Il 5 novembre 2014, ore 17-19, presso la Biblioteca
“Guglielmo Marconi” di Roma (Arvalia/Portuense), si terrà una conversazione
sulla “Matematica del degrado dei monumenti”, del matematico Roberto Natalini. Sarà presente con un suo intervento anche
il chimico Luigi Campanella. Il lettore è
invitato, l’ingresso è libero e la Biblioteca dotata di una grande sala.
Vado a trovare Natalini presso l’Istituto per le
Applicazioni del Calcolo fondato da Mauro Picone, di cui è attualmente Direttore.
Nell’immediato dopoguerra una commissione internazionale dell’Unesco, volendo finanziare
la costruzione di un centro di calcolo intorno ad un grande computer, che
servisse tutta la comunità scientifica europea, scrutinò diverse possibilità.
Alla fine scelse l’Istituto di Mauro Picone a Roma. Un esempio, tra tanti, per
dirvi cos’è l’IAC. Dovremmo imparare a vedere i luoghi al di là della liscia superficie
dell’ovvietà quotidiana che li avvolge e soffoca, riscoprendo in essi gli
sforzi, le fatiche, i sogni, il genio di chi li ha animati.
Roberto Natalini è espressione di questo ambiente: si occupa di modelli matematici per
applicazioni in chimica, biologia, traffico, fluidodinamica e tante altre cose.
Eppure, senza rinunciare in nulla al
rigore della matematica più alta (lo so bene avendo frequentato un suo corso di
biomatematica), ha innestato nell’Istituto una sua verve
personale direi postmoderna, quasi hippie o post-hippie. Non so
perché ma tutte le volte che ci parlo mi ricorda Renato Nicolini, l’Assessore
dell’effimero, che cominciò col dare il dissacrante permesso di incartare i
monumenti e inventò l’estate romana, un uomo creativo che sprigionava una
vitalità interiore straordinaria.
Nella conversazione che terrà il 5 novembre, Roberto Natalini esporrà
una delle sue linee di ricerca, molto originale, che conduce ormai da 15 anni.
Riguarda lo studio del degrado dei monumenti attraverso le tecniche matematiche
e di calcolo più raffinate oggi disponibili. Un approccio che ha richiesto
l’avvio di una collaborazione fortemente multidisciplinare. Tra i suoi
risultati ce n’è uno che ne fa capire l’importanza plasticamente.
Guardate l’evoluzione di questo bassorilievo a
Venezia. Nell’arco di soli 30 anni è quasi scomparso. La colpa è dell’aria
umida. Va bene - mi direte - ma nei secoli era sempre rimasto esposto all’aria
di mare, siamo a Venezia. Cos’è dunque successo di nuovo dal 1978 in poi? Si è
aggiunto lo smog. Lo smog di Venezia non è poi tanto basso rispetto a quello di
Roma o di Milano, perché ora - come mi ha spiegato Natalini - ci sono le grandi
navi, accanto a vaporetti e gondole. Con l’aggiunta dell’aria di mare ecco un
mix micidiale. In queste condizioni si forma una patina di fosfati che, come risulta
dalle ricerche del team di Natalini, cresce con la radice quadrata del tempo (se
il primo anno è 1 dopo un secolo è 10).
Dal punto di vista chimico, dicendola in maniera semplice, il marmo
sottoposto a smog e umidità si trasforma in gesso e si sgretola. Di questo
passo, rischiamo di vedere Venezia, questa città che è un gioiello unico al
mondo, questo incantesimo che sembra riprodursi ogni giorno di nuovo, ridotta
ad un mucchietto di polvere. Se sono riuscito a spaventarvi sono contento: perché
occorre che la società civile italiana si svegli e comprenda quali
responsabilità ha nei confronti delle generazioni future, anche rispetto ai
beni culturali che ci sono affidati. E tutto l’Occidente nel suo insieme, di
qua e di là dell’Atlantico, ed includerei anche il mondo arabo-islamico,
dovrebbe essere più attivo nei confronti del suo patrimonio culturale, di
quello italiano, greco, medio-orientale, che è l’humus culturale su cui la sua
civiltà è fiorita e attinge ancora la propria linfa vitale.
Natalini, insieme a Luigi Campanella, non verranno a parlare ad un pubblico di soli esperti, ma ad uno spaccato della società civile italiana, formato da disoccupati bilaureati o con la terza media, da casalinghe, pensionati, lavoratori, ed anche professori, che però magari sanno tutto nel loro campo ma poco di chimica, matematica e beni culturali. È quella società civile che le Biblioteche di Roma, il sistema bibliotecario metropolitano della capitale, raggiungono nelle pieghe più riposte della città, nelle estreme periferie, nei quartieri dormitorio. A Roma esse formano una rete di 38 biblioteche, che a sua volta costituisce un hub ufficiale o informale di altri circuiti: biblioteche scolastiche, carcerarie, specialistiche, e istituzioni non bibliotecarie.
L’evento del 5 novembre è l’ultimo di una serie di quattro su “La
scienza al servizio della bellezza”. Il ciclo nasce dall’esigenza di mostrare
come la bellezza non sia un bene acquisito per sempre. Non è un bene in sé, essa
si sviluppa in un contesto sociale e culturale, necessita dell’attività umana,
del lavoro umano, guidato dalla conoscenza, dunque dalla ricerca scientifica e
dall’innovazione tecnologica.
Nei precedenti tre incontri, in parte alla Biblioteca Rispoli, in parte
alla Marconi, il discorso si è andato arricchendo di suggestioni. Il 13
ottobre con Amadeu Bajona, un chimico cosmetico di Barcellona, già presidente della
Sociedad Española de Químicos Cosméticos su Luce, Colori e Coloranti nella
Scienza della Bellezza. Immaginate un bel volto di donna o d’uomo, al buio.
Cosa vedete? nulla! Il bel volto risplende solo alla luce, è il frutto di come
esso è in grado di assorbire, riflettere, rifrangere, diffrangere le onde
elettromagnetiche che costituiscono la luce. Così la cosmetica attraverso
coloranti e pigmenti mira, sin dai tempi preistorici, a modulare nella maniera
voluta la luce che quel volto illuminato rimanda a noi.
Tutto ciò è strettamente mescolato con la storia e la geografia, come
ha spiegato anche David Ajò il 27 ottobre, nella conferenza su Chimico e
gemmologo, scettico, il cui titolo rimandava all’opera The sceptical chymist di
Robert Boyle. Una gemma o un colorante considerati belli da una cultura possono
non esserlo affatto in un’altra. Un’altra parola chiave è interdisciplinarità,
di un tipo a larghissimo spettro, che abbraccia scienze hard, soft e humanitas.
Come diceva un po’
celiando, un po’ no, uno studioso intervenuto al convegno del 30 ottobre 2014
su L’enigma della Sindone, organizzato da Luigi Campanella alla “Sapienza”:
finanziare gli studi sulla Sacra Sindone potrebbe diventare il nuovo
investimento di Montezemolo a Torino dopo il suo divorzio con la FIAT. Siamo
partiti da “La Scienza al servizio della Bellezza” ed abbiamo scoperto che
anche “La Bellezza è al servizio della Scienza”.