fbpx Trovati i geni legati alla schizofrenia | Scienza in rete

Trovati i geni legati alla schizofrenia

Tempo di lettura: 3 mins

128 sono i geni implicati nella schizofrenia e 108 le specifiche posizioni dei cromosomi coinvolte.
Questi i risultati di uno studio pubblicato su Nature e condotto dall’organizzazione internazionale Psychiatric Genomics Consortium su più di 150.000 soggetti.

La schizofrenia è una malattia psichiatrica, caratterizzata da alterazioni di pensiero e comportamento, deliri e allucinazioni. Attualmente i trattamenti si limitano alla somministrazione di farmaci antipsicotici, a interventi psicoterapeutici e riabilitativi o, nei casi peggiori, a trattamenti sanitari obbligatori. Non ci sono nuovi farmaci da decenni ed è dunque enorme l’interesse nel capire le cause che possono determinare questo disturbo.
Ad oggi si sa che la schizofrenia può presentarsi per via di una somma di fattori ambientali, psicologici e neurologici, compreso l’abuso di sostanze stupefacenti. Quasi sicuramente, però, la genetica ha un impatto determinante: nonostante la prevalenza della malattia sia di circa 1 su 100, la probabilità arriva al 13% o addirittura al 46% se rispettivamente uno o entrambi i genitori sono schizofrenici.
Tuttavia quest’ipotesi non è mai stata confermata dagli studi eseguiti negli ultimi decenni: le differenze genetiche tra sani e pazienti, infatti, erano troppo comuni e non particolarmente specifiche. Questo significa che le mutazioni dei singoli geni non sembrano in grado da sole di provocare i sintomi e che solo la somma delle mutazioni in un numero consistente di geni diversi può essere significativo fattore di rischio per la nascita del disturbo.

Per questo motivo il Schizophrenia Working Group dello Psychiatric Genomics Consortium, un’organizzazione che coinvolge moltissimi ricercatori di tutto il mondo, ha condotto un enorme studio dove sono stati estratti i DNA di circa 150.000 soggetti, dei quali 37.000 pazienti affetti da schizofrenia e 113.000 soggetti sani.
Il confronto di tutti questi dati, ottenuti con una tecnica chiamata genome-wide association study (GWAS), ha permesso di individuare 128 geni legati alla schizofrenia, cioè che si differenziavano nei pazienti rispetto ai sani. Queste varianti geniche sono state localizzate in 108 specifiche posizioni dei cromosomi (loci genetici) dei pazienti e 83 di queste non erano finora mai state associate al disturbo. Come sottolineano gli autori, questi risultati confermano sia le ipotesi della componente genetica come fattore rilevante, sia il fatto che siano molti i geni connessi.

Alcuni di questi geni sono legati alla plasticità delle sinapsi e codificano per proteine coinvolte nella trasmissione di segnali cerebrali o nella creazione di connessioni tra i neuroni. Altri codificano per proteine coinvolte nel sistema immunitario, che pare essere implicato nell'insorgenza della schizofrenia. Altri riguardano geni legati ad alcuni neurotrasmettitori come glutammato e dopamina. Quest’ultimo, in particolare, è stata una sorpresa per i ricercatori: il recettore per la dopamina è bersaglio di uno dei farmaci oggi disponibili per trattare la malattia e ridurre i sintomi psicotici. Nonostante questo però, il gene che lo codifica (DRD2) non era mai stato indicato dagli studi precedenti come fattore di rischio per la schizofrenia dai precedenti studi. 

Si tratta, ovviamente, di uno studio preliminare, dove il grande del lavoro sarà associare funzioni a geni e loci individuati. Sicuramente, però, lo studio aiuterà i ricercatori a comprendere meglio le cause della malattia e faciliterà lo sviluppo di farmaci e terapie innovative. I farmaci attuali, ormai vecchi, agiscono unicamente sul rilascio di dopamina.
Trovare nuove molecole bersaglio per nuovi target è un obiettivo che la scienza ha il dovere di raggiungere.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Rischiamo di avere troppi satelliti in orbita: è urgente occuparsi di ecologia dello spazio

Scie colorate nel cielo lasciate da detriti spaziali del vettore Starship esploso dopo il decollo

L’ultimo saggio dell’astrofisica Patrizia Caraveo, "Ecologia spaziale - Dalla Terra alla Luna a Marte", segnala i rischi legati al numero sempre maggiore di satelliti che oggi vengono lanciati nello spazio, provocando inquinamento e pericoli in fase di lancio, di orbita e di rientro e contaminando fasce estremamente delicate della stratosfera. Si tratta di una tecnologia fondamentale, che offre servizi oggi cruciali e un tempo impensabili: ma occorre mettere mano a una regolamentazione vincolante per tutti, con urgenza, prima di arrivare a danni irreparabili. (Nella foto: scie lasciate nel cielo dai resti dal razzo Starship di SpaceX esploso poco dopo il lancio il 16 gennaio 2025).

Il 16 gennaio scorso le immagini di quella che sembrava una spettacolare cascata di stelle cadenti nei cieli dei Caraibi hanno invaso social, siti e poi tutti i media. Si trattava in realtà della ricaduta verso terra dei detriti fiammeggianti dell’astronave Starship di SpaceX – l’azienda di voli spaziali di Elon Musk – esplosa pochi minuti dopo il decollo dalla base di Boca Chica, in Texas. Elon Musk stesso ha pubblicato un video dell’incidente sul suo social X, commentando: «Il successo è incerto, l’intrattenimento garantito».