fbpx Ai "neuroni GPS" il Nobel per la medicina e la fisiologia | Scienza in rete

Ai "neuroni GPS" il Nobel per la medicina e la fisiologia

Tempo di lettura: 5 mins

John O’Keefe, May-Britt e Edvard Moser hanno vinto il Nobel per la Medicina 2014.
Sono state premiate le loro scoperte relative alle cellule nervose che costituiscono il sistema di posizionamento nel cervello: un sistema che ci permette di orientarci, come una sorta di “Gps biologico”.
L’individuazione di questo sistema di cellule permette al cervello di avere costantemente le coordinate spaziali del luogo in cui si trova. Ma non solo, l’individuazione del “Gps biologico” rappresenta un cambiamento di paradigma nella nostra comprensione di come gruppi di cellule specializzate lavorano insieme per eseguire le funzioni cognitive superiori, come la memoria, il pensiero e la pianificazione.
Un Nobel inatteso? No, forse, per la rivista Nature che ha pubblicato, proprio oggi, un articolo dedicato alla carriera dei coniugi-ricercatori Moser.

Ma per capire meglio la portata e il percorso della scoperta dobbiamo ritornare agli anni Settanta.
In quel periodo John O'Keefe si dedicava allo studio, nei topi, delle cellule e dei processi cerebrali.
In un esperimento aveva notato che un tipo di cellule nervose dell'ippocampo si attivavano quando gli animali si trovavano in un certo luogo della stanza. Quando i topi si spostavano in altro luogo si “accendono” invece altre cellule. Aveva scoperto le cosiddette “place cells”, cellule in grado di controllare le direzione che assumiamo quando ci muoviamo.
Ma come funzionano? In esse si verifica un potenziale d'azione quando l'animale si trova un una specifica posizione nello spazio, mentre altri neuroni, chiamati cellule silenti, non mostrano segni di attività.
Poiché questo meccanismo di attivazione è estremamente selettivo, si ritiene che lo stabilirsi e il mantenersi di queste risposte di attivazione specifica siano la base neurale dei processi di apprendimento e di memoria dipendenti dall'ippocampo, grazie a una sorta di "mappa neurale dello spazio".

Trentaquattro anni più tardi, May-Britt e Edvard Moser, che collaborano da 30 anni e sono sposati da 28, scoprirono un modello sorprendente di attività in una parte del cervello chiamata corteccia entorinale, un vero è proprio sistema Gps. In quest’area alcune cellule erano attivate quando il topo passava nelle posizioni disposte in una griglia esagonale. Ognuna di queste cellule era stato attivato in un modello spaziale unico e, tutte insieme, queste "grid cells" costituivano un sistema di coordinate che permette la navigazione spaziale. Insieme ad altre cellule della corteccia entorinale che riconoscono la direzione della testa e i confini della stanza, formano circuiti con le cellule di posizione nell'ippocampo.
A differenza delle place cell, che scaricano quando un topo occupa una singola e specifica posizione, le grid cell rispondono quando l’animale è in una delle varie posizioni possibili di una griglia perfettamente esagonale, come se ogni cellula corrispondente a una posizione fosse collegata da un preciso reticolo geometrico a un certo numero di punti di allarme che la fanno accendere.
Facciamo un esempio: immaginiamo un tavolo sul quale si dispongano dei piatti accostati con regolare precisione, in modo da ricoprirne tutta la superficie. Questa immagine può rappresentare il pattern di attivazione dei neuroni griglia: ogni volta che un animale si avvicina al centro di un piatto, si accende una di queste cellule.
Le grid cell sono associate a schemi-griglia che si sovrappongono fra loro; le griglie di neuroni vicini sono di dimensioni simili, ma si presentano come lievemente sfasate l’una rispetto all’altra.
L’insieme di queste reti esagonali aggiorna costantemente il senso di localizzazione di un topo, anche in assenza di stimoli sensoriali. Questo sistema permette alle place cell dell’ippocampo di poter funzionare correttamente. Secondo i coniugi Moser, la suddivisione dello spazio in esagoni è un sistema molto efficiente, che permette al cervello di controllare con precisione ciò che accade, minimizzando le energie spese. Anche questo sistema si sviluppa precocemente nei neonati, seguendo di pochi giorni quello delle place cell.

I componenti di questo sistema – che permette di comprendere com’è fatto un determinato ambiente e i limiti a esso correlati – sono simili nel cervello dell’uomo.
Recenti indagini con tecniche di brain imaging, così come studi di pazienti sottoposti a neurochirurgia, hanno fornito la prova che esistono cellule di posizione e della griglia anche negli esseri umani. Nei pazienti con malattia di Alzheimer, l'ippocampo e la corteccia entorinale sono spesso colpiti in una fase iniziale della malattia, e queste persone spesso perdono la loro strada e non in grado di riconoscere l'ambiente. La conoscenza del sistema di posizionamento nel cervello può, quindi, aiutare a comprendere il meccanismo alla base della devastante perdita di memoria spaziale che colpisce le persone con questa malattia. 

“È fantastico, sono ancora sotto choc. Quando me l’hanno detto mi sono messa a piangere” ha  detto Mary-Britt Moser, che appreso la notizia mentre si trovava in riunione nel suo laboratorio a Trondheim. Il marito, invece, è venuto a conoscenza del Nobel solo quando atterrato in aeroporto a Monaco ha trovato un rappresentante dell’Accademia Reale delle Scienze con un mazzo di fiori in mano. I due ricercatori norvegesi sono la quinta coppia sposata ad aver ricevuto il premio Nobel. May-Britt ha svelato il segreto di una coppia da Nobel: “L’amore per la scienza, la voglia di conoscere e di capire le cose. Il fatto di condividere gli stessi interessi e di lavorare da così tanto tempo insieme”.

Un Nobel un po' "filosofico", dato che domande sul senso del luogo e sul movimento hanno impegnato filosofi e scienziati per molto tempo. Più di 200 anni fa, il filosofo tedesco Immanuel Kant sosteneva che esistono alcune abilità mentali, delle conoscenze a priori, indipendenti dall'esperienza. Considerava il concetto di spazio come principio integrato della mente, quello attraverso il quale il mondo è e deve essere percepito.

“Un riconoscimento di cui si parlava da tempo e che non stupisce. La descrizione di questo sistema di posizionamento localizzato nel cervello è interessante anche perché somiglia sorprendentemente al Gps delle auto: è curioso scoprire che utilizziamo nella vita di tutti i giorni una versione artificiale di ciò che la natura ha già predisposto per noi” ha spiegato il genetista Edoardo Boncinelli al Corriere della Sera.

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Il nemico nel piatto: cosa sapere dei cibi ultraprocessati

Il termine "cibi ultraprocessati" (UPF) nasce nella metà degli anni '90: noti per essere associati a obesità e malattie metaboliche, negli ultimi anni si sono anche posti al centro di un dibattito sulla loro possibile capacità di causare dipendenza, in modo simile a quanto avviene per le sostanze d'abuso.

Gli anni dal 2016 al 2025 sono stati designati dall'ONU come Decennio della Nutrizione, contro le minacce multiple a sistemi, forniture e sicurezza alimentari e, quindi, alla salute umana e alla biosfera; può rientrare nell'iniziativa cercare di capire quali alimenti contribuiscano alla salute e al benessere e quali siano malsani. Fin dalla preistoria, gli esseri umani hanno elaborato il cibo per renderlo sicuro, gradevole al palato e conservabile a lungo; questa propensione ha toccato il culmine, nel mezzo secolo trascorso, con l'avvento dei cibi ultraprocessati (UPF).