo comportamento dinamico
assomiglia a quello un fluido. Per esempio, una superficie d’acqua è composta
da piccole molecole, ma nell’insieme mostra curvature e increspamenti,
proprietà emergenti che possono essere studiate con gli strumenti
dell’idrodinamica. Secondo questo approccio la relatività generale sarebbe
insomma l’“idrodinamica dello spazio-tempo” inteso come fluido, e la meccanica
quantistica va inserita per poter prevedere il comportamento globale a partire
dalle interazioni fondamentali tra le “particelle di spazio-tempo”.
È
precisamente quello che hanno fatto due ricercatori italiani: Stefano
Liberati, della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA)
di Trieste, e Luca Maccione, dell’Università Ludwig Maximilian di
Monaco, in Germania. I due scienziati, con un articolo pubblicato sulla rivista
Physical Review Letters, hanno studiato quali effetti si possono
prevedere nell’ipotesi che l’universo sia davvero descrivibile come un fluido.
In particolare, Liberati e Maccione si sono dedicati a studiare gli effetti di
viscosità del fluido spazio-temporale.
Intuitivamente, se lo spazio-tempo avesse una viscosità,
rallenterebbe il passaggio di oggetti al suo interno. “Eppure noi possiamo
vedere fotoni provenienti da oggetti astrofisici a milioni di anni luce da
noi”, spiega Liberati. “Se lo spazio-tempo è un fluido, allora, secondo i
nostri calcoli, deve trattarsi per forza di un superfluido.”
La
superfluidità dello spazio-tempo sarebbe quindi una condizione necessaria per
consentire alla radiazione elettromagnetica di propagarsi attraverso distanze
di rilevanza cosmologica.
Ma ci sono delle prove osservative che possano dimostrare che
questa trattazione è corretta? Liberati e Maccione hanno pensato anche a
questo: prevedendo quanta energia dovrebbero perdere le particelle che
attraversano il “superfluido”, si possono confrontare i calcoli con precise
misurazioni effettuabili nell’ambito della fisica delle alte energie.
Relatività generale, meccanica quantistica, idrodinamica,
cosmologia, fisica delle particelle: le sfide teoriche della gravità
quantistica sono sempre più interdisciplinari. E per la prima volta –
sostiene Liberati – possono essere
testate: “Con la tecnologia attuale in astrofisica i tempi sono ormai maturi
per portare la gravità quantistica da un piano meramente speculativo a uno più
prettamente fenomenologico. Non si può immaginare un momento più interessante
per dedicarsi alla gravità”.