Non è la prima volta che mi capita di cercare di capire qualcosa di più degli effetti collaterali di un farmaco. Normalmente mi succede di confrontare le differenze tra un farmaco e il placebo, cioè tra il numero di effetti collaterali presenti nei pazienti trattati con il farmaco e quello del gruppo che prende il placebo, la pillola zuccherina.
In questa revisione gli studi considerati erano dei
testa-testa: un farmaco, il bevacizumab (Avastin),
era confrontato con un altro farmaco, il
ranibizumab (Lucentis), e non con il placebo.
Questa è una differenza rispetto alla maggioranza dei contesti di revisione.
Inoltre tutti gli studi erano indipendenti, ovvero non promossi dalle aziende
produttrici i farmaci considerati. Una seconda differenza.
La malattia considerata nella nostra revisione, la
degenerazione maculare, colpisce gravemente l’occhio e può condurre alla
perdita della vista, uno dei nostri sensi più sviluppati e forse il più
indispensabile per condurre una vita normale. I farmaci che abbiamo studiato
funzionano bene nella degenerazione maculare e spesso consentono ai pazienti di
mantenere la vista. Uno dei due però è stato associato a maggiori effetti
collaterali. Gravi: disabilità, infarti, emorragie. Tutti eventi da evitare.
Il bevacizumab è un farmaco anticancro di cui sono ben noti
alcuni effetti collaterali. Nei pazienti con tumore è stato finanche associato a
un aumento del numero di effetti collaterali fatali, quelli cioè che comportano
la morte del paziente. Fortunatamente questi eventi si verificano raramente, in
meno dell’1% dei casi.
Effetti collaterali non fatali si verificano in misura
più frequente. Non è certo un bel biglietto da visita. Infatti alcuni miei
colleghi dicono del bevacizumab che sia un farmaco ‘ricco’ di effetti
collaterali.
Il ranibizumab è un farmaco alternativo al bevacizumab. In realtà è un frammento del bevacizumab ideato specificatamente per l’uso intravitreale, per avere una breve emivita e un’alta tollerabilità. Almeno questo è quello che ci dicono e tanto basta per fare del ranibizumab il ‘fratello buono’, dalla nomea positiva.
Alcuni punti da tenere presente. Nell’occhio, il bevacizumab
si utilizza off-label a dosaggi centinaia di volte inferiori di quanto avvenga
in pazienti oncologici. Quando abbiamo guardato nella letteratura abbiamo
trovato moltissimi articoli sugli effetti collaterali del bevacizumab. Per il
ranibizumab poche pagine. Infatti non è mai stato testato a dosaggi elevati nei
pazienti con tumore. Non sappiamo quali effetti collaterali gravi potrebbe
indurre. E’ presumibile che ne abbia circa quanti il bevacizumab, fino a prova
contraria. Il ranibizumab è più caro, il bevacizumab costa meno.
Una differenza di prezzo così marcata suscita l’interesse
dei ricercatori e nel giro di pochi anni avviano una serie di studi che pongono
i due ritrovati a diretto confronto. Gli studi si concentrano sull’efficacia e
i primi risultati evidenziano benefici pressoché equivalenti. Nessuno degli
studi è invece sufficientemente grande per indagare la sicurezza e le eventuali
differenze in termini di effetti collaterali. Inoltre quando negli studi
cerchiamo di monitorare gli effetti collaterali, siamo lontani dall’essere
perfetti.
E’ un lavoro difficile: le definizioni di effetto collaterale
(tecnicamente chiamato evento avverso o non desiderato) sono labili, la loro
individuazione non è facile, come pure è arduo stabilire se siano dovuti al
farmaco o al decorso della malattia. Quando analizziamo gli
effetti collaterali consideriamo, infatti, tutti gli eventi compatibili con un possibile
effetto indesiderato del farmaco. I pazienti trattati con Avastin e Lucentis
sono molto anziani, spesso hanno più malattie ed eventi come un ricovero o un
evento cardiovascolare si verificano con una certa frequenza. Ognuno di questi
eventi è conteggiato.
Alcuni dei grandi trialisti, ovvero i medici che hanno seguito i pazienti nell’ambito degli studi clinici randomizzati, hanno partecipato a sviluppare la revisione Cochrane. Sommando tutti gli studi possiamo capire meglio cosa succede. E lavorando insieme mi hanno detto che uno dei problemi negli studi era la percezione diversa dei due farmaci: avevano in mente che il bevacizumab provocasse molti effetti collaterali, mentre il ranibizumab era stato disegnato per non averne. Per questo motivo, è possibile che i medici avessero una diversa predisposizione di fronte ai pazienti trattati con bevacizumab e ranibizumab e che la diversa predisposizione si potesse concretizzare in una maggiore attenzione agli effetti collaterali nel gruppo trattato con bevacizumab che in quello con ranibizumab. E'importante assicurare il mascheramento in questi studi, ovvero il fatto che il medico sia all’oscuro del farmaco somministrato.
In uno studio però il mascheramento non ha funzionato o ha funzionato in parte. Una parte dei medici era informata del farmaco somministrato al paziente poiché il farmaco e il di verso costo compariva nel conto da spedire all’assicurazione. Questa consapevolezza, unita alla cattiva reputazione del bevacizumab, potrebbe avere influenzato la misurazione degli effetti collaterali. Delle molte analisi condotte in questo studio, solo quella relativa al maggiore rischio del bevacizumab per gli effetti collaterali gravi ha trovato larga eco.
Di nove studi che abbiamo identificato, solo uno ha rilevato maggiori effetti collaterali in misura allarmante nei pazienti trattati con bevacizumab rispetto a ranibizumab. Negli altri otto studi le differenze sono registrate a volte a favore del ranibizumab, a volte del bevacizumab. Il risultato di una singola analisi di un singolo studio ha rinforzato l’idea che il bevacizumab fosse più pericoloso rispetto a una molecola similare. Un caso di effetto nocebo applicato a un farmaco.
Le evidenze che abbiamo, seppur qualitativamente limitate, non avallano l’ipotesi che il bevacizumab sia un farmaco che infligge maggiori danni ai pazienti rispetto al ranibizumab. In medicina non è insolito infliggere un danno, nel tentativo di fare bene, ma il nostro obiettivo è di assicurare che nel complesso facciamo più bene che male: il bevacizumab nel trattamento della maculopatia degenerativa fa più bene che male, e costa molto meno del ranibizumab. Con i soldi risparmiati possiamo fare altro bene.
Referenze:
Moja L, Lucenteforte E, Kwag KH, Bertele V, Campomori A,
Chakravarthy U, D'Amico R, Dickersin K, Kodjikian L, Lindsley K, Loke Y,
Maguire M, Martin DF, Mugelli A, Mühlbauer B, Püntmann I, Reeves B, Rogers C,
Schmucker C, Subramanian ML, Virgili G. Systemic safety of bevacizumab versus
ranibizumab for neovascular age-related macular degeneration. Cochrane Database
of Systematic Reviews 2014, Issue 9. Art. No.: CD011230. DOI:
10.1002/14651858.CD011230.pub2