Il 10 ottobre 2014 è iniziato il Processo di appello ai sette esperti che il 31 marzo 2009, pochi giorni prima del terremoto dell’Aquila, parteciparono a vario titolo alla riunione della cosiddetta Commissione Grandi Rischi. Il processo si è concluso il 10 novembre. Sei assoluzioni
e una condanna, con rideterminazione della pena al ribasso: questa la sentenza
emessa dalla Corte d'Appello dell'Aquila nei confronti dei
membri della Commissione Grandi Rischi che parteciparono alla riunione cinque
giorni prima del sisma del 6 aprile 2009.
I resoconti che ho redatto sono il frutto del Gruppo di Lavoro sul Processo dell'Aquila dell'INGV (di cui sono membro). Si tratta necessariamente di una cronaca non esaustiva, sia per la lunghezza (decine di ore) che per la complessità della materia trattata. Anche il linguaggio potrebbe non rispecchiare fedelmente quello giuridico usato in aula. Si è cercato di riassumere oggettivamente quanto ascoltato durante le udienze ma in qualche passaggio vengono offerti dei commenti che sono condivisi dal Gruppo di Lavoro INGV che ha seguito il processo.
Breve sintesi dell’udienza del 10
novembre 2014 – processo d’appello presso la Corte D’Appello di L’Aquila
Dopo
l’appello di rito della presidente del collegio giudicante, Giulio Selvaggi ha letto
una breve dichiarazione spontanea (le sue parole sono riportate qui). Ha ricordato l’inizio della sua
carriera, oltre 25 anni fa, quando da studente partecipò a una campagna di
registrazione sismica in Umbria, poi lo studio di tutte le sequenze italiane
degli ultimi 30 anni. Queste ricerche hanno contribuito a conoscere meglio le
sequenze e la genesi dei terremoti ma, nonostante la comprensione di molti
aspetti fondamentali del fenomeno, la comunità sismologica non è oggi ancora in
grado di fare previsioni a breve termine. È per questo che l’impegno dei
ricercatori, i cui studi hanno un forte impatto sulla società, è rivolto
alla valutazione sempre più precisa della pericolosità.
In Italia, l’ultima
versione della carta di pericolosità, che rappresenta la sintesi di tutte le
conoscenze utili alla prevenzione, è norma dello Stato dal 2006 (ordinanza
3519/2006, pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’11/5/2006). Ne descrive le
caratteristiche in modo semplice ed efficace: durante la riunione del 31 marzo
2009 è stato detto che L’Aquila era nella zona a più elevata pericolosità ed è
stato spiegato perché. Quanto detto in quella riunione era corretto, e oggi Selvaggi
ridirebbe le stesse cose. L’intervento si è concluso con il ricordo delle
vittime del terremoto.
A seguire l’avv.
Dinacci, difensore di De Bernardinis e Dolce, ha fatto la sua replica. Il
difensore ha messo in evidenza il punto a suo avviso nodale del processo di
primo grado: il nesso causale tra le parole degli esperti e l’evento morte. Non
c’è una prova certa – ha sostenuto - del nesso causale, sia perché è
impossibile prevedere un rischio che si basa su un fenomeno imprevedibile, sia
perché non è possibile ricostruire tutte le cause che possono aver determinato
il comportamento delle vittime. Come hanno dimostrato i consulenti sociologi e
psicologi, a fronte dello stesso messaggio ci sono stati comportamenti diversi:
tenendo conto di quante sono state le vittime e i tranquillizzati, quelli che
non sono in questo processo, che sono la maggioranza, non si sono sentiti
tranquillizzati.
È ritornato
poi sul punto della mancanza di una legge di copertura scientifica per dimostrare
il nesso causale. Ha ricordato che non ci sono altri processi in cui si è condannato
per la mancata previsione del rischio, e che la sentenza di primo grado ha
usato ragionamenti circolari, la cosa peggiore che si possa fare nel diritto. Era
però l’unico modo per arrivare alla condanna.
La notte del terremoto non sono
cambiate le abitudini: non si può parlare di modifica dei comportamenti se il
30 marzo (prima della riunione) le persone sono uscite e poi sono ugualmente tornate
a casa; e l’attività sismica è proseguita per tutta la notte. Ha quindi ricordato
testimonianze (non menzionate nelle motivazioni della sentenza di primo grado) e
comportamenti del sindaco Cialente e del dirigente della regione Abruzzo Leone,
che hanno detto di non essersi sentiti tranquillizzati, e quanto detto dalla
stampa: De Bernardinis disse al giornalista Colacito che non avrebbe potuto fare
il miracolo di tranquillizzare, mentre la stampa riportava che la popolazione
era in preda al panico per gli allarmi.
L’arringa si è chiusa con la richiesta di assoluzione per De
Bernardinis e Dolce.
Per ultimo
ha replicato l’avv. Coppi, difensore di Giulio Selvaggi. Ha basato la sua
arringa replicando al Procuratore Generale che non ha fatto chiarezza sui punti
sollevati da lui e dagli altri difensori. Come primo punto ha ribadito che non
c’è stata una deliberazione unitaria nella riunione e che quindi la
responsabilità dei singoli è quella del comportamento individuale, ovvero ognuno
risponde per quello che ha fatto o detto in quella riunione di esperti. Il Procuratore
Generale in sede di replica aveva ripetuto che tutti gli imputati non avevano
valutato bene il rischio sismico, e in conseguenza di questo atteggiamento alcune
persone avrebbero avuto un comportamento più “rilassato”. Rimanendo nei termini
della responsabilità individuale, in quali termini si è pronunciato Selvaggi?
Perché si trovava all’Aquila? Le sue affermazioni avevano contenuto
rassicurante? Si può dire che ha contribuito a diffondere un messaggio
rassicurante? A queste domande, da lui poste nell’arringa di due settimane fa,
il PG non ha risposto nella sua replica. Il concetto di colpa implica che
Selvaggi avrebbe dovuto avere la possibilità di rendersi conto che le sue
parole avrebbero assunto un significato fuorviante o che si sarebbero fuse con
quelle degli altri in un messaggio rassicurante.
L’avv. Coppi si è quindi soffermato su cinque punti:
1-
L’accusa
di sottovalutazione del rischio è ridicola per i sismologi, e per Selvaggi in
particolare. Il terremoto potrebbe avvenire anche in questo momento, questo
hanno detto i sismologi dopo aver ricordato che chiunque millanti una capacità
predittiva non è affidabile. Selvaggi durante la riunione dice che non si
possono prevedere i terremoti, e mostra la mappa di pericolosità sismica, che
rappresenta la sintesi delle conoscenze sui terremoti che la scienza può
fornire alla società. Se non si crede alla veridicità dei verbali della
riunione, ci si può basare sulla requisitoria del Procuratore Generale Picuti
(primo grado) che riferiva una dichiarazione di Selvaggi due settimane prima
della riunione: “uno sciame non aumenta e non diminuisce la probabilità di un
terremoto, quello di cui dobbiamo preoccuparci è se le nostre case sono sicure”.
2- Nella riunione
del 31 marzo a Selvaggi era stato affidato un compito conoscitivo: descrivere
il fenomeno (sismicità in atto, carta di pericolosità) senza fare valutazioni.
Quello ha fatto, e lo ha fatto bene, senza dimenticare di rimarcare l’alta pericolosità
dell’area e la necessità della messa in sicurezza degli edifici.
3- Selvaggi
non ha sentito parlare di scarico di energia, e se lo avesse fatto sarebbe
saltato sulla sedia e sarebbe intervenuto per confutare questa falsa notizia.
4- La
riunione era politica, ovvero nell’interesse della cittadinanza dell’Aquila,
terrorizzata da voci allarmistiche sulla previsione di imminenti terremoti. Non
si potevano certo convocare gli scienziati all’Aquila per dire che non si
possono prevedere i terremoti. Che cosa si poteva dire di diverso, dati i
motivi per cui era presente alla riunione?
5- Selvaggi,
come Boschi e Eva, non partecipò alla conferenza stampa: come poteva quindi
ritenere che le sue parole fossero fuorvianti? Il PG afferma che nessuno ha
replicato alla Stati “che dice di andare a tranquillizzare”. Ma la Stati aveva
domandato se “dobbiamo dare retta a chi va in giro a creare allarmismi?” A
questa domanda gli esperti risposero di no, e a questa risposta si riferiva la
Stati. Barberi durante la riunione sostiene che non esiste alcuno strumento in
grado oggi di prevedere i terremoti. Dice “la sequenza non preannuncia niente,
ma focalizza l’attenzione sul fatto che siamo in una zona dove prima o poi un
grosso terremoto ci sarà”. La signora Stati poi interpreta come crede, ma il
messaggio non è stato rassicurante, e non ne ha responsabilità Selvaggi e
nemmeno gli altri scienziati.
Il difensore di Selvaggi ha chiuso l’arringa ringraziando per il
clima del processo che si è svolto in modo molto civile, e dichiarando la
solidarietà con i parenti delle vittime. Ha però affermato che, seppur compiangendo
i morti, la responsabilità non è degli imputati e tanto meno di Selvaggi, di
cui viene chiesta l’assoluzione perché il fatto non sussiste o per non averlo
commesso.
La sentenza
Intorno alle
17:30 la giuria è rientrata in aula, in un clima cambiato rispetto alla
mattina, per l’imminenza della sentenza e per la presenza di molte persone riunitesi
dentro e fuori l’aula. Già dalle 16 l’aula era piena di telecamere.
La
presidente del collegio giudicante ha quindi letto la sentenza: la corte
d’appello assolve Boschi, Barberi, Calvi, Dolce, Eva e Selvaggi perché il fatto
non sussiste. Cade così il castello del giudizio di primo grado che si basava,
tra le altre cose, sulla cooperazione colposa degli imputati.
La corte ha poi assolto
De Bernardinis, per insufficienza di prove, per la morte di 16 delle 29 vittime
i cui familiari si erano costituiti parte civile e per i 4 feriti che hanno
riportato delle lesioni. Ma lo ha condannato per la "residua parte
dell'imputazione", vale a dire la morte di altre 13 persone: sulla base di
questa valutazione, i giudici hanno rideterminato la condanna da 6 a 2 anni,
con la sospensione della pena, la non menzione della condanna stessa e il
risarcimento delle spese legali.
I legali di
parte civile ricorreranno probabilmente in Cassazione. La sentenza è stata
accolta dalle proteste di una parte del pubblico. Indipendentemente dall’esito
di ieri, ci vorrà molto tempo per rimarginare questa ferita.