Graig Venter ci trasporta in un mondo
ai più sconosciuto: il mondo della genomica e della biologia sintetica.
Questo
richiede l'utilizzo di un certo linguaggio specifico, che a prima vista può
scoraggiare il lettore mosso dalla sola curiosità.
Chi invece possiede più di
qualche nozione di chimica e biologia riuscirà più facilmente a seguire gli
sviluppi del lavoro del biologo statunitense e del suo team, e degli altri
scienziati che, direttamente o indirettamente, hanno collaborato al suo
progetto: scoprire il software della vita, le condizioni di possibilità
basilari della vita biologica, la ricetta della vita. L'autore si impegna nel
descrivere in maniera dettagliata gli esperimenti che lo hanno condotto a
convincersi che il DNA è il software della vita, le difficoltà incontrate a
livello tecnico, gli errori commessi e i passi falsi, mostrando così come si fa
ricerca, e in che modo si procede quando si vuole scoprire qualcosa di nuovo.
È stimolante ed emozionante
cogliere l'importanza di queste fondamentali scoperte scientifiche, ancora in
atto, dalla stessa penna di chi dedica la propria vita alla ricerca.
Attraverso l'interazione tra
informatica, “scienza dei computer”, e biologia, “scienza della vita”, Venter e
il suo team sono riusciti a compiere importanti passi in avanti nel mondo della
biologia sintetica. In questo modo i campi della chimica, della biologia e
dell'informatica si sono uniti con successo nella genomica.
Questa recente branca del sapere,
per il suo contenuto così scottante, per il fatto che consente di “giocare” con
il codice sorgente della vita (per usare il linguaggio informatico), di
manipolare forme di vita, di creare organismi biologici, è guardata con
sospetto dall'opinione pubblica e da gran parte dei media. Alcuni dei quali
sono pronti ad urlare alla rivoluzione del concetto di evoluzione darwiniana,
altri accusano scienziati e biologi di una sorta di “ubris” di sapore antico.
Venter stesso afferma che con i
loro esperimenti hanno effettivamente “giocato a fare Dio” (spinti dal motto non
conosco ciò che non posso creare), dimostrando attraverso la produzione
della prima cellula sintetica, che per creare la vita Dio non è necessario.
Avevano così ritenuto di essersi sbarazzati una volta per tutte di ogni sorta
di vitalismo. Con questo termine ci si riferisce a quelle forme
spiritualistiche di spiegazione della vita, a quelle “teorie” secondo le quali
per creare la vita è necessario qualcosa di superiore alla vita stessa, una
causa esterna, spiegazioni queste che ricordano i vecchi miti greci riguardo il
“soffio vitale”.
Oggi in realtà, grazie anche agli
studi che troviamo presentati in questo libro, sappiamo che il codice sorgente
della vita, il DNA, ha lo stesso principio di funzionamento del codice binario,
fondamento dell'informatica. L'informazione è alla base della vita. Per questo
motivo non mancano i riferimenti alle cellule viste come macchine in grado di
riprodursi, piccoli robot che svolgono funzioni specifiche, che sono di vitale
importanza per gli organismi pluricellulari, come l'uomo.
Scopriamo così che gli esseri
viventi sono composti da macchine infinitamente piccole, che collaborano e
funzionano alla perfezione, e che anche un piccolo errore nell'informazione
genetica può compromettere il funzionamento dell'intero sistema. Questo non fa
che attivare in noi una meraviglia per la vita e per le strutture che le stanno
alla base. La vita appare così ancor più affascinante e complessa, seppur
privata da quell'antico alone di mistero di matrice vitalista.
È questo forse un ritorno al
meccanicismo? Forse si, l'autore è convinto fermamente che “la vita non dipenda
da nulla di più che da un complicato insieme di reazioni chimiche”.
Nonostante i passi in avanti
però, l'origine delle prime cellule che hanno dato il via all'evoluzione è e
rimane un mistero, purtroppo laddove c'è un mistero trovano vita facile, sia
vitalismo che religione. Il punto è che non c'è bisogno di risalire fino alla
causa prima, ma dovremmo soffermarci sui risultati che otteniamo nel percorso
di ricerca sull'origine della vita. Almeno oggi sappiamo che il DNA è il
software e il fondamento di ogni forma di vita.
Il libro non parla solo di
scienza, è sempre presente il ruolo della pubblica opinione e l'impatto che le
scoperte di Venter hanno sulla società, è un punto sul quale l'autore riflette
in almeno due parti specifiche del libro.
Lo scienziato si rende
perfettamente conto che la biologia sintetica apre un problema etico
profondo, almeno secondo ciò che in un futuro prossimo saremo in grado di fare
grazie a queste bio-tecnologie.
La questione è cruciale e va
affrontata di pari passo con l'innovazione che la biologia sintetica ci
propone. Bisogna anche guardare il lato del tutto positivo della cosa: le
potenzialità della biologia sintetica possono aiutare l'intera umanità a
risolvere problemi enormi, dal campo medico, a quello rigenerativo, al campo
alimentare e ambientale.
L'unico nodo problematico per ora
è che lanciare una nuova forma di vita all'interno della linea evolutiva, che
si è sviluppata lentamente durante milioni di anni, potrebbe portare a
stravolgere, in linea di principio, l'equilibrio ambientale scaturito proprio
dall'evoluzione.
Bisogna, secondo Venter,
investire affinché si continui a sviluppare una biologia sintetica in modo
sicuro ed efficiente; per esperienza storica tutti sappiamo che questo tipo di
ricerche scientifiche hanno un duplice uso.
Ma bisogna comunque continuare a
ricercare nell'ambito della biologia sintetica: “le conseguenze dell'inazione
possono essere più pericolose di un uso improprio”.
È un libro da leggere, non solo per gli addetti ai lavori, che sicuramente troveranno più proficuo guardare direttamente alle sue ricerche, ma anche per chi si avvicina in maniera diversa allo studio del problema della vita e della sua possibile spiegazione.