Sono i
numeri a parlare: nel mondo si stima siano circa 25 milioni le persone affette
dal morbo di Alzheimer, soltanto in Italia fa registrare più di 600mila casi.
Per
questo è molto sottolineare ogni piccolo
passo avanti nella ricerca e nella prevenzione della malattia.
Così, in
occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer, che si celebra oggi 21
settembre, la Società Italiana di Neurologia (SIN) sottolinea l’importanza dei
risultati conseguiti dalla ricerca scientifica nello sviluppo di nuove terapie
e nella diagnosi precoce.
Recentemente
i ricercatori del campus di
Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto un difetto in un pathway
cellulare che dicono possa contribuire sia alla sovrapproduzione di proteina
tossica nel cervello dei pazienti con malattia di Alzheimer e sia alla perdita
di comunicazione tra i neuroni.
Il
percorso, di segnalazione Wnt, è
noto per svolgere un ruolo chiave nella
sopravvivenza delle cellule, lo sviluppo embrionale e l'attività sinaptica. L’iperattività di questa via di segnalazione in cellule mature si pensa
sia un elemento fondamentale nello sviluppo del cancro.
“I
ricercatori sanno da tempo che i pazienti con cancro sono a rischio ridotto di
sviluppare la malattia di Alzheimer, e viceversa", afferma Guojun Bu, autore principale dello studio
pubblicato su Neuron. “Ciò che non
era noto è che la segnalazione Wnt è coinvolta in questa dicotomia.”
Utilizzando un modello murino, l’équipe di Bu ha scoperto, infatti, che la via
di segnalazione Wnt è soppressa nel morbo di Alzheimer.
Per
attivare la via di segnalazione, Wnt ha bisogno di legarsi al recettore LRP6.
Nel modello murino preso in esame dai ricercatori statunitensi LRP6 è carente.
Questa lipoproteina è importante perché regola la produzione di beta-amiloide,
proteina che si accumula nel cervello dei pazienti malati di Alzheimer.
Un
livello inferiore di LRP6 porta a un accumulo di amiloide e danneggia la
capacità dei neuroni di comunicare tra loro. I topi
con questo deficit presentano un deterioramento cognitivo.
I
ricercatori hanno convalidato le loro scoperte esaminando tessuto cerebrale
post-mortem di pazienti di Alzheimer: hanno trovato che i livelli LRP6 erano bassi
e la via di segnalazione Wnt gravemente compromessa.
La buona
notizia è che gli inibitori specifici di questo percorso sono già in fase di
sperimentazione.
“Identificazione
di piccoli composti per ripristinare LRP6 e la via di Wnt, senza indurre
effetti collaterali, potrà aiutare a prevenire o curare la malattia di
Alzheimer”, spiega Bu.