Qualche settimana fa, Tommaso Maccacaro confessava di trovare parecchio frustrante l’aver passato tutta la sua vita scientifica chiedendosi “ma cosa diavolo è la materia oscura?” e rischiare di non riuscire a saperlo. Non è certo l’unico astronomo che non vede l'ora di smascherare questo misterioso ingrediente della ricetta del Cosmo, tanto esotico quanto indispensabile per far quadrare i conti dinamici delle galassie e dei loro ammassi. In attesa che gli osservatori spaziali di prossima generazione irrompano sulla scena, ci hanno pensato quelli già operativi a smuovere le acque e a far baluginare una possibile soluzione dell'enigma.
E' di questi giorni, infatti, la pubblicazione su The Astrophysical Journal di una scoperta che potrebbe risultare davvero decisiva. Il team di Esra Bulbul, astrofisica in forza all'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge (Massachusetts), riporta la scoperta (qui il paper originale messo online a febbraio) di un misterioso segnale nella radiazione X di un campione di 73 ammassi di galassie i cui spettri sono stati raccolti dai sensori di XMM-Newton, l'osservatorio spaziale dell'ESA. Nel caso specifico di uno di questi ammassi, il Perseus Cluster, i dati sono risultati consistenti anche con le osservazioni raccolte dal Chandra X-Ray Observatory della NASA.
Il gas che avvolge le galassie dell'ammasso di Perseo, principalmente idrogeno, è caratterizzato da temperature di oltre 10 milioni di gradi, sufficientemente elevate perché venga emessa radiazione X. Poiché gli astrofisici conoscono la mappa di queste emissioni (il cosiddetto spettro della radiazione), sono rimasti senza parole quando hanno rilevato la presenza di una debole linea mai osservata prima d'allora. Dato che all'emissione X del gas, ovviamente, contribuiscono anche gli altri elementi che, seppure in minime tracce, vi sono dispersi, la prima idea è stata quella di valutare se potesse dipendere da qualcuno di essi. Questa spiegazione, però, è subito apparsa poco percorribile. Se all'origine di quel segnale vi fosse uno degli elementi che compongono il gas, infatti, le sue tracce risulterebbero anche ad altre lunghezze d'onda ben note agli astrofisica.
Ha cominciato così a farsi strada un'altra intrigante spiegazione. Secondo i ricercatori potrebbe trattarsi della traccia lasciata dal decadimento del neutrino sterile. Questa particella subatomica, la cui esistenza è stata suggerita per risolvere alcuni problemi della teoria dell'oscillazione dei neutrini, avrebbe la caratteristica di interagire con la materia ordinaria unicamente attraverso la gravità. Una caratteristica che lo rende davvero un ottimo candidato quale ingrediente della materia oscura. L'unico ostacolo è che, finora, questo “sapore” di neutrino non sia mai stata osservato.
Il che non significa che ultimamente non sia diventato piuttosto popolare tra gli astrofisici. Lo scorso febbraio, per esempio, Richard Battye (Università di Manchester) e Adam Moss (Università di Nottingham) hanno pubblicato su Physical Review Letters un interessante studio in cui, proprio introducendo il neutrino sterile, riuscivano a conciliare il divario tra la distribuzione di materia che emerge dallo studio della radiazione cosmica di fondo e quella suggerita dalle rilevazioni di lensing gravitazionale. Ad analoghe conclusioni giungeva anche il team di Mark Wyman (Università di Chicago), il cui lavoro veniva pubblicato sullo stesso numero della rivista.
Secondo lo scenario proposto, quando l’Universo era giovane, caldo e denso i neutrini si muovevano a velocità altamente relativistiche, ma col trascorrere del tempo il graduale raffreddamento dell’Universo ha rallentato i neutrini che, essendo dotati di massa, hanno cominciato a interagire in modo sempre più intenso con il resto della materia, ostacolando in qualche modo il raggrupparsi delle galassie.
Non meno interessanti le conclusioni pubblicate sul numero di aprile di Physical Review Letters da Kevork Abazajian (University of California), i cui calcoli lo portano ad attribuire al neutrino sterile la radiazione scoperta da Esra Bulbul, verificando inoltre come i parametri imposti in tale modello riescano ottimamente a spiegare alcune proprietà della Via Lattea e del suo sistema di galassie satelliti.
Mistero risolto, dunque, anche senza negoziare quello scomodo patto con Mefistofele cui accennava Maccacaro? Magari! Anzitutto si dovrà verificare se nelle condizioni estreme che caratterizzano il plasma dell'ammasso di Perseo la materia ordinaria non possa fare qualche strano scherzetto finora sfuggito ai fisici. Inoltre, controllo non meno importante, si dovrà avere la certezza che quel misterioso guizzo nello spettro non sia un artefatto strumentale. Per raccogliere quel flebile segnale, infatti, gli astrofisici hanno dovuto spremere i due osservatori spaziali al limite delle loro sensibilità. Sarà dunque indispensabile provare oltre ogni ragionevole dubbio che questo non abbia introdotto indesiderati effetti collaterali. Qualche conferma della bontà dei dati raccolti già circola - vedi lo studio di Alexey Boyarsky (Leiden University) e collaboratori - ma per convincere la giuria della colpevolezza del neutrino sterile ci vuole ben altro.