John
O’Keefe, May-Britt e Edvard Moser hanno vinto
il Nobel per la Medicina 2014.
Sono state premiate le loro scoperte relative alle cellule nervose che
costituiscono il sistema di posizionamento nel cervello: un sistema che ci
permette di orientarci, come una sorta di “Gps biologico”.
L’individuazione di questo sistema di cellule permette al cervello di avere
costantemente le coordinate spaziali del luogo in cui si trova. Ma non
solo, l’individuazione del “Gps biologico” rappresenta un
cambiamento di paradigma nella nostra
comprensione di come gruppi di
cellule specializzate lavorano insieme per eseguire le funzioni cognitive superiori, come la
memoria, il pensiero e la pianificazione.
Un Nobel inatteso? No, forse, per la rivista Nature che ha pubblicato, proprio oggi, un articolo dedicato alla
carriera dei coniugi-ricercatori Moser.
Ma per capire
meglio la portata e il percorso della scoperta dobbiamo ritornare agli
anni Settanta.
In quel periodo John O'Keefe si dedicava allo studio, nei topi, delle
cellule e dei processi cerebrali.
In un esperimento aveva notato che un tipo di cellule nervose dell'ippocampo si
attivavano quando gli animali si trovavano in un certo luogo della stanza.
Quando i topi si spostavano in altro luogo si “accendono” invece altre cellule.
Aveva scoperto le cosiddette “place cells”, cellule in grado di controllare le
direzione che assumiamo quando ci muoviamo.
Ma come funzionano? In esse
si verifica un potenziale d'azione quando l'animale si trova un una
specifica posizione nello spazio, mentre altri neuroni, chiamati cellule
silenti, non mostrano segni di attività.
Poiché questo meccanismo di attivazione è estremamente selettivo, si ritiene
che lo stabilirsi e il mantenersi di queste risposte di attivazione specifica
siano la base neurale dei processi di apprendimento e di memoria dipendenti
dall'ippocampo, grazie a una sorta di "mappa neurale dello spazio".
Trentaquattro
anni più tardi, May-Britt e Edvard Moser, che collaborano
da 30 anni e sono
sposati da 28, scoprirono un modello sorprendente
di attività in una parte del cervello chiamata corteccia entorinale, un vero è
proprio sistema Gps. In quest’area alcune cellule erano attivate
quando il topo passava nelle posizioni disposte in una griglia esagonale.
Ognuna di queste cellule era stato attivato in un modello spaziale unico e,
tutte insieme, queste "grid cells" costituivano un sistema di
coordinate che permette la navigazione spaziale. Insieme ad altre cellule della
corteccia entorinale che riconoscono la direzione della testa e i confini della
stanza, formano circuiti con le cellule di posizione nell'ippocampo.
A differenza
delle place cell, che scaricano
quando un topo occupa una singola e specifica posizione, le grid cell rispondono quando l’animale è
in una delle varie posizioni possibili di una griglia perfettamente esagonale,
come se ogni cellula corrispondente a una posizione fosse collegata da un
preciso reticolo geometrico a un certo numero di punti di allarme che la fanno
accendere.
Facciamo un
esempio: immaginiamo un tavolo sul quale
si dispongano dei piatti accostati con regolare precisione, in modo da
ricoprirne tutta la superficie. Questa immagine può rappresentare il pattern
di attivazione dei neuroni griglia: ogni volta che un animale si avvicina al
centro di un piatto, si accende una di queste cellule.
Le grid cell sono associate a schemi-griglia che si sovrappongono
fra loro; le griglie di neuroni vicini sono di dimensioni simili, ma si
presentano come lievemente sfasate l’una rispetto all’altra.
L’insieme di
queste reti esagonali aggiorna costantemente il senso di localizzazione di un topo,
anche in assenza di stimoli sensoriali.
Questo sistema permette alle place cell dell’ippocampo di poter funzionare
correttamente. Secondo i coniugi Moser, la suddivisione dello spazio in esagoni è un
sistema molto efficiente, che permette al cervello di controllare con
precisione ciò che accade, minimizzando le energie spese. Anche questo
sistema si sviluppa precocemente nei neonati, seguendo di pochi giorni
quello delle place cell.
I componenti di
questo sistema – che permette di comprendere com’è fatto un determinato
ambiente e i limiti a esso correlati – sono simili nel cervello dell’uomo.
Recenti indagini con tecniche di brain imaging, così come studi di pazienti
sottoposti a neurochirurgia, hanno fornito la prova che esistono
cellule di posizione e della griglia anche negli esseri umani. Nei pazienti con
malattia di Alzheimer, l'ippocampo e la corteccia entorinale sono spesso
colpiti in una fase iniziale della malattia, e queste persone spesso perdono la
loro strada e non in grado di riconoscere l'ambiente. La conoscenza del sistema
di posizionamento nel cervello può, quindi, aiutare a comprendere il meccanismo
alla base della devastante perdita di memoria spaziale che colpisce le persone
con questa malattia.
“È fantastico, sono ancora sotto choc. Quando me l’hanno detto mi sono messa a piangere” ha detto Mary-Britt Moser, che appreso la notizia mentre si trovava in riunione nel suo laboratorio a Trondheim. Il marito, invece, è venuto a conoscenza del Nobel solo quando atterrato in aeroporto a Monaco ha trovato un rappresentante dell’Accademia Reale delle Scienze con un mazzo di fiori in mano. I due ricercatori norvegesi sono la quinta coppia sposata ad aver ricevuto il premio Nobel. May-Britt ha svelato il segreto di una coppia da Nobel: “L’amore per la scienza, la voglia di conoscere e di capire le cose. Il fatto di condividere gli stessi interessi e di lavorare da così tanto tempo insieme”.
Un Nobel un po' "filosofico", dato che domande sul senso del luogo e sul movimento hanno impegnato filosofi e scienziati per molto tempo. Più di 200 anni fa, il filosofo tedesco Immanuel Kant sosteneva che esistono alcune abilità mentali, delle conoscenze a priori, indipendenti dall'esperienza. Considerava il concetto di spazio come principio integrato della mente, quello attraverso il quale il mondo è e deve essere percepito.
“Un riconoscimento di cui si parlava da tempo e che non stupisce. La descrizione di questo sistema di posizionamento localizzato nel cervello è interessante anche perché somiglia sorprendentemente al Gps delle auto: è curioso scoprire che utilizziamo nella vita di tutti i giorni una versione artificiale di ciò che la natura ha già predisposto per noi” ha spiegato il genetista Edoardo Boncinelli al Corriere della Sera.